venerdì 6 giugno 2014

#Cannes: l'aria.



Incompresa
id., 2014, Italia/ Francia, 103 minuti
Regia: Asia Argento
Sceneggiatura originale: Asia Argento & Barbara Alberti
Cast: Giulia Salerno, Charlotte Gainsbourg, Gabriel Garko, Carolina Poccioni,
Alice Pea, Anna Lou Castoldi, Max Gazzè, Gianmarco Tognazzi
Voto: 5/ 10
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Pare di essere nel Tempo Delle Mele a giudicare da questi titoli di testa: scritte opache su diari, disegni, dediche, cartoline, figurine, aforismi trascritti, penne coi brillantini, risposte multiple per le amiche e svolgimenti di temi. Il tempo è più o meno quello: gli anni Ottanta degli abbinamenti tessili del raccapriccio, e Aria e la sua migliore amica “Ist” sono fiere di essere diverse dalle altre in aula, con i seni già sviluppati e i rimproveri della maestra. Speriamo però che la scelta del miglior tema della classe non sia costantemente influenzata dal fatto che il padre di Aria è un famoso attore del cinema, habitué dei film d'azione e in odore di copione d'autore, inguaribile superstizioso che si ricorda della figlia solo quando funge da positivo amuleto. Gabriel Garko è sempre in casa a urlare, strillare, dettare legge, non mangiare, spargere sale, fare croci; lo vediamo nella sequenza iniziale sbraitare con la compagna Charlotte Gainsbourg (che accoppiata) per delle polpette prima, per le figlie poi, per il mal di testa infine. Lui le grida che è una pianista fallita, lei che è un attore cane. Si separano, e forse da questo punto la sceneggiatura si fa meno imbarazzante. Oltre alla regista si cela, dietro ai dialoghi, Barbara Alberti, che può vantare nella sua carriera la trasposizione di 100 Colpi Di Spazzola aka Melissa P., dove già si era lavorato di sfacelo. Questa volta la Alberti si riconosce nella sua furia satirica in piccoli e intelligenti trovate, tipo la presenza di qualche David di Donatello in casa, un film che passa in TV in cui Garko succhia un seno – e il film è Senso '45, gli insulti «cane di cani» che il meta-attore si becca, coraggiosamente, e la gioia di fare un film d'autore, finalmente, che dopo tante fiction potrebbe essere quello che è effettivamente in sala. Asia Argento, invece, sembra ancora interessata ai meccanismi disfunzionali dello stare insieme: dalle situazioni da denuncia, come le liti fino ai cazzotti per strada o le teste sbattute sui banchi della maestra, fino al rapporto madre-padre-figlia che già era stato nucleo di Ingannevole È Il Cuore Più Di Ogni Cosa. Non pare essersi discostata troppo: c'era lì l'eccesso fisico, la carne, il disfacimento, che qui mancano, ma si mantiene il disinteresse dei genitori, nella ricerca di farsi una nuova vita, per questa bambina non tanto “incompresa” quanto proprio “ignorata”. La giustificazione: lei ha una figlia precedente, lui ha una figlia precedente. Ad Aria non resta che il gatto, ovviamente nero, e l'amica, che presto la tradirà, perché «bambina normale». Paradossalmente funzionano meglio le sequenze dell'infanzia: le spensierate ricerche di gente a cui si è rubata la posta, la conoscenza dei freak per strada, le feste in casa (quando non sfociano nell'apocalisse), grazie soprattutto a un cast quasi eccezionale: Giulia Salerno su tutte, giustamente protagonista con quegli occhi e quei capelli e quell'incarnato che coronano la tavolozza di colori che ogni scena assume: colori vivi, accesi, marci, brillanti, una fotografia ben virata, l'aspetto senza dubbio migliore della pellicola insieme ai costumi. Complice forse l'accento nella parlata italiana, Charlotte Gainsbourg è un po' sottotono. Le si addice il ruolo di madre che cambia un fidanzato al mese, che è andata «anche con donne, con nani», che ci fa pensare al recente Nymphomaniac, ma quanto è credibile una genitrice vittima di tutti questi sbalzi d'umore, di tutti questi giri di vento, ora indi-fissata, ora stella del rock alla deriva, che costringe la bambina prima a mangiare in camera e poi la stringe al petto come se niente fosse? Eppure, il dolore latente della storia, parrebbe essere quello dell'autrice, figlia d'arte e apparentemente lasciata a dormire in strada, ogni tanto. Purtroppo, a metà il film ha finito di dire quello che deve, tutto è chiaro e si fa solo opera di esorcismo – e se si fosse scelto un incipit meno estremo, forse, sarebbe stata la sufficienza.

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