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giovedì 12 marzo 2015

RAT.



Blackhat
id., 2015, USA, 133 minuti
Regia: Michael Mann
Sceneggiatura originale: Morgan Davis Foehl
Cast: Chris Hemsworth, Viola Davis, Leehom Wang, Wei Tang,
Holt McCallany, Andy On, Ritchie Coster, Christian Borle,
John Ortiz, Yorick van Wageningen, Brandon Molale, Tyson Chak
Voto: 4/ 10
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Incipit da documentario artistico (attraverso le architetture cibernetiche dietro una infinitesimalmente piccola spia luminosa capace di creare un'esplosione) e poi via!, con la più tradizionalmente banale delle strutture narrative: un problema continentale, un eroe farabutto sotto pena da scontare, una donnina conosciuta durante l'operazione e già infatuata, una rettifica del piano iniziale sbagliato, qualche perdita lungo la strada e poi il colpaccio. Trama di cui potremmo azzardare i dialoghi sentendo solo la colonna sonora da casa (composta a sei mani ma cosa impossibile: non è ancora distribuita), questa volta ha per protagonisti una sequela di nerd un po' americani e un po' cinesi che, col naso storto delle terre d'origini, si ritrovano a collaborare perché l'esplosione di cui prima (falla al reattore di raffreddamento di un centro, otto morti) è stato architettato virtualmente da un hacker che si nasconde anche dietro al prezzo stellare in borsa della soia. Entrambi i Paesi sono interessati a incastrarlo ma serve il genio dei codici Nick Hathaway (au revoir Shakespeare) per risalire alla fonte – il quale sta scontando quindici anni in un carcere di massima sicurezza dopo aver frodato milioni alle banche, il cui corpo da supereroe è giustificato dalle flessioni che fa dietro alle sbarre per non annoiarsi nei tempi morti tra una perquisizione e l'altra; una sola scena senza maglia e un'infinità di décolleté da far invidia a Jennifer Lopez su red carpet. Ritrova l'amico orientale di vecchia data e, sensore alla caviglia e guardini dietro alle spalle, parte insieme a Viola Davis, il cui personaggio si sente tanto fuori luogo quanto l'attrice due volte candidata all'Oscar. Una cinesina doppiata male non gli si schioda di dosso: sarà con lei la pseudo-epifania in un ristorante coreano, incomprensibile e ridicola, e poi amore non romantico per tutta l'ora e tre quarti a venire, durante la quale delle uniche due espressioni che ha in cantiere Chris Hemsworth ne utilizza solo una, che va bene sempre: quando ha intuizioni, quando cerca il nemico tra la folla, quando rimugina sul passato, quando aspetta che il peggio arrivi. All'improvviso: una sparatoria con mitra, forse anche una granata, e i nostri (che, come precedentemente chiarito, sono dei nerd informatici nonostante dai muscoli delle braccia potrebbero sembrare governatori della California) reagiscono in totale nonchalace, rispondendo al fuoco senza domandarsi quando la lite sia esplosa, e soprattutto tra chi, ma sarà che mi sono distratto io, che nel frattempo mi domandavo se andare o meno a fare la pipì in bagno. Eppure non ci sono andato. La telecamera a spalla sobbalza in queste situazioni, strattonata fra gli interpreti in fuga, si agita – e poi, sempre digitale, si scontra con le grandi panoramiche (quasi tutte urbane) linde e pulite, salvato (questo scontro) dalla fotografia di Stuart Dryburgh (che dopo Lezioni Di Piano si è dato alle grandi opere quali Walter Mitty e il prossimo Alice In Wonderland). Michael Mann, sei anni dopo Nemico Pubblico e attraverso l'esperienza televisiva di Luck, torna sul grande schermo con un James Bond qualsiasi esportato oltreoceano insieme a una nera che chiama «chica»; si affida a una sceneggiatura scritta dal co-montatore di Cambia La Tua Vita Con Un Click e a un cast che non regge la stupidità di certi dialoghi. I tempi di Heat e Insider sono lontani: per calarsi nel suo tempo si cala nella cyber-caccia all'uomo (dopo Zero Dark Thirty non dovrebbero più essere fatti film del genere) nella quale la veridicità delle nozioni di programmazione è annientata dal pigiare dei tasti quando si inseriscono password rubate, invece di fare copia/ incolla. Inspiegabilmente ben recensito da MyMovies (ma attenzione: il voto è di colui che ha pure elogiato Jupiter), è giustamente stato bocciato dalla comunità di IMDb.

mercoledì 11 luglio 2012

Charlize Charlize.



