mercoledì 2 settembre 2015

VENEZIA72.



Presentato senza successo, prima di vincere poi ogni Oscar, qualche anno fa, Gravity, Alfonso Cuarón torna al Lido per la Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia 2015 a presiedere una giuria di molti registi (Hou Hsiao-hsien, Lynne Ramsay e il nostro Francesco Munzi fresco di tutti i premi ricevuti da Anime Nere), le attrici Diane Kruger ed Elizabeth Banks e lo scrittore Emmanuel Carrère: una Mostra che si prospetta eclettica in tutte le sue parti: il Concorso Ufficiale vanta i soliti molteplici italiani, il nostalgic rock di Luga Guadagnino per A Bigger Splash, remake de La Piscina di Deray (nel cast: Matthias Schoenaerts, Tilda Swinton, Dakota Johnson e Ralph Fiennes), L'attesa di Piero Messina, esordiente alle prese con Juliette Binoche, Giuseppe Gaudino con Per Amor Vostro – dopo diciotto anni dall'ultimo lungometraggio di finzione e un ritrovato Marco Bellocchio, di nuovo alle prese con la sua città natale, Bobbio, a cavallo tra il passato e il presente di Sangue Del Mio Sangue. Poi ancora: un film targato Netflix (Beasts Of No Nation) e un lungometraggio animato in stop-motion finanziato via Kickstarter (Anomalisa, del geniaccio Charlie Kaufman con Duke Johnson), e i nomi di rilievo – Amos Gitai, il Leone d'Oro 2011 Aleksandr Sokurov, che dopo l'Ermitage di Pietroburgo va ad esplorare il Louvre durante l'occupazione nazista, fino al Premio Oscar Tom Hooper che racconta, col Premio Oscar Eddie Redmayne, la prima trans della storia, del 1930, Lili Elbe (The Danish Girl). Leone d'Oro alla Carriera per Bertrand Tavernier: il maestro francese, classe 1941, ha scelto le quattro pellicole di Venezia Classici: a queste si aggiungeranno i capolavori restaurati (che gareggiano per il premio tecnico) formando una rosa che spazia da Kurosawa (Barbarossa, 1965) a Chabrol (Le Beau Serge, 1958), Ejzenstein (Aleksandr Nevskij, 1938) e Pasolini (Salò O Le 120 Giornate Di Sodoma, 1975). Ci sarà anche l'immancabile Fellini, presentato da Giuseppe Tornatore, con Amarcord (1973). Fuori concorso i film-evento più attesi: dal kolossal Everest, film di apertura in 3D di Baltasar Kormákur che racconta le spedizioni del 1996, a Black Mass – L'ultimo Gangster di Scott Cooper, con il solito irriconoscibile Johnny Depp, questa settimana sulle copertine di tutti i giornali, stempiato, ingrassato per interpretare James Bulger nella Boston degli anni '70; altri tre italiani: Franco Maresco con Gli Uomini Di Questa Città Io Non Li Conosco, documentario su Franco Scaldati (che va ad affiancarsi ai documentari su De Palma di Baumbach & Paltrow e quello su Jackson Heights di Wiseman), I Ricordi Del Fiume di Gianluca e Massimiliano De Serio e Non Essere Cattivo di Claudio Caligari, sulla mafia ostense degli anni '90. La sezione Orizzonti, invece, è presieduta nientemeno che da Jonathan Demme, con le attrici Anita Caprioli e Paz Vega, i registri Fruit Chan e Alix Delaporte: la carrellata più innovativa della kermesse conta di nuovo Renato De Maria, già lo scorso anno con La Vita Oscena che non vide particolare fortuna distributiva (Italian Gangster, sulla celebre banda Cavallero degli anni '50), e il discusso Shia LaBeouf, con Kate Mara in Man Down, nei panni di un marine nel futuro alla ricerca della moglie. Dopo le due Coppe Volpi dello scorso anno per Hungry Hearts, Saverio Costanzo decreterà il miglior esordio per il Premio De Laurentiis. Dopo le due esperienze a Cannes spunta a Venezia anche Alice Rohrwacher con un cortometraggio, De Djess, in cui dirige sua sorella Alba che gioca a fare la vamp. Di seguito e dopo l'interruzione, tutti i film e i giurati del cartellone ufficiale.

concorso
11 Minuit (11 Minutes) di Jerzy Skolimowski (Polonia & Irlanda)
A Bigger Splash di Luca Guadagnino (Italia & Francia)
Abluka (Frenzy) di Emin Alper (Turchia, Francia e Qatar)
Anomalisa di Charlie Kaufman & Duke Johnson (USA) [animazione]
Beasts Of No Nation di Cary Fukunaga (USA & Ghana)
Behemoth di Zhao Liang (Cina & Francia) [documentario]
Desde Allá di Lorenzo Vigas (Venezuela & Messico)
El Clan di Pablo Trapero (Argentina & Spagna)
Equals di Drake Doremus (USA)
Francofonia di Aleksandr Sokurov (Francia, Germania e Paesi Bassi)
Heart Of A Dog di Laurie Anderson (USA)
L'attesa (The Wait) di Piero Messina (Italia & Francia)
L'hermine di Christian Vincent (France)
Looking For Grace di Sue Brooks (Australia)
Marguerite di Xavier Giannoli (Francia, Republica Ceca e Belgio)
Per Amor Vostro di Giuseppe M. Guadino (Italia & Francia)
Rabin, The Last Day di Amos Gitai (Israele & Francia)
Remember di Atom Egoyan (Canada & Germania)
Sangue Del Mio Sangue (Blood Of My Blood) di Marco Bellocchio (Italia, Francia e Svizzera)
The Danish Girl di Tom Hooper (UK & USA)
The Endless River di Oliver Hermanus (Sud Africa & Francia)

martedì 1 settembre 2015

la terza menzogna.



Il Grande Quaderno
A Nagy Füzet, 2013, Ungheria/ Germania/
Austria/ Francia, 112 minuti
Regia: János Szász
Sceneggiatura non originale: Tom Abrams,
András Szekér e János Szász
Basata sul romanzo Trilogia Della Città Di K.
di Ágota Kristóf (Einaudi)
Cast: László Gyémánt, András Gyémánt, Piroska Molnár,
Ulrich Thomsen, Ulrich Matthes, Gyöngyvér Bognár,
Diána Kiss, Orsolya Tóth, Orsolya Tóth
Voto: 7/ 10
_______________

Ungheria, Seconda Guerra Mondiale. L'occupazione tedesca è agli sgoccioli e la resistenza aspra e imponderabile. Un uomo senza nome, ufficiale richiamato al fronte, decide insieme alla moglie di lasciare la città e affidare i figli, una coppia di gemelli omozigoti tanto identici quanto uniti, alla madre di lei, che abita in un paese, all'ultima casa della via sterrata tra i campi. Questa non ha notizie della figlia da anni, non ne conosce il marito, non sapeva neanche di avere due nipoti. Se li vede piombare in casa, all'improvviso: reagisce alla cosa con i suoi modi burberi, sprezzanti, volgari. La chiama cagna, la caccia da casa, caccia i ragazzi, che passano le prime notti sulla panca in giardino, al gelo. Di giorno la guardano lavorare, lei li insulta: solo dopo, sfiancati dalla noia, si metteranno a tagliare la legna guadagnandosi l'accesso alla stamberga, al pasto – di cui non possono avere seconde razioni. La parente li chiama figli di cagna, li picchia, loro la spiano mentre sotterra i tesori del marito morto, si fanno picchiare: per affrontare questo mondo crudo, inasprito dal conflitto, capiscono di dover imparare a sopportare ogni tipo di dolore: chiedono la violenza, i pugni, ma assolutamente non devono essere separati. Prima di lasciarli andare, il padre regala loro un quaderno bianco, il grande quaderno del titolo, con la preghiera di scrivere tutto, annotare ogni cosa, incollare foto, rifare disegni, la cronaca degli eventi, il diario del conflitto. Così, attraverso di esso – cui sono dedicate grandi inquadrature che spezzano con la narrazione degli eventi – scopriamo l'amicizia che nasce con la vicina, Labbro Leporino, prima causa della loro accusa di furto e poi oggetto di percussioni, infine ammazzata dai soldati che avrebbero dovuto portare la felicità; sua madre, muta e cieca, e la casa che va a fuoco; aguzzini in talare, donnine faccia d’angelo dall’incoffessabile libido, l’omosessualità malcelata di un ufficiale tedesco – fedelissimo al libro da cui parte, János Szász puntella il percorso di formazione (inversa) dei due protagonisti (doppiati dallo stesso attore) di cose e persone sui generis come le tappe iniziatiche dentro a una fiaba. Il libro da cui parte ha un peso notevole: pubblicato nel 1987, Il Grande Quaderno, scritto in francese dall'ungherese Ágota Kristóf, corsa via dall'Armata Russa verso la Svizzera nel '56, sarebbe andato a completare con La Prova e poi La Terza Menzogna la celeberrima, best-seller, Trilogia Della Città Di K., resoconto in prima persona delle conseguenze di una guerra che non vediamo e di cui non sappiamo il nome tra la popolazione più becera di un paese non identificato: corpulento, sudicio, grave, è un romanzo che atterrisce per la sua schiettezza e che è stato trasposto sul grande schermo con una minuzia lodevole: minuzia che, però, toglie (oltre allo stupro subìto dai due protagonisti, che però ne prendono abbastanza) mordente al plot, all'intreccio narrativo, che si dipana arrivando al gelido finale senza farsi particolarmente inseguire – e senza risparmiare né edulcorare le immagini da cui parte. Soprattutto quando abbandoniamo una pazzesca Piroska Molnár nei panni fetidi della nonna, che dà una straordinaria prova d'attrice. Uscito in patria (l'Ungheria) nel 2013, annunciato da noi l'anno scorso, promesso a gennaio e poi continuamente rimandato fino a questo 27 agosto, viene da domandarsi se sarà effettivamente il primo di tre film.