Visualizzazione post con etichetta Zac Efron. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Zac Efron. Mostra tutti i post
domenica 17 agosto 2014
autumn in New York.
Quel Momento Imbarazzante
That Awkward Moment, 2014, USA, 94 minuti
Regia: Tom Gormican
Sceneggiatura originale: Tom Gormican
Cast: Zac Efron, Miles Teller, Michael B. Jordan, Imogen Poots,
Mackenzie Davis, Jessica Lucas, Addison Timlin
Voto: 6.4/ 10
_______________
Prosegue l'estate di Scarlett Johansson (Chef, attualmente in sala; Under The Skin, dal 28 agosto; Lucy, in Italia il 25 settembre) e Zac Efron, con questo film nei nostri cinema, pure lui, dal 28 agosto e con Cattivi Vicini il prossimo mercoledì; e mentre la prima sperimenta il genere, si fa aliena o essere indefinito dall'intelligenza eccelsa, senza dimenticare ciò da cui proviene (soprattutto Lost In Traslation) e ritagliandosi piccole parti comedy di tanto in tanto, Zac come lo lasciamo così lo ritroviamo, tolto il vocalizzo di High School Musical e aggiunta una massa muscolare qui particolarmente eccessiva (sognatevi il faccino pulito e il pantalone filiforme della locandina: è, nella pellicola, un armadio barbuto). Da Capodanno A New York a Ho Cercato Il Tuo Nome il disneyano Troy pare non essersi mai evoluto, vittima di un merchandising di se stesso, di un'aspettativa generale e di una fila di proposte attoriali sempre uguale. Qui si fa (per finta) illustratore di copertine, con tanto di scrivania e lavagna da cui presenta agli scrittori e agli editori le proprie idee, con la strafottenza e la calma di Don Dreaper. Suo collega è anche il suo miglior amico – per gli uomini non si può dire BFF – Miles Teller, il tipico viso del «dove l'ho già visto» (risposta, nell'ordine: il bel Rabbit Hole, Project X, il caruccio The Spectacular Now, Divergent) che salva lo script con la spigliatezza di chi sa far ridere con poco e la faccia lessa del non-belloccio che, dalla sua, ha l'arguzia, “la simpatia” – porta avanti (con la bella Mackenzie Davis) un gioco a rimorchiare clienti nel bar che siano del suo stesso sesso per poi liquidarli con la fatidica frase-introduzione «lei è la mia amica...», ma siamo consapevoli, certissimi, sicuri, ci scommettiamo, che alla fine questi due – che si stuzzicano, si insultano, si evitano e si presentano altre carni – finiranno insieme. Lo finiscono infatti, senza dirlo, perché questo, Zac e il terzo dude del gruppo, un Michael B. Jordan insipido e irreale, sposato a 23 anni, già medico praticante e ora in piena crisi di divorzio, hanno deciso di non fidanzarsi, nel freddo mattino di New York, caffè americani alla mano e foglie morte tra le villette a schiera. Scene e figure rappresentano il cliché di ogni “commedia romantica” di questo tipo, in cui i caratteri vengono presentati, viene presentata la situazione, l'accidente viene nascosto e quando si scopre arriva lo sfascio dei rapporti e poi l'amicizia torna prima del lieto fine e dei titoli di coda. Cosa rende guardabile questo film: la risata sorniona che capita ogni tanto, la battuta pronta, la risposta secca, quel ripetersi di situazioni abbastanza realistiche come l'amico che viene a casa e usa il bagno come se non avesse il suo; cotanta virilità è stemperata dalla presenza di due figure femminili (e mezza) che però hanno più tratti mascolini che venerei; pare si tenti di raggiungere quell'equilibrio di livelli diversissimi che regna in casa di Jess dentro New Girl dove non tutti i ragazzi ruttano e pisciano fuori dal vaso ma uno usa più creme che calzini. La struttura narrativa è però, ahinoi, ciò che di peggio il cinema di cassetta americano ha esportato – nonostante tutti sappiamo della scena in cui, causa viagra (tipica situazioncina adolescenziale da Notte Da Leoni) i nostri eroi non riescono a orinare in piedi e allora si adagiano orizzontali sulle tavolette e, al telefono, si domandano: «il tuo pene tocca l'acqua?»; tutto ciò mentre la collinosa protuberanza posteriore di Zac Efron ci spiega come ha fatto a vincere l'Mtv Shirtless Award per questo film – che pochi altri premi avrebbe potuto vincere. New York, New York.
giovedì 10 luglio 2014
bros before hos.
Cattivi Vicini
Neighbors, 2014, USA, 97 minuti
Regia: Nicholas Stoller
Sceneggiatura originale: Andrew J. Cohen & Brendan O'Brien
Cast: Seth Rogen, Rose Byrne, Zac Efron, Dave Franco,
Ike Barinholtz, Carla Gallo, Craig Roberts, Jerrod Carmichael
Voto: 7/ 10
_______________
La grande tradizione di Beep Beep e Willie il coyote, di Tom con Jerry, di Oggie e gli scarafaggi-scara-scara, Candace con Phineas e Ferb – la tradizione di tutti quegli show a siparietti che si basano su un cattivo (o buono) e i suoi vari tentativi di acciuffare una cosa, il buono (o il cattivo), ci insegnano come sia facile, trovata la trovata, fare dell'umorismo, farci ridere, impiegare del tempo comedy: se ne può fare addirittura un film. E così, posto un epilogo e un prologo in cui ci vengono descritti, rispettivamente, come si concludono le cose e soprattutto, prima, con chi abbiamo a che fare, Neighbors – il cui titolo iniziale era Bad Neighbors da cui l'italiano Cattivi Vicini – adotta l'operazione più vecchia del mondo: il navigato Seth Rogen e la simpaticissima Rose Byrne, coppia involontariamente comica e parlantina, lei australiana trasferita e lui impiegato d'ufficio come tradizione vuole, intelligentemente si chiedono se, avendo ora una figlia e una nuova casa, stiano diventando vecchi; nella generazione degli sposi quarantenni, due “ragazzi” con prole e immobili sono effettivamente vecchi tagliati fuori: dagli amici che in videochiamata li invitano alle feste, dai preparativi per l'uscita trasportando tutto l'occorrente per la pargola. Accanto alla nuova casa, la tipica casa americana a due piani con giardino e steccato affaccianti su Wisteria Lane, si trasferisce l'incubo di ogni abitante: una confraternita. Incubo perché: party hard all night baby, ogni settimana e per tutto l'anno con la speranza di finire incorniciati su una parete in ricordo ai posteri; ma incubo anche perché due “ragazzi” con figlia tagliati fuori dagli amici che vanno alle feste non hanno bisogno di un costante ricordo dell'età che avanza. I funghetti, l'erba, le luci al neon e i baci occasionali, il sesso occasionale, il futuro occasionale a cui non si pensa perché prima si fa festa, i fratelli che vengono prima di tutto... Zac Efron è a capo della marmaglia consapevole della totale assenza di grasso nel suo corpo ma nemmeno eccessivamente desideroso di sbattercela in faccia (la totale assenza, dico); vicepresidente delle tre lettere greche, come tradizione vuole, è Dave Franco, fratello di James, che condivide col parente la faccia d'angelo ma non l'orientamento sessuale: e qui è maschio(ne) intelligente e promettente, unica pecora furba del gregge, tra pecore dalle guance estremamente lisce e dai soprannomi impossibili da tradurre (leggi scroto puzzolente). Passeggia tra i rappresentanti delle aziende giunti a pescare i più meritevoli a college finito mentre l'High School Musical boy finirà senza maglia fuori da Abercrombie perché è tutto ciò che può fare – ed è, questa, una frecciatina da non sottovalutare. Nell'apoteosi dello stacco generazionale, del futuro che avanza, dello svago, dell'innocenza persa, dell'aver perso se stessi, il film nasconde, sotto la patina superficiale di americanismo, di comedy e di tentativi per far sciogliere la confraternita, interrompere le feste, demolire l'impianto stereo, far saltare le luci – il film nasconde le ansie dei venticinquenni, che non sono diverse da quelle dei trentenni: la paura, il terrore di crescere, ma anche il desiderio di farlo, il desiderio di una stabilità, ma anche il terrore di raggiungerla e non poter guardare indietro. Intento lodevole mascherato da tutto ciò che il popolo vuole al cinema: le battute (molte, argute) e la demenzialità (geniale la scena degli air-bag) e le botte, poche, e un sedere tondo in una scena, di sfuggita, e anche un poliziotto consapevole della sua posizione e qualche black joke e qualche australian mizundestood – senza mai definire veramente i personaggi: che siano buoni o cattivi come Tom con Jerry.
lunedì 4 giugno 2012
degli alberi.
Lorax, Il Guardiano Della Foresta
Dr. Seuss' The Lorax, 2012, USA, 86 minuti
Regia: Chris Renaud & Kyle Balda
Sceneggiatura non originale: Ken Duario & Cinco Paul
Basata sul libro The Lorax del Dr. Seuss
Voci originali: Zac Efron, Danny DeVito, Ed Helds, Taylor Swift,
Betty White, Rob Riggle, Jenny Slate
Voci italiane: Alessandro Ward, Danny DeVito, Marco Mengoni,
Rossa Caputo, Rita Savagnone, Alessandro Budroni
Voto: 7/ 10
_______________
In una cittadina post-moderna di nome Thneedville dove tutto è finto - dall'erba dei pavimenti verdi alle case e quasi anche le persone - vive e comanda il signor O'Hara, ometto dal bizzarro taglio di capelli, che vende bottiglie piene di aria fresca alla popolazione privata della fotosintesi clorofilliana (ma ignara di questa privazione) tramite uno spot che ci ricorda una ben famosa gomma da masticare. Sempre circondato dai suoi scagnozzi, il signor O'Hara ha occhi dovunque, telecamere dovunque, lui sa vede mosse di chiunque, perché nessuno ha il permesso di oltrepassare i confini della fintissima cittadina: esattamente come in The Truman Show, la città finisce con alte muraglie impercettibili a chi c'è dentro. E in questo paesotto c'è Ted, ragazzino buono d'animo e gentile come gran parte dei protagonisti, che per amore di una rossa smilza si caccia in un impiccio: lei vorrebbe tantissimo vedere dal vivo un albero vero (di cui hanno memoria i vecchietti della zona) perché insoddisfatta di quelli artificiali (programmati per essere autunnali, invernali, estivi e disco). Ted, che ha una mamma che amiamo e una nonna cliché, sale sul suo motorino fluttuante pieno di fiamme sul muso come nelle Hotwheels e raggiunge la catapecchia di una tale Once-ler, personaggio che, si dice, conserva l'ultimo seme di albero vero, e questo, da dietro alla sua sbarrata finestra, gli racconta in due puntate la sua storia, da quando era un ragazzotto sfigato a quando è diventato ricco sfondato tagliando tutti gli alberi della contea per usarne il pelo (sono alberi senza foglie ma con batuffoli in cima).
In tutto questo, il Lorax del titolo compare al minuto 20' e se ne va dopo meno di un'ora. È un pupazzo basso ed educato che «parla per gli alberi» ma in realtà dice cose che direbbe un qualsiasi esponente di Greenpeace a caso.
Lui è identico al suo predecessore illustrato dal Dr. Seuss, celeberrimo autore di libri per bambini già autore de Il Grinch, Ortone E Il Mondo Dei Chi e Il Gatto Col Cappello, così celebre che mantiene il suo nome nel titolo originale del film; tutti gli altri personaggi sembrano reduci da qualcos'altro, dall'aspetto vichinghico del popolo di Dragontrainer ai modi e al caschetto del signor O'Hara che per statura e fastidio ci riporta alla mente l'Edna Mode de Gli Incredibili, per non parlare del costume di Once-ler quando diventa famoso, spudoratamente copiato da Willie Wonka, e della nonnetta che alla fine si mette a fare sport estremi come quella di Cappuccetto Rosso E Gli Insoliti Sospetti.
Tutto ci ricorda altro perché ormai i cartoni animati rotolano su loro stessi (escludendo la Pixar, i francesi e il geniale Arthur Christmas). Lorax, però, ha un aspetto insolito: una struttura a scatole molto particolare, inusuale, sicuramente ostica per i piccolissimi che devono stare dietro a una doppia, frammentata, diluita storia. Si comincia con un'introduzione più canzone come ne La Bella E La Bestia e si procede per scenette comiche da varietà spesso affidate ad animaletti del villaggio (o pesci o orsi) lontani dallo scorrere della vicenda. A queste, si sommano una quantità immane di scene d'azione, corse, inseguimenti, missioni, ché se asciughiamo l'ora e mezzo di pellicola non ne resta che un terzo di storia, fatta spesso di brani rock gratuiti.
Vorrebbe sensibilizzare all'ambientalismo come Avatar, invece è destinato alla domenica pomeriggio su Italia 1.
Etichette:
Danny DeVito,
Dr. Seuss,
Lorax,
Zac Efron
venerdì 25 maggio 2012
Cannes65 - giorni 7 e 8.
Aquí Y Allá vince il Gran Premio nella Settimana della Critica in questo 65esimo Festival di Cannes, premio destinato all'opera prima o seconda di un regista in gara; il film, scritto e diretto dall'emergente Antonio Mendez Esparza - già noto ai festival per il suo corto di debutto Una Y Otra Vez - racconta del ritorno di un uomo (Pedro De los Santos) nel villaggio in cui è nato dopo gli anni trascorsi a lavorare negli Stati Uniti, storia (dice il regista) «di speranza, ricordi e ciò che ci lasciamo alle spalle». Gli altri film della sezione ad aver vinto premi minori sono Sofia's Last Ambulance di Ilian Metev, Les Voisins De Dieu (“i vicini di Dio”) di Meni Yaesh e Los Salvajes (“i selvaggi”) di Alejandro Fadel. La pellicola che vinse l'anno scorso l'ambito premio era Take Shelter di Jeff Nichols (domani in gara) di cui parleremo a breve, che è stato molto apprezzato dalla critica americana e guadagnò un sacco di altri riconoscimenti.
Intanto non si è parlato di altro, ieri, che della tecnica usata da Nicole Kidman per guarire le punture di medusa sulla pelle di Zac Efron. Presentato prima alla stampa, The Paperboy, seconda opera del Lee Daniels che due anni fa a Cannes prese la Camera d'Or con Precious, racconta l'accozzagliata storia di due fratelli giornalisti (Matthew McConaughey e Zac Efron) che assecondano una dark-lady femme-fatale decadente (la Kidman) nel suo tentativo di tirar fuori dalla prigione un detenuto innocente (crede lei) (John Cusack) e allora si ritrovano ad assistere a fellatio a distanza nel parlatoio del carcere, viaggi in auto rosa, telefonate osé, McConaughey si scopre gay a tre quarti del film e si fa penetrare violentemente in un albergo, il tutto mentre dietro un'America degli anni '60 non viene descritta.
Bocciatissimo dalla stampa - che l'ha definito il vero film scandalo della kermesse, trash e volgare e demenziale - ma apprezzato sul red carpet per l'ingente quantità di star, il film esce adesso mentre è già in preparazione la terza opera di Daniels, anche questa ambientata al passato, anche questa con la Kidman, McConaughey e Cusack. (Nella foto: il cast con il regista al centro e, a destra, David Oyelowo e la cantante Macy Gray che interpreta la governante e racconta fuori campo la storia).
Bocciato anche l'altro film in concorso di ieri, Post Tenebras Lux del celebre e borioso Carlos Reygadas (Battaglia Nel Cielo) che racconta il rapporto di una coppia e della coppia con la campagna mentre si aggira un belzebù rosso e si prosegue verso scene più splatter che horror.
Rimane superfavorito Amour di Haneke, che sarebbe la sua seconda Palma d'Oro dopo altri due premi FIPRESCI, due premi Ecumenici, un Gran Premio e una miglior regia, a meno che Cronenberg non incanti tutti con il suo Cosmopolis o Sergei Loznitsa con In The Fog (entrambi oggi in concorso).
La Kidman intanto rimane in città perché presenta oggi, fuori concorso, Hemingway & Gellhorn di Philip Kaufman, storia dell'amore tra il celebre scrittore e la giornalista di guerra, prodotto della HBO per la televisione americana, con Clive Owen nei panni dell'autore.
E mentre si continua a parlare bene e meno bene di On The Road (perché Kristen Stewart ha sei scene di sesso e perché non si resta fedelissimi al libro), la critica è divisa su Holy Motors, esperimento cinematografico che celebra (o abbatte?) il mestiere dell'attore (e forse del regista).
Domani, l'ultimo giorno.
Etichette:
Cannes 2012,
Carlos Reygadas,
Cosmopolis,
David Cronenberg,
Holy Motors,
In The Fog,
Lee Daniels,
Matthew McConaughey,
Nicole Kidman,
On The Road,
Post Tenebras Lux,
Take Shelter,
The Paperboy,
Zac Efron
Iscriviti a:
Post (Atom)