domenica 23 settembre 2012

Venezia 69: Rama Burshtein.



La Sposa Promessa
Lemale Et Ha'Chalal, 2012, Israele, 90 minuti
Regia: Rama Burshtein
Sceneggiatura originale: Rama Burshtein
Cast: Hadas Yaron, Hilda Feldman, Yiftach Klein, Renana Raz,
Ido Samuel, Irit Sheleg, Chaim Sharie
Voto: 6.6/ 10
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Venezia 69
Miglior attrice: Hadas Yaron
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Che locandina meravigliosa, eh? Quasi come la scena d'apertura: una ragazza e una signora, che poi scopriremo essere madre e figlia, in agitata attesa, sono al supermercato e si guardano intorno, scrutano, cercano, poi squilla il telefono, ricevono un'indicazione e vanno. E vedono. Se ne sta, vicino al banco frigo, un ometto, che a prima vista non si riesce a non ridere, per noi occidentali: rabbino con boccoli laterali e barba asimmetrica e cappella nera in testa. La ragazza quasi sorride, la madre pure, e se ne tornano a casa.
Si capisce, poi, che questo fanciullo che hanno spiato con attenzione potrebbe essere il futuro promesso sposo della donzella, che si chiama Shira e ha diciott'anni e un sacco di bei vestiti con femminei decori. Sarebbe, per lei, il primo coetaneo che le viene proposto. La regola del matrimonio, e del fidanzamento prima, prevedono adesso che i due si vedano, che si parlino, che poi decidano. Ma non c'è tempo, perché la sorella di Shira sta per partorire un maschio e le cose da fare sono molte; sono anche il doppio, poi, quando muore e lascia il bambino orfano e il marito vedovo. La famiglia di Shira interviene in soccorso al malcapitato dal nome Yochai, a cui viene consigliato di cercare un'altra moglie. La scelta potrebbe cadere su un'esterna al cerchio familiare, ma se poi questa prende marito e figliastro e se ne va in Belgio, da dove è venuta? La madre di Shira si preoccupa, e inizia a meditare: perché non Shira stessa? Alla ragazza, allora, verrà proposto e riproposto ma lei non sarà proprio convinta. Lui pare starci, il rabbino forse anche, ma il vuoto da riempire del titolo è troppo grande, troppe pretese, troppe aspettative, troppa rivalità con la pretendente. La scelta si fa da sola, alla fine, e da qui ne deriva l'immagine della locandina.
Con piccole incursioni di religiose richieste che mi hanno ricordato Il Padrino, quando una volta nella vita si può andare a chiedere un favore al pappone del paesotto, e il favore può anche essere un consiglio su un forno da comprare (momento geniale). Le pecche del film però sono due, e sono grosse: la più grande, è che oltre a questo tema, e a questa preoccupazione generale, nel film non c'è altro: non si mangia, non si beve, non si balla, non si suda, non si ride, non si pulisce la casa, niente. Tutto il santