mercoledì 20 giugno 2012

Cannes65: Beyond The Hills.



Oltre Le Colline
Dupa Dealuri, 2012, Romania, 150 minuti
Regia: Cristian Mungiu
Sceneggiatura non originale: Cristian Mungiu
Liberamente ispirata al libro Deadly Confession di Tatiana Niculescu Bran
Cast: Cosmina Stratan, Cristina Flutur, Valeriu Andriuta, Dana Tapalaga,
Catalina Harabagiu, Gina Tandura, Vica Agache, Nora Covali, Ionut Ghinea
Voto: 8/ 10

Cannes65: Palma all'interpretazione femminile (Cosmina Stratan e Cristina Flutur); premio alla migliore sceneggiatura (Cristian Mungiu).
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Quello che tutte le recensioni dicono, al nome di Cristian Mungiu, è “già Palma d'Oro nel 2007 con 4 Mesi 3 Settimane 2 Giorni” (il suo film d'esordio, lui ha 42 anni); ma quello che le recensioni non dicono, eccetto qualcuna e qualcosa, è che questo film è diretta conseguenza di quell'altro, i due sono parenti stretti: dall'analisi che fa della Romania moderna (che in realtà, poi, appare arretratissima e misera) alla forte presenza dell'etica e della morale. Quel film parlava dell'aborto clandestino, e non si capiva bene da che parte stesse (secondo me contro, data l'inquadratura del feto morto); questo film parla d'amore e religione. Sono parenti già dall'esordio: una donna, in stazione, aspetta cerca e trova un'altra donna, e sarà questa coppia femminile, dopo Otilla e Gabriela, a sobbarcarsi gran parte delle scene del film. Si chiamano questa volta Alina e Voichita e sono amiche d'infanzia cresciute insieme in orfanotrofio (anche se la madre di una è viva), luogo in cui si davano forza e amore, e il legame è continuato anche dopo la separazione, dopo lo scorrere degli anni: Alina è stata adottata da un'altra famiglia, per poi scappare a lavorare in Germania, mentre Voichita ha ricevuto la chiamata e s'è fatta monaca, e adesso divide tavola e cibo e giornate con altre monache in una sorta di convento fatiscente con chiesa annessa e tanto di prete-padre ortodosso. Alina raggiunge l'amica al di là delle colline per prenderla e partire verso un lavoro qualsiasi su una nave, sempre in Germania, ma entrando in contatto con la vita religiosa e con i dubbi di Voichita - che se dovesse partire non potrebbe più tornare - si rende conto del microcosmo che il mondo religioso fa a parte. Le chiede frizioni, notti nello stesso letto, e la trova cambiata, costretta a moltissimi divieti e obblighi, a riflessioni prima delle azioni. Entrambe devono sottostare ai 464 dogmi della religione ortodossa così diversa da quella occidentale (dove «gli uomini sposano uomini e le donne sposano donne e c'è la droga») ma a quanto pare per la straniera è molto più difficile che per l'abituata, e allora impazzisce: «c'è il demonio dentro di lei» dicono le altre, e pregano e pregano e pregano accecate dalle parole del loro padre, e la poveretta, alla fine, si ritroverà in croce come il Cristo.
In conferenza stampa a Cannes Mungiu ha raccontato molto di questo film: dalla codifica del peccato per la Chiesa Ortodossa agli scritti che danno ispirazione alla storia realmente accaduta (raccolti da Tatiana Niculescu Bran in Deadly Confession, non pubblicato in Italia), dalla critpica e criptata scena finale alla morale che aleggia su tutto il film. Ha ricevuto, poi, il premio per la miglior sceneggiatura, fatta di dialoghi serratissimi molto più presenti che in 4 Mesi, macchiati da elementi di vita quotidiana geniali, gesti originali (la dottoressa che mette a caricare il cellulare in ospedale), discorsi a tavola che occupano l'intero pasto e ci informano delle organizzazioni lavorative in chiesa. Per tutto questo, si usa lo stesso metodo del film precedente, ma meno fermo: la telecamera inquadra sempre qualcuno o qualcosa anche se a parlare sono in due, però non lascia mai troppo fuori e non è mai statica, è telecamera a spalla, e sono tutti pianisequenze, tutti privati di musica e di suoni che non sono dentro alla storia.
Molto rigore e un'incredibile fotografia che mette tutto a fuoco e tutto incastra in scena, bellissimi gli interni, curati e consumati dal tempo, impeccabile la direzione. Ma la storia? Due ore e mezzo in cui, dopo la spiegazione iniziale della situazione, la trama si accascia e rotola su se stessa mostrando continui attacchi di follia di Alina e continui spasmi delle suore che devono mettere tutto in ordine prima che inizi la messa. Alzo il voto per l'obiettivo un po' anticlericale della pellicola e perché sono influenzato dalle recensioni altrui, ma anche il premio alle due attrici, m'è sembrato un po' un regalino.

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