mercoledì 25 luglio 2012

rumore per nulla.





L'estate Di Giacomo
id., 2011, Italia, 75 minuti
Regia: Alessandro Comodin
Sceneggiatura originale: Alessandro Comodin
Cast: Giacomo Zulian, Stefania Comodin, Barbara Colombo
Voto: 6.5/ 10
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Rumore dell'aria nel bosco, e titoli di testa blu su fondo nero. Compaiono tutti: i ringraziamenti per primi, poi i fonici, gli sponsor, compare persino l'autore della locandina qui a lato (magnifica), i suoni sotto continuano e i titoli non finiscono mai. Fino a quando finiscono, e c'è Giacomo di spalle che suona la batteria, a caso. Il titolo. Ed ecco, finalmente, il film. Ma i crediti iniziali quasi estenuanti ci volevano ben dire una cosa: tutte le scene saranno così. Pianisequenze lunghissimi interminabili estenuanti su una storia priva di trama. Ma a differenza di un altro recentissimo film, The We And The I, che pure si rivelava senza trama e che si appoggiava tutto su fittissimi e scanzonati dialoghi adolescenziali, questo di dialoghi ce n'avrà tre in croce, perché il resto delle battute sono frasi che Giacomo dice così, le lancia nel vuoto spesso facendoci sorridere (la sala si sganasciava dal ridere, non so perché). Il suo nome è nel titolo perché lui è essenziale: mostrato di spalle per almeno un quarto d'ora dall'inizio, quando parla ci accorgiamo subito che c'è qualcosa che non va. Lo capiamo anche dal modo di dosare la voce e da quello di gesticolare. Verso la fine ci viene rivelato: è quasi sordo. E se leggiamo il volantino che ci viene dato fuori dal cinema, scopriamo che in realtà sordo lo era e adesso ha subìto un intervento per cui ci sente di nuovo. E questa è la prima estate di Giacomo con dei suoni. E, forse, è anche la prima dell'amore, perché se per un'ora di lungometraggio viene accompagnato da una Stefania (Stefania Comodin, clone di Elizabeth Olsen), gli ultimi dieci minuti li passa con un'altra (Barbara Colombo), con cui ha una cosa in comune di più.
L'aspetto da lode del film è la posizione della telecamera. Mentre è a spalla quando i personaggi camminano e ballano, e con una fotografia non impeccabile ci pare di essere su National Geographic, si pietrifica durante i discorsi e inquadra sempre solo uno dei due, anche quando l'altro compie gesti che ci sarebbe utile vedere. Alessandro Comodin, il regista e sceneggiatore, trentenne quest'anno, laureato in Lettere e poi scappato a fare cinema a Parigi e Bruxelles, dopo il primo documentario presentato a Cannes nel 2009 ora porta in sala un film che certo del documentario ha tantissimo, forse troppo: sembra sia la descrizione minuziosa del carattere e del comportamento di questo Giacomo Zulian che a suo agio davanti alla telecamera saltella, strilla, ci mostra i suoi gesti femminili, la sua infantilità.
Premio Cineasti del Presente al Festival di Locarno, apprezzato da molta critica, mi ha lasciato un po' dubbioso. Ma anche se mi fosse piaciuto e ve l'avessi consigliato, non avreste potuto vederlo in molti: è in sole cinque sale d'Italia.

lunedì 16 luglio 2012

Agata Alberta Annunziata.





Noi Donne Siamo Fatte Così
id., 1971, Italia, 100 minuti
Regia: Dino Risi
Sceneggiatura originale: Dino Risi, Ettore Scola, Rodolfo Sonego, Luciano Vincenzoni
Cast: Monica Vitti, Carlo Giuffrè, Enrico Maria Salerno, Ettore Manni,
Jean Rougeul, Michele Cimarosa, Luigi Zerbinati
Voto: 7/10
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Lo ammetto: sono un po' di parte. Quando c'è da scegliere un film del passato da consigliare, tendo sempre a preferire qualcosa con Monica Vitti. Perché mentre Sophia Loren si godeva il successo internazionale datole dal marito e Anna Magnani quello nazionale datole dal divismo, Monica Vitti se ne stava in disparte a fare film bellissimi, intelligentissimi, azzeccatissimi, passando da personaggi complicati e complessati come la Claudia de L'avventura (per cui fu candidata al BAFTA) a donne tremende e divertentissime come l'Assunta Patanè de La Ragazza Con La Pistola (per cui vinse il David e il Nastro d'Argento).
In questo sconosciuto Noi Donne Siamo Fatte Così interpreta la bellezza di dodici personaggi femminili diversi, con accenti diversi, problemi diversi, diverse storie. Tocca tutti i generi: dall'episodio muto sulla monotona vita di una suonatrice di piatti, che fa sorridere, all'episodio in dialetto barese sulla hostess Agata che ha appena conversato con i passeggeri di un volo in quattro lingue, che fa sbellicare, al più intimo, intenso e geniale episodio, il migliore a livello cinematografico, quello della siciliana Alberta che discute della libertà sessuale e dell'apertura della coppia col marito e con gli ospiti in casa. Si sente, negli altri, l'eco di ciò che era successo e che stava succedendo in Italia, quasi un tributo: la napoletana Annunziata che sforna figli come fossero pagnotte ci ricorda un la prima delle tre parti di Ieri, Oggi, Domani di De Sica; la barbona suonatrice di violino Teresa schiava d'amore per il compagno e compare ha gli stessi toni e costumi de La Strada di Fellini. Ci sono, poi degli scherzi cinematografici come quelli della superstite in Vietnam e della suora suonatrice di chitarra e ci sono delle vere e proprie denunce sociali - il maschilismo nelle fabbriche di panettoni in Veneto e la violenza sessuale denunciata per telefono alla radio. Quest'ultimo, che è anche l'ultimo episodio della pellicola, lascia altamente perplessi, ed è bizzarro che sia stato scelto per chiudere un film volutamente spiritoso.
Ad accompagnare il regista Dino Risi nella sceneggiatura di alcuni segmenti c'è Ettore Scola, amicone dell'autore, che allevia il tono “sexy” - diremmo oggi - del mattacchione Risi. La sua mano si vede soprattutto nella resa delle donne disperate per amore, come la romagnola Zoe che passa tutto il tempo a parlare dell'ex moroso.
Il film, introvabile nei negozi neanche a pregare in turco, è visibile per intero su YouTube, nuovo strumento di streaming che ho scoperto da pochissimo e che apre una nuova tag. Si fa guardare spensieratamente e sempre volentieri, per dimostrarci come il tempo passi mentre i problemi restino sempre gli stessi: l'amore, i soldi, il lavoro precario, la salute. E le stesse restano anche le fantasie sessuali dei vecchi ricchi.

Noi Donne Siamo Fatte Così su YouTube.

Comic-Con 2012.





Prendete il Lucca Comics & Games e mischiatelo con il Future Film Festival di Bologna; avrete la versione nostrana del San Diego International Comic-Con, la convention multigenere più grande degli Stati Uniti che si tiene ogni estate a San Diego (con delle succursali a San Francisco). Nato nel 1970, inizialmente l'evento prevedeva anteprime, mostre, dibattiti e curiosità sul mondo dei fumetti, dei giochi di ruolo, delle arti in genere e soprattutto della science-fiction; adesso i generi si sono ampliati per far spazio a una grassa fetta di cinema, quella del fantasy soprattutto (dai supereroi alle fiabe ai vampiri), la fetta cioè più attesa dal vasto pubblico. E dura solo quattro giorni ma in soli quattro giorni, quante cose si possono fare!
Partiamo da ciò che ci interessa di più: la presentazione del trailer di Oz: The Great And Powerful, ennesimo vomito digitale della Disney dall'ennesimo produttore di Alice In Wonderland che a livello visivo promette molto bene - e anche dal cast (c'è il tenero James Franco, la tenera Michelle Williams, la tenera Mila Kunis, il tenero Zach Braff e il premio Oscar Rachel Weisz), per la regia di Sam Raimi (quello-di-Spider-Man). Il film uscirà solo nel 2013, da noi col titolo Il Grande E Potente Oz; qui potete vedere il fresco trailer e qui la prima locandina ufficiale.
Attenzione però a non confondere questo film con un altro sullo stesso tema, Dorothy Of Oz, in uscita sempre nel 2013, per rimarcare l'errore fatto con la doppia Biancaneve quest'anno.
Altra importante presentazione cinematografica è stata quella di Frankenweenie, secondo lungometraggio animato diretto da Tim Burton che si rifà ad un suo vecchio cortometraggio; i soliti toni horror dal cuore comedy fanno da sfondo alla storia di Victor Frankenstein, giovanotto che assiste alla morte del suo amato cane e cerca di portarlo in vita tramite esperimenti amatoriali in laboratorio, ottenendo un “freak”. In uscita il 5 ottobre negli USA, da noi sarà al cinema il 13 gennaio, ma nel frattempo ecco la locandina originale ed ecco il trailer ufficiale in italiano.
Chi ha amato Il Signore Degli Anelli starà sicuramente aspettando con trepidazione Lo Hobbit: se ne parla da anni ormai e tra pochissimo sarà nelle sale il nuovo lavoro di Peter Jackson (con la collaborazione di un esaltato Guillermo Del Toro) di cui sono stati mostrati spezzoni privati dell'innovatività. La pellicola, infatti, oltre ad essere in 3D avrà anche 48 fotogrammi al secondo (invece di 24) portando ad una fluidità di movimento inarrivabile; ma la caratteristica non è stata molto apprezzata dal primo pubblico. Tutto quello che possiamo vedere, noi, è questa lunghissima locandina.
Pioggia di supereroi Marvel, poi: dall'Iron-Man usato per uno dei manifesti (foto in apertura) al nuovo Superman che si chiamerà Man Of Steel (qui la locandina) che avrà la produzione dell'ormai miliardario Christopher Nolan e l'interpretazione di Michael Shannon per il cattivo, fino al ritorno di Kick-Ass a settembre. C'è stata, ovviamente, una fila interminabile di fan per la proiezione dei primi sette minuti di Twilight 4.2, ma non spenderò una parola in più su questa cosa. Ci si chiede, però, se The Host - L'ospite (tratto da un altro libro della Meyer ma con un'attrice vera, Saoirse Ronan, e un regista vero, Andrew Niccol) riscuoterà lo stesso successo della saga (impossibile eguagliare gli incassi).
Tra le serie televisive presentate e confermate per l'anno prossimo: Dexter, True Blood, The Walking Dead, Game Of Thrones.
E intanto cresce l'attesa per Django Unchained di Tarantino.

venerdì 13 luglio 2012

un romanzo giallo va letto d'un fiato.





Testimone D'accusa
Witness For The Prosecution, 1957, USA, 116 minuti
Regia: Billy Wilder
Sceneggiatura non originale: Billy Wilder, Harry Kurnitz, Larry Marcus
Basata sulla pièce Testimone D'accusa di Agatha Christie (Mondadori)
Cast: Charles Laughton, Marlene Dietrich, Tyrone Power,
Elsa Lanchester, John Williams, Henry Daniel, Ian Wolfe
Voto: 9.4/ 10
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venerdì 13 luglio
ore 21:00, su La 7
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Sir Wilfrid è un celebre avvocato penalista detto “la volpe” perché trova sempre il modo per estorcere la verità ad ogni teste senza perdere mai nemmeno una causa; appena uscito da due mesi di coma, cacciato dall'ospedale per cattiva condotta, Wilfrid però si deve dare una calmata, e una devota infermiera cerca di stargli appresso per ricordargli l'ora della pillola, del bagno caldo, del riposino, il divieto al sigaro e al brandy da cui è cronicamente dipendente. I due si trattano male con rispetto, e da qui già si coglie l'eleganza del film e la bravura degli attori (Charles Laughton nei panni dell'avvocato ed Elsa Lanchester in quelli della badante furono i due candidati all'Oscar per questa pellicola) e il divertimento che ne scaturisce, che ci fa sorridere non poco mentre incalza la vera trama: appena rientrato in studio, pronto per qualche causetta insipida di bassa giurisprudenza, Wilfrid si vede piombare un amico disperato e un uomo che sta cercando di difendere, tale Leonard Vole (il bel Tyrone Power), accusato di aver assassinato una ricca e sola vecchietta innamorata per guadagnarne ottantamila sterline d'eredità. Il giovane si dice innocente, si dice munito di alibi perché la moglie l'ha visto rincasare nell'ora in cui la vecchia stava per essere accoltellata, e consapevoli della sua innocenza Wilfrid e amico accettano la causa con tranquillità, fino a quando spunta questo essenziale teste, la moglie, incarnata da un'algida e rigidissima Marlene Dietrich, che con latente accento tedesco rende l'ambiguità della sua posizione che ora si avvicina a testimoniare in favore dell'arrestato ora in sua accusa.
Dopo quaranta minuti di premessa e di flashback ha inizio il processo e noi siamo incollati lì, davanti allo schermo, temendo per la salute dell'avvocato dipendente dalle pastiglie, per l'incolumità di Vole certamente incastrato, per ciò che deciderà la giuria accecata dalla pubblica accusa. E più noi sbarriamo gli occhi più si susseguono i colpi di scena: se ne contano due a processo avviato e ben tre subito prima che compaia la scritta “fine”.
Un capolavoro del cinema classico americano prima di essere un capolavoro di legal-movie, basato su un (come sempre) impeccabile lavoro di Agatha Christie (disponibile qui a € 7,22) per la regia sempre impeccabile di Billy Wilder, maestro davanti al quale ogni cineasta si dovrebbe inchinare (come ha fatto Michel Hazanavicius ritirando l'Oscar per The Artist). La sua regia anche questa volta sa cosa inquadrare e come farlo, e per immagini tagliate e personaggi disposti su più livelli la tensione cresce e cresce senza abbandonarci un momento, alleviata dalle risate e rapita dai dialoghi brillanti. Sei nominations all'Oscar che includevano anche il miglior montaggio, il miglior film, la regia e il sonoro (vinti quasi tutti da Il Ponte Sul Fiume Kwai). Per il ciclo Bianco & Nero, La 7 manda stasera in onda Testimone D'accusa (dopo Il Treno, Rapina A Mano Armata e Orizzonti Di Gloria degli scorsi venerdì; qui i prossimi film) mentre al cinema torna un altro capolavoro di Wilder, certamente più di successo, A Qualcuno Piace Caldo, per i cinquant'anni dalla morte di Marilyn.

mercoledì 11 luglio 2012

Charlize Charlize.



Biancaneve E Il Cacciatore
Snow White & The Huntsman, 2012, USA, 127 minuti
Regia: Rupert Sanders
Sceneggiatura originale: Evan Daugherty, John Lee Hancock, Hossein Amini
Cast: Kristen Stewart, Charlize Theron, Chris Hemsworth,
Sam Calfin, Vincent Regan, Sam Spruell, Ian McShane, Bob Hoskins
Voto: 6/ 10
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Giovani coppiette che invaderete i cinema di tutta Italia questo fine settimana (già al primo giorno di proiezione il film è diventato trend-topic su Twitter), dimenticate le torte messe a raffreddare sui davanzali Disney e il remake tutto costumi e Bollywood precedente a questo; dopo lo scempio con Alice In Wonderland che cercava di mischiare i due romanzi di Carroll a Le Cronache Di Narnia, Joe Roth ci riprova e riscrive la più classica delle fiabe contaminandola con elementi presi a caso da I Tudors o Game Of Thrones, affidando la regia a un esordiente (Rupert Sanders) e la sceneggiatura a un altro esordiente (Evan Daugherty) accompagnato dal candidato all'Oscar Hossein Amini (per Le Ali Dell'amore, ma anche autore di Drive e Le Quattro Piume) e dal fortunato John Lee Hancock (regista e scrittore, tra l'altro, di The Blind Side). La squadra è sorprendentemente vincente, perché il primo terzo è molto molto interessante: la piccola Biancaneve nasce da madre amorevole e padre buon regnante e cresce tutta bellezza e bontà, fino a quando la madre muore e il padre si risposa con una prigioniera trovata nel carro di un esercito fantasma. Questa è in realtà la bellissima stregaccia che porta il nome di una città Romagnola, che ammazza il re e fa rinchiudere nella torre l'ered(iti)e(ra) per seminare terrore e siccità nel villaggio in cui governa. Poi però Biancaneve cresce, compie diciotto anni e diventa di diritto “la più bella del reame”, e lo stesso giorno scappa e si nasconde in una foresta dove si respira LSD e si hanno allucinazioni perpetue. Un cacciatore viene incaricato, anzi obbligato, ad andare a recuperare la fanciulla che non ha idea di chi sia e quanto valga, e tra l'uomo e la ragazzina nasce la complicità e il tenero... Poi il film prende una svolta nonsense tra le scaramucce pidocchiose dei nani e i canti delle fate nella vegetazione di Avatar; inaspettata arriva la scena della mela e del sonno che non dura cent'anni ma cento secondi appena e dopo il discorso del Cacciatore alla fanciulla morta e il discorso della fanciulla viva alla folla arrivano le Crociate con incalzante finale.
Il primo terzo del film funziona perché ci porta ben lontani dalla fiaba originale e, soprattutto, è incentrato su Charlize Theron, bravissima anche se costretta a interpretare il ruolo di Monica Bellucci (inspiegabile la scena del latte) e decisamente più bella di quella tavola di legno di Kristen Stewart la cui espressività si confonde con gli alberi della foresta. Nei panni della tormentata strega tutta immagine e tristezze per gli amori passati che le hanno spezzato il cuore, assetata di vendetta e di immortalità, Charlize ci regala l'unico personaggio psicologicamente riuscito della pellicola, perché di Biancaneve vediamo davvero poche cose (grazie a Dio), tipo l'alta empatia con gli uccelli, e di Chris Hemsworth vediamo le stesse cose che abbiamo visto in Thor (anche qui faccia azzeccata e recitazione da vomito). Dopo il primo terzo il film si rovina perché non c'è attimo in cui non supponiamo che tutto sarà bene quel che finirà bene, che manca ancora un'ora ma mica poi la strega ci aspettiamo che vinca, e intanto va avanti un tripudio di digitale (persino Biancaneve appena nata è finta, o la mela che marcisce, o la tartaruga: tutto è finto).
Per questo “Le Cronache Di Biancaneve: Il Cervo, La Strega E Il Cacciatore” prevedo almeno tre nominations all'Oscar: effetti speciali, costumi e sonoro.

domenica 8 luglio 2012

l'odore delle copie.





Womb
id., 2010, Germania/ Ungheria/ Francia, 111 minuti
Regia: Benedek Fliegauf
Sceneggiatura originale: Benedek Fliegauf
Cast: Eva Green, Matt Smith, Lesley Manville, Peter Wight,
Hannah Murray, Tristan Christopher, Ruby O. Fee
Voto: 7.9/ 10
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Escono questa settimana in Italia due film del 2010; uno dei due, il meno noto, ha produzione franco-tedesca e regista ungherese che noi dovremmo conoscere perché, in concorso quest'anno a Berlino62 (dov'è di casa), ha dovuto assistere alla vittoria dei nostri Taviani e quindi alla sua sconfitta, ma che con Csak A Szél s'è portato a casa un sacco di premi minori. Si chiama Benedek Fliegauf e nella sua modesta carriera di lungometraggi drammatici questo è l'unico film recitato in inglese (inglessissimo, british) e con cast di stelle internazionali: la più brava dei Dreamers di Bertolucci, Eva Green, parla fuori campo accarezzandosi il ventre gonfio (il “womb”, appunto) mentre fuori è inverno e tutto tace; parla a un uomo che non la può sentire ma non importa, lei gli parla, e poi torniamo indietro nella storia nella migliore tradizione cinematografica: la riconosciamo in una bambinetta che vive col nonno in una specie di baita nella neve dispersa nel nulla, tutta silenzi e mare freddo, bagno nella vasca bianca e mano sulla pancia nel sonno; un giorno di pioggia un ragazzetto, l'infante attore Tristan Christopher bellissimo e azzeccatissimo, le si avvicina e le dice «piacere, Thomas». Sempre tra silenzi e immagini poetiche di desolazione, i due bambini vivranno pomeriggi di tenerezza e sere di bei pensieri insieme a ciò che li circonda, tipo una lumaca che non ha mai visto la spiaggia. Lei però deve partire per il Giappone, perché sua madre ha trovato un lavoro, e andrà a vivere al settantaduesimo piano. Lui le promette di esserci, alla partenza del traghetto, e invece non c'è. Passano dodici anni e lei, che adesso è Eva Green, torna in questo posto dimenticato anche dalla gente, il nonno è morto, la casa è vuota, e cerca il Thomas con cui aveva fatto mille progetti, e lo trova in Matt Smith - celebre in UK per essere Doctor Who, figlio di Lesley Manville che spero abbiate visto in Another Year e che pur avendo tre scene in tutto è brava come poche persone. Nonostante gli anni, la laurea presa, il lavoro informatico, Rebecca (la Green) riprende a vivere quel rapporto così come l'ha lasciato, privo anche della tensione erotica che tra bambini non c'è. Poi succede un incidente, e taccio su tutta questa parte perché altrimenti il film che lo vedete a fare, ma nel “secondo tempo” (di certo inferiore al primo per forza di immagini e poesia) viene affrontato un originale tema, che non è quello della clonazione (questo ve lo dico perché ne parlano tutte le recensioni) ma quello del rapporto tra una persona e la copia di chi ha amato in passato, che adesso riveste un altro ruolo.
Da questo pensiero deriva il voto altissimo, certo più alto di quello degli altri critici. E dal rigore tecnico e soprattutto dall'algida trasposizione della solitudine e del dramma di questa donna che tira avanti da sola nel nulla. Siamo in un futuro non ben identificato, in un periodo non ben identificato, e le amicizie infantili dell'inizio, i pomeriggi di cielo grigio al mare e la consapevolezza che prima o poi parleremo di cloni non può non riportarci alla mente il bel Non Lasciarmi, titolo non letterario di Never Let Me Go, pure quello inglesissimo ma diretto da un americano su un libro giapponese.
Tanta tecnica e tante belle scene per un film che ha di buono pure i titoli di testa e di coda; grazie a Dio non arriva in Italia con questa locandina.

venerdì 6 luglio 2012

se viene l'uragano.





Take Shelter
id., 2011, USA, 120 minuti
Regia: Jeff Nichols
Sceneggiatura originale: Jeff Nichols
Cast: Michael Shannon, Jessica Chastain, Tova Stewart,
Shea Whigham, Katy Mixon, Natasha Randall, Scott Knisley
Voto: 7.8/ 10
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Premio FIPRESCI e della Critica a Cannes 2011 (oltre a una pioggia di candidature e riconoscimenti in festival di tutto il mondo per i due attori protagonisti e per l'autore) prima che, quest'anno, tornando in terra francese, Jeff Nichols facesse lo scivolone con la sua fiaba MudTake Shelter è il film più ignorato dell'anno scorso dalle grandi cerimonie di premiazione che per giustizia avrebbero dovuto rendere partecipe Michael Shannon mai visto così brillante e partecipe del suo ruolo, neanche in Revolutionary Road per il quale fu nominato all'Oscar; interpreta un Curtis tutto lavoro e famiglia, lavoro in cantiere con elmetto e occhialini e scavatrici per fare non si sa bene cosa e famiglia con moglie Jessica Chastain (il personaggio di questi mesi, sei film usciti nel 2011 e sei in uscita nel 2012 dopo averne girati quasi dieci senza che mai arrivassero al cinema) e figlia sordomuta con la quale entrambi stanno realisticamente imparando a comunicare - mica i sordomuti hanno già l'alfabeto in tasca. Succede che un paio di notti Curtis sogna cose strane, il cane che gli sbrana un braccio e il cielo che inizia a piovere giallo, e poi succede ancora, e poi i sogni «diventano sensazioni», poi disagi fisici, si vede costretto ad abbandonare i colleghi per vomitare e per tornare a casa dove ha un rifugio anti-uragano nel quale depositerà tutto il raziocinio. Far diventare quel posto un luogo abitabile a lungo termine diventerà la sua ossessione, al punto da perdere il lavoro e mezza famiglia, e lavora lavora lavora i vicini iniziano a sussurrare alla follia. La Chastain non sa cosa fare né pensare, e confida in un bravo psichiatra. Ma in uno dei suoi momenti di follia, Curtis ce lo rivela: sta arrivando una tempesta, e nessuno tranne lui sarà preparato.
Musica montaggio e telecamera giocano la sporca carta della tensione per cui noi stiamo là a guardare e guardare sapendo che qualcosa sta per accadere, qualche catastrofe prima della fine avverrà, e gran parte delle scene, dopo i primi sogni, ci chiediamo: ma sono vere oppure immaginate?
Per alcuni versi ci sembra di essere nel prequel di The Road, per altri nell'intro di Melancholia, solo che qui tutto è semplice e veritiero, la fotografia non fa bizzeffe e gli effetti speciali sono essenziali, quasi impercettibili. Un film che, come ormai non succede più, sta in piedi per una buona sceneggiatura e soprattutto per due buone interpretazioni, certo una migliore dell'altra per esigenze di copione, ma meritevole di essere visto, fino in fondo, fino alla catastrofe che ci illude di essere arrivata e che, in realtà, non è ancora quella vera.

giovedì 5 luglio 2012

il professore triste.





Detachment - Il Distacco
Detachment, 2011, USA, 97 minuti
Regia: Tony Kaye
Sceneggiatura originale: Carl Lund
Cast: Adrien Brody, Marcia Gay Harden, Christina Hendricks,
Sami Gayle, Betty Kaye, Lucy Liu, James Caan, Louis Zorich
Voto: 7.5/ 10
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Diretto da colui che ci donò American History X e soprattutto Lake Of Fire, prodotto da colui che ci donò The Hurt Locker, scritto da un esordiente, esce ora nei nostri cinema un film che l'anno scorso ha fatto il giro di un po' di festival (São Paulo, Woodstock, Tokyo, Deauville) e che affronta un tema trito e ritrito nel cinema americano, quello dell'istruzione.
Dal celebre e acclamato L'attimo Fuggente all'ultimo bizzarro School Of Rock passando per Will Hunting, la cinematografia americana ha da sempre cercato di smuovere l'animo dello spettatore raccontando di una classe o di uno studente difficili che, a contatto con un professore figo con le parole giuste sempre pronte, cambiava stile di vita e s'avvicinava alla letteratura e all'educazione. Ebbene, anche questo film potrebbe sembrare parli di questa cosa, ma punta l'attenzione sulla figura del docente, del genitore assente, e non ha sviluppo nella scolaresca.
Adrien Brody che ogni volta si supera si chiama qui Henry Barthes ed è un supplente, figura che lo appaga perché la sua responsabilità «non è quella di insegnare ma di mantenere l'ordine», laureato in lettere, con immagini del passato che ogni tanto fanno irruzione nella sua testa e un nonno in ospedale che va a trovare con costanza. Viene messo in un istituto della periferia dove i genitori hanno sempre ragione e hanno sempre la meglio perché i figli so' piezz'e core e diventano ciechi davanti alle annotazioni dei professori, tant'è che Christina Hendricks (l'unica che sta uscendo a testa alta da Mad Man dopo l'azzeccato Drive) si prende uno sputo in faccia. Henry lascia ai ragazzi la libertà di scrivere composizioni libere e quelli riempiono i fogli con “fuck” e “shit” e “dick” e “suck” e poi li legge in classe scatenando l'ilarità generale. C'è anche ci scrive perle di introspezione, e non fatichiamo a individuare la pecora nera nella silenziosa artista sovrappeso dell'ultimo banco, fotografa triste. Ma della classe sappiamo ben poco, anzi niente; sappiamo più cose, ma non così tante, sugli insegnanti, che vivono ogni giorno la frustrazione di avere davanti delle piante senza ideali né sogni per il futuro, che organizzano colloqui coi genitori e assemblee a cui non partecipa neanche un'anima, che portano avanti una missione che se ce ne fossero ancora, di insegnanti così, il mondo sarebbe un posto migliore. E Henry è il migliore di tutti, che arriva a raccattare una prostituta minorenne dalla strada e se la tiene in casa per medicarle le ferite e controllarle l'HIV.
La tristezza e la desolazione vengono raccontate in un modo non solito, per montaggi a senso e per musiche devastanti. L'effetto del film è quello di creare un clima di tale intensità che noi pubblico stiamo vivendo un dramma che non ci appartiene e di cui ci viene detto pochissimo, ma di cui siamo partecipi grazie a primissimi piani e pellicola sgranata quando intervista gli attori come fosse un documentario. Inusuali e originali anche le incursioni: disegni a gesso sulla lavagna in stop-motion, una citazione di Camus all'inizio che rivela qual è il vero “distacco”, Lucy Liu e Marcia Gay Harden appassionate e credibilissimi stra-lontane dai ruoli che ricoprivano nel tremendo Un Giorno Questo Dolore Ti Sarà Utile.
Un film non facile da vedere, non facile da apprezzare, ma davanti al quale non si resta indifferenti.

mercoledì 4 luglio 2012

Ciak d'Oro 2012 - vincitori.





Assegnati anche i premi del giornale Ciak, chiamati appunto Ciak d'Oro edizione 2012, privi di candidature ma con una cerimonia di premiazione vera e un numero attualmente in edicola (€ 4,50) tutto dedicato che ha addirittura tre risvolti di copertina (cliccate qui per vedere).
Il giornale nato nel 1985 sotto distribuzione Mondadori e diretto da Piera Detassis premia pure lui This Must Be The Place di Sorrentino, ripicca per la poca celebrità del film all'estero e per l'assenza di premi a Cannes64 dove fu presentato senza che nessuno se ne accorgesse, miglior film, migliori scene, la solita migliore fotografia e addirittura il miglior manifesto. Ammetto però che, escluso questo, gli altri premi rendono per la prima volta davvero giustizia. Sono sempre gli stessi film, ma incastrati meritatamente: Corpo Celeste di Alice Rohrwacher è la vera migliore opera prima dell'anno (a discapito del campione di incassi Scialla!) che vince anche il premio all'attrice non protagonista, una umanissima Anita Caprioli; Gianni Amelio vince un premio speciale ed è il miglior sceneggiatore per il suo Il Primo Uomo, capolavoro italo-francese che riceve anche il premio alla musica di Piersanti; Diaz fa incetta di premi tecnici e la Golino finalmente vince come miglior attrice per La Kryptonite Nella Borsa, che si porta a casa anche il premio ai costumi. Un sacco di esclusi (compensati dall'onnipresente Marco Giallini), ma è normale, e una meritata menzione a un film che non ha visto nessuno perché mai è arrivato al cinema: Tormenti, con le migliori voci del nostro panorama.
E tutti i vincitori sono:

Miglior Film: This Must Be The Place, regia di Paolo Sorrentino
Miglior Regia: Ferzan Özpetek per Magnifica Presenza
Miglior Opera Prima: Corpo Celeste, regia di Alice Rohrwacher
Miglior Sceneggiatura: Gianni Amelio per Il Primo Uomo
Miglior Produttore: Domenico Procacci per Diaz
Miglior Attore Protagonista: Elio Germano in Magnifica Presenza
Miglior Attrice Protagonista: Valeria Golino in La Kryptonite Nella Borsa
Miglior Attore Non Protagonista: Pierfrancesco Favino in Romanzo Di Una Strage
Miglior Attrice Non Protagonista: Anita Caprioli in Corpo Celeste
Miglior Fotografia: Luca Bigazzi per This Must Be The Place, Io Sono Li La Kryptonite Nella Borsa
Miglior Montaggio: Benni Atria per Diaz
Miglior Scenografia: Stefania Cella per This Must Be The Place
Migliori Costumi: Rossano Marchi per La Kryptonite Nella Borsa
Miglior Sonoro In Presa Diretta: Remo Ugolinelli & Alessandro Palmierini per Diaz
Miglior Colonna Sonora: Franco Piersanti per Il Primo Uomo, Romanzo Di Una Strage e Terraferma
Miglior Film Straniero: The Artist, regia di Michel Hazanavicius (Francia)
Miglior Manifesto: Laurent Lufroy per This Must Be The Place
Superciak d'Oro: Gianni Amelio
Personaggio dell'Anno: Marco Giallini
Ciak d'Oro alla Carriera: Marina Cicogna
Ciak d'Oro Bello&Invisibile: Tormenti - Film Disegnato

Nastri d'Argento 2012 - vincitori.





Sono stati assegnati il 30 giugno a Taormina i Nastri d'Argento 2012, i premi assegnati dal Sindacato Nazionale dei Giornalisti Cinematografici Italiani, durante una premiazione tenuta muta che andrà in onda in differita il 14 luglio su Rai 1.
Tra le candidature precedentemente annunciate e riportate anche qui sotto, non compare il film dei fratelli Taviani Cesare Deve Morire perché considerato una sorta di “inarrivabile” ed è stato insignito del Nastro dell'anno 2012 mentre all'intero cast maschile è andato un premio speciale. Premi speciali anche per gli scenografi italiani Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo per il loro contributo artistico americano, per i fratelli Vanzina ormai simbolo della commedia italiana (e non all'italiana), per Matteo Garrone vincitore del Gran Prix a Cannes con Reality e poi Premio Person a Pierfrancesco Favino (personaggio dell'anno), Premio Lene Thun a Posti In Piedi In Paradiso (per la sensibilità con cui affronta un tema sociale), Premio Biraghi ad Andrea Osvart e Andrea Bosca.
I film in gara, invece, son sempre gli stessi, reduci o meno dai David: This Must Be The Place si porta a casa il Nastro più ambito e la scenografia, come a voler compensare ciò che non ha ottenuto nell'altra serata di cerimonia; un premio-contentino anche a Özpetek (soggetto e costumi), molti premi tecnici, a sorpresa, a Diaz, e gli attori protagonisti che ai David erano stati stranieri, qua devono essere per forza italiani e sono - di nuovo - Micaela Ramazzotti e Pierfrancesco Favino (nella foto d'apertura), entrambi bravissimi ed entrambi col doppio ruolo.
The Artist miglior film europeo e sorprendentemente Drive batte Una Separazione al miglior film straniero. Mentre un film italiano, girato in America, a cui abbiamo dato meno dell'insufficienza perché osceno, non solo aveva ricevuto un paio di nominations ma ha anche vinto, la migliore canzone.
Vincitori e candidati sono:


Regista del Miglior Film: Paolo Sorrentino per This Must Be The Place
Terraferma | Romanzo Di Una Strage Magnifica Presenza Diaz

Miglior Regista Esordiente: Francesco Bruni per Scialla!
Sette Opere Di Misericordia La-Bàs. Educazione Criminale Io Sono Li A.C.A.B.

Miglior Produttore: Domenico Procacci per Diaz
Romanzo Di Una Strage Un Giorno Questo Dolore Ti Sarà Utile This Must Be The Place La-Bàs. Educazione Criminale

Miglior Commedia: Posti In Piedi In Paradiso, regia di Carlo Verdone
CiliegineImmaturi, Il Viaggio | I Più Grandi Di Tutti | La Kryptonite Nella Borsa

Autore del Miglior Soggetto: Ferzan Özpetek & Federica Pontremoli per Magnifica Presenza
L'industriale I Primi Della Lista Io Sono Li 100 Metri Dal Paradiso

Miglior Sceneggiatura: Marco Tullio Giordana, Stefano Rulli e Sandro Petraglia per Romanzo Di Una Strage
Posti In Piedi In Paradiso DiazThis Must Be The Place Scialla!

Miglior Attore Protagonista: Pierfrancesco Favino in A.C.A.B. e Romanzo Di Una Strage
Fabrizio Bentivoglio | Elio Germano | Roberto Herlitzka | Vinicio Marchioni

Miglior Attrice Protagonista: Micaela Ramazzotti in Posti In Piedi In Paradiso e Il Cuore Grande Delle Ragazze
Carolina Crescentini | Donatella Finocchiaro | Claudia Gerini | Valeria Golino

Miglior Attore Non Protagonista: Marco Giallini in Posti In Piedi In Paradiso e A.C.A.B.
Giuseppe Fiorello | Fabrizio Gifuni | Michele Riondino | Riccardo Scamarcio

Miglior Attrice Non Protagonista: Michela Cescon in Romanzo Di Una Strage
Barbara Bobulova | Alessandra Mastronardi | Paola Minaccioni | Elisa Di Eusanio

Miglior Film Europeo: The Artist, regia di Michel Hazanavicius (Francia/ Belgio)
Carnage Faust | Melancholia | Shame

Miglior Film Extraeuropeo: Drive, regia di Nicholas Winding Refn (USA)
Hugo Cabret | Midnight In Paris The Tree Of Life Una Separazione

Miglior Fotografia: Luca Bigazzi per This Must Be The Place
Magnifica Presenza | A.C.A.B. | L'industriale | Terraferma

Miglior Montaggio: Benni Atria per Diaz
Romanzo Di Una Strage | A.C.A.B. | Magnifica Presenza | Il Primo Uomo

Miglior Scenografia: Stefania Cella per This Must Be The Place
Romanzo Di Una Strage | L'industriale | Mozzarella Stories | Diaz

Migliori Costumi: Alessandro Lai per Magnifica Presenza
Il Cuore Grande Delle Ragazze | La Scomparsa Di Patò | La Kryptonite Nella Borsa | L'ultimo Terrestre

Miglior Sonoro In Presa Diretta: Remo Ugolinelli e Alessandro Palmerini per Diaz
Romanzo Di Una Strage | Sette Opere Di Misericordia | Io Sono Li | La-Bàs. Educazione Criminale

Migliore Colonna Sonora: Franco Piersanti per Terraferma e Il Primo Uomo
Magnifica Presenza | Quasi Amici | Diaz | I Più Grandi Di Tutti

Migliore Canzone Originale: Andrea Guerra, Michele von Buren e Elisa per “Love Is Required” da Un Giorno Questo Dolore Ti Sarà Utile
Immaturi, Il Viaggio | Posti In Piedi In Paradiso | Scialla! | Il Giorno In Più

Nastro Europeo Bulgari: Matteo Garrone

Nastro d'Oro 2012: Dante Ferretti & Francesca Lo Schiavo per Hugo Cabret

Nastro Speciale 2012 per la Commedia: Carlo Vanzina & Enrico Vanzina