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sabato 18 gennaio 2014
le pere.
Saving Mr. Banks
id., 2013, USA/ UK/ Australia, 125 minuti
Regia: John Lee Hancock
Sceneggiatura originale: Kelly Marcel, Sue Smith
Cast: Emma Thompson, Annie Rose Buckley, Colin Farrell,
Tom Hanks, Paul Giamatti, Jason Schwartzman, Ruth Wilson,
Bradley Whitford, B.J. Novak, Rachel Griffiths
Voto: 7.8/ 10
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Candidato a un Premio Oscar:
colonna sonora originale (Thomas Newman)
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P.L. Travers, ormai sessantenne, conduce la sua vita tutta the (col latte, che si versa prima) e macchina da scrivere nella sua grande casa a schiera tipicamente inglese dove l'ingegno partorisce a intermittenza gli episodi che formano i vari libri di Mary Poppins (In Cucina, In Giardino, Dai Vicini...); causa di ciò è lo straordinario successo del primo di questi non-romanzi durante gli anni '40, quando l'arrivo della bambinaia con l'ombrello parlante fu la lettura di ogni infante e il sorriso di tutti i genitori. Walt Disney, vivissimo e vegeto e con già una libreria a muro tempestata di Oscar, aveva promesso alle figlie che un giorno avrebbe reso il loro libro preferito un film di successo – e per vent'anni si è battuto con la scrittrice affinché lei gli concedesse i diritti per girare. La Travers però, rigidissima e conservatrice, diffidente dell'animazione, del musical e dei grandi pupazzi che iniziavano a infestare il primo parco di divertimenti della compagnia, rifiutò senza indugio per anni, fino all'invito a trascorrere due settimane a Los Angeles per visionare il copione già pronto e, magari, decidersi alla firma. Ovviamente la permanenza sarà fatta di paragoni con l'amata Inghilterra, di strade prive di gente a passeggio, di sole troppo forte, di peluche ingombranti e spaventosi nel letto: tutto è poco desiderato, tutto è sbagliato, gli sceneggiatori sono poco più che incompetenti, Walt Disney è scortese nel chiamarla «Pamela» – ed Emma Thompson dà una prova di attrice come forse non le era mai successo. Il film è tutto su di lei, sulla rigidità imposta e sulla tradizione che ha voluto spingersi nel sangue per nascondere una solitudine e tante debolezze che l'accompagnano da quand'era giovane. La pellicola affianca le immagini del 1961 a L.A. all'infanzia della Travers quando ancora usava il nome di battesimo, in Australia, in una fattoria che faticava ad andare avanti tra il controllo degli averi di mamma Ruth Wilson (la cugina di Anna Karenina) e lo sperpero del denaro in alcool e pere di papà Travers, interpretato da un Colin Farrel esaltato e ripulito, legatissimo alla bambina di un affetto più che ricambiato. Le storie che scorrono parallele servono a mostrarci come in realtà Mary Poppins sia infestato dei ricordi dell'infanzia, dei riferimenti alla vita da bambina dell'autrice e il titolo, effettivamente azzeccatissimo, fa riflettere su quanto anche la pellicola Disney ruotasse più attorno alla figura del padre di famiglia, il signor Banks, che ad altro. Perché il film poi si fa, e noi oggi lo sappiamo bene: 5 Oscar e qualche canzone passata alla storia. Questo è il problema delle pellicole che ci raccontano vicende che sappiamo già come hanno fine, ma il film si fa vedere senza problemi, chiedendosi spesso come abbia reagito poi l'autrice nel vedere tanta musica, tanti balletti, tanti elementi animati a cui era contrarissima. E il film, dicevo, si fa vedere, perché è marchiato Disney (altrimenti non potrebbe permettersi di cominciare sussurrando Chim Chim Cher-ee né potrebbe farci vedere qualche estratto dalla sala cinematografica) e la Disney, si sa, accontenta grandi e piccini. Con le scene che ricreano i campi di primo Novecento tanto curate quanto lo erano in War Horse e i temi scomodi ridotti al minimo quanto lo erano in War Horse – che parlava di una guerra in cui praticamente nessuno muore – Saving Mr. Banks si fa piccolo kolossal pieno di costumi e scenari ben fatti. Ma a John Lee Hancock è andata peggio che a Spielberg, che con quel film ottenne 6 candidature all'Oscar; il regista texano di The Blind Side, che ha illuso il mondo che la Bullock sappia recitare e ha stregato gli appassionati di cronache sportive, è qui praticamente invisibile, come lo era lì, adagiandosi su una scioltezza filmica quasi banale. Magistrale il lavoro con la protagonista femminile, che certo non ha bisogno di farsi dirigere; meno potente quello con Tom Hanks, che ricrea un Walt Disney molto più paffuto e decisamente meno ambiguo e charming dell'originale. Ma cadiamo nell'illusione.
lunedì 4 marzo 2013
interception.
Beautiful Creatures
La Sedicesima Luna
Beautiful Creatures, 2013, USA, 124 minuti
Regia: Richard LaGravenese
Sceneggiatura non originale: Richard LaGravenese
Basata sul romanzo La Sedicesima Luna
di Kami Garcia & Margaret Stohl (Mondadori)
Cast: Alice Englert, Alden Ehrenreich, Viola Davis, Jeremy Irons,
Emmy Rossum, Thomas Mann, Emma Thompson, Eileen Atkins
Voto: 5/10
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Un sedicenne con la barba già cresciuta su tutta la faccia e la faccia palesemente non da sedicenne conduce questa originale vita che nei film americani non abbiamo visto mai: è popolare a scuola perché giocatore di qualche sport, col fisicaccio e la morosetta benvestita, cattolica, imbecille come l'acqua dei lupini, e lui è stanco del paese e della provincia ed è anche orfano di madre, povera stella, e allora per viaggiare con la testa visto che con la macchina non può – ma il suo originale amico sfigato figlio di colei che capeggia i conservatori della contea sì – legge libri su libri, quasi tutti vietati in paese, con copertine dritte dritte degli anni '60 ma siamo ai giorni nostri, e lo scopriamo dallo smartphone che usa a malapena in una scena (cosa credibile, sì). In questa originale vita di questo originale personaggio di questa originale trama compare una nuova compagna di classe nipote di, indovinate un po', il vecchio del paese che nessuno vede mai uscire dalla villa che, indovinate un po', pare sia infestata da fantasmi e spiriti e indovinate: i cattolici si riuniscono perché secondo loro là dentro fanno riti satanici nudi e la ragazzetta è un pericolo per le scolaresche. Per cui il nostro protagonista che ho già dimenticato com'è che si chiami se la fa subito amica, questa strana giovinetta dai capelli scuri che spesso gli è venuta in sogno (e questa scena iniziale del sogno è meravigliosa: il film dovrebbe finire al minuto 2:00) e smolla quell'altra, la scema religiosa, e cosa succede? Ommioddio che cosa originale: lei è una strega – anzi attenti a dire “strega” – lei è una maga e in quanto tale non può amare un mortale! E poi su di lei c'è una maledizione che colpisce ogni personaggio della famiglia da tanti antenati! La persona che lei ama deve morire per regola! Oddio! E adesso come fanno, il nostro eroe e la nostra eroina che chissà come si chiamino ad amarsi? Mentre loro ci provano, arriva la femme fatale a bordo di decappottabile, esattamente come abbiamo visto in Dark Shadows qualche mese fa, e sempre come abbiamo già visto in Dark Shadows poi ci sono banchetti con superpoteri, stanze inquietanti, costumi bizzarri. Ma siamo ben lontani da quella cura artistica. Qua è tutto un imbarazzo: dal montaggio alle frasi che escono dalla bocca di Viola Davis che sicuramente ha il personaggio più insulso, insipido, banale della saga – perché una saga è. Viola Davis che fece brillare Il Dubbio già luminosissimo con i soli otto minuti in cui era in scena, accetta di far parte di questa porcheria di film che cerca di inserirsi tra i vampiri e i maghi inglesi raccontando la storia d'amore impossibile di uno con le pozioni e i libri delle ombre dell'altro, e accetta forse perché c'è il grande Jeremy Irons che pure non può vantarsi a lungo di ciò che interpreta e ancora Emma Thompson, unico e solo motivo per cui questa pellicola potrebbe essere vista senza abbandonare la sala al minuto 2:01 come stavo per fare: il suo corpo, usato da una specie di fantasmino non morto, la porta ad essere algida fascista (meraviglioso l'elenco delle condanne) e madre delle tenebre, e la sua faccia cambia e ricambia e il suo accento pure, e noi ci vergogniamo del suo unico Oscar preso per la Sceneggiatura. C'è, ancora, ed è quella che se la spassa in Ferrari e gonne cortissime e gratuiti costumi da Gilda (scena totalmente inspiegabile) Emmy Rossum, che avevamo lasciato, stessi chili e molti più capelli fa, a gorgheggiare ne Il Fantasma Dell'opera di Joel Schumacher dopo il quale l'abbiamo vista addirittura in Dragonball.
Dietro tutti questi protagonisti e personaggi di cui non ricordo neanche un nome, c'è colui che rappresenta al meglio la decadenza di una carriera hollywoodiana: Richard LaGravenese, dalla sceneggiatura de I Ponti Di Madison County, L'uomo Che Sussurrava Ai Cavalli e La Leggenda Del Re Pescatore (nomination all'Oscar) alla regia di P.S. I Love You.
Andate da McDonald's e quei cinque euro usateli per l'Happy Meal piuttosto.
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