domenica 10 marzo 2013

ding dong! the witch is dead.



Il Grande E Potente Oz
Oz: The Great And Powerful, 2013, USA, 130 minuti
Regia: Sam Raimi
Sceneggiatura non originale: Mitchell Kapner & David Lindsay-Abaire
Basata sui romanzi di L. Frank Baum
Cast: James Franco, Michelle Williams, Rachel Weisz,
Mila Kunis, Zach Braff, Joey King, Tony Cox
Voto: 6.7/ 10
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Prima che il ciclone sradicasse dal suolo la fattoria di Dorothy, in Kansas, dove Toto era solito infiltrarsi nell'orto della proprietaria del paese, prima che la casa schiacciasse la Strega dell'Ovest e quella dell'Est a bordo di una scopa che fuma e con la faccia verde e la risata stridula, prima che Oz venisse scoperto per quello che è: un ciarlatano che proietta la sua faccia nel fumo, prima di tutte queste cose, cosa succede?
Frank Baum ce lo racconta in uno dei libri-succursale a Il Mago Di Oz che Victor Fleming fece diventare, nel 1939, il suo secondo più celebre film (dopo il Via Col Vento sempre del '39) e Judy Garland il suo repertorio musicale più di successo. E la trovata è intelligente: raccontare perché la Strega è verde, perché Oz si nasconde dietro al fumo, perché i papaveri sono soporiferi. E la trovata, di Sam Raimi, il regista della saga di Spider Man e soprattutto di qualche episodio de La Casa e di un sacco di cose uscite negli scorsi anni che per decenza non dico, di ricalcare esattamente quel film (di settant'anni fa) poteva anche esser buona, ma ahimè si perde in se stessa: inizio in bianco e nero, in un circo che prende nome dallo scrittore che a tutto diede inizio; James Franco dongiovanni e ciarlatano incanta con due trucchetti e con due no, si rifiuta di risanare un'ammalata e brilla nell'incontrare la Michelle Williams che ama e brama ma che presto sposerà un'altro. Viene inseguito perché smascherato dall'amante di una delle sue conquiste ed eccolo scappare a bordo di quella stessa mongolfiera che alla fine del primo Oz vedemmo ben bene. E intorno a lui, intorno a loro, in questo film del 2013, ci sono, ad omaggiare le scene di quell'altro, i fondali dipinti che non si usano più, che sono realisticamente pittorici, che si confondono col reale ma non con i posticci effetti digitali. Il ciclone colpisce anche lui, che impreca e invoca Dio (che in originale non c'è) e la telecamera va dove vuole, o meglio, va dove non dovrebbe andare: mai scena di suspance fu girata peggio – in film da botteghino. E piomba in Wonderland o nel posto in cui se la fa l'ultima Biancaneve, perché i fiori giganteschi, l'acqua digitale, le fatine del fiume certo non ci fanno pensare ad Oz. E lo accoglie Mila Kunis, vestita da Carmen Sandiego per chi coglie il riferimento, che subito s'innamora e avvisa la sorella, che è Rachel Weisz ma sembra Natalie Portman, forse perché siamo abituati al duo danzante. Le due, streghe di questo e quel punto cardinale, si parlano in modo bizzarro e non si capisce bene cosa vogliano fare, dove stiano cercando di arrivare, e intanto Oz (abbreviazione di Oscar) cerca la perfida strega che manca all'appello e trova la Williams che aveva lasciato in bianco e nero. Ora: di tutti i personaggi del prima e dopo ciclone, mentre nella pellicola di Fleming c'era il corrispondente da questa parte, lei è l'unica a comparire due volte, e ci si domanda il perché. Si unisce all'allegra combriccola una bambola di porcellana dalle gambe spezzate che questa volta si possono risanare e una scimmia con le ali – personaggio migliore di tutti, per animazione e interpretazione – che però non ha il bel completino che ci ricordavamo dal passato. In tutto questo, l'eco di Tim Burton si sente non solo per Alice ma, nella lotta finale tra maghette, anche per Dark Shadows, che a sua volta rimandava a La Morte Ti Fa Bella. L'anonimato in cui passa la Weisz vestita malissimo copre l'orrore in cui si trasforma la Kunis e tra tutti splende, come al solito, la migliore giovane attrice vivente, e cioè la vedova Ledger, che si spreca in un ruolo che poveretta ha dovuto accettare per vedere almeno un suo film andare oltre il confine marino. Franco, appena incoronato “etero più gay del pianeta”, sorprende in queste vesti così come sorprendeva come presentatore agli Oscar: in male. Siamo abituati a vederlo serio e tutto preso dai suoi progetti impegnati, e poi scivola nei film per famiglie dal dubbio budget.
Le scenografie non incantano, i costumi sono paradossalmente migliori sulle comparse che sui protagonisti, la musica di Danny Elfman nemmeno si fa sentire e la canzone originale, Almost Home, cantata da Mariah Carey in un video ufficiale brutto più del film, non compare mai. Eppure, come al solito, i titoli di testa, parte migliore della pellicola, ci fanno sperar bene.

1 commento:

  1. In realtà gli altri interpreti oltre alla Williams che ci sono nell'introduzione in bianco e nero sono presenti nei ruoli digitali della bambola di porcellana (la bambina paraplegica) e la scimmia-assistente (il socio del circo), solo che col doppiaggio si perde la loro presenza.

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