Biancaneve E Il Cacciatore
Snow White & The Huntsman, 2012, USA, 127 minuti
Regia: Rupert Sanders
Sceneggiatura originale: Evan Daugherty, John Lee Hancock, Hossein Amini
Cast: Kristen Stewart, Charlize Theron, Chris Hemsworth,
Sam Calfin, Vincent Regan, Sam Spruell, Ian McShane, Bob Hoskins
Voto: 6/ 10
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Giovani coppiette che invaderete i cinema di tutta Italia questo fine settimana (già al primo giorno di proiezione il film è diventato trend-topic su Twitter), dimenticate le torte messe a raffreddare sui davanzali Disney e il remake tutto costumi e Bollywood precedente a questo; dopo lo scempio con Alice In Wonderland che cercava di mischiare i due romanzi di Carroll a Le Cronache Di Narnia, Joe Roth ci riprova e riscrive la più classica delle fiabe contaminandola con elementi presi a caso da I Tudors o Game Of Thrones, affidando la regia a un esordiente (Rupert Sanders) e la sceneggiatura a un altro esordiente (Evan Daugherty) accompagnato dal candidato all'Oscar Hossein Amini (per Le Ali Dell'amore, ma anche autore di Drive e Le Quattro Piume) e dal fortunato John Lee Hancock (regista e scrittore, tra l'altro, di The Blind Side). La squadra è sorprendentemente vincente, perché il primo terzo è molto molto interessante: la piccola Biancaneve nasce da madre amorevole e padre buon regnante e cresce tutta bellezza e bontà, fino a quando la madre muore e il padre si risposa con una prigioniera trovata nel carro di un esercito fantasma. Questa è in realtà la bellissima stregaccia che porta il nome di una città Romagnola, che ammazza il re e fa rinchiudere nella torre l'ered(iti)e(ra) per seminare terrore e siccità nel villaggio in cui governa. Poi però Biancaneve cresce, compie diciotto anni e diventa di diritto “la più bella del reame”, e lo stesso giorno scappa e si nasconde in una foresta dove si respira LSD e si hanno allucinazioni perpetue. Un cacciatore viene incaricato, anzi obbligato, ad andare a recuperare la fanciulla che non ha idea di chi sia e quanto valga, e tra l'uomo e la ragazzina nasce la complicità e il tenero... Poi il film prende una svolta nonsense tra le scaramucce pidocchiose dei nani e i canti delle fate nella vegetazione di Avatar; inaspettata arriva la scena della mela e del sonno che non dura cent'anni ma cento secondi appena e dopo il discorso del Cacciatore alla fanciulla morta e il discorso della fanciulla viva alla folla arrivano le Crociate con incalzante finale.
Il primo terzo del film funziona perché ci porta ben lontani dalla fiaba originale e, soprattutto, è incentrato su Charlize Theron, bravissima anche se costretta a interpretare il ruolo di Monica Bellucci (inspiegabile la scena del latte) e decisamente più bella di quella tavola di legno di Kristen Stewart la cui espressività si confonde con gli alberi della foresta. Nei panni della tormentata strega tutta immagine e tristezze per gli amori passati che le hanno spezzato il cuore, assetata di vendetta e di immortalità, Charlize ci regala l'unico personaggio psicologicamente riuscito della pellicola, perché di Biancaneve vediamo davvero poche cose (grazie a Dio), tipo l'alta empatia con gli uccelli, e di Chris Hemsworth vediamo le stesse cose che abbiamo visto in Thor (anche qui faccia azzeccata e recitazione da vomito). Dopo il primo terzo il film si rovina perché non c'è attimo in cui non supponiamo che tutto sarà bene quel che finirà bene, che manca ancora un'ora ma mica poi la strega ci aspettiamo che vinca, e intanto va avanti un tripudio di digitale (persino Biancaneve appena nata è finta, o la mela che marcisce, o la tartaruga: tutto è finto).
Per questo “Le Cronache Di Biancaneve: Il Cervo, La Strega E Il Cacciatore” prevedo almeno tre nominations all'Oscar: effetti speciali, costumi e sonoro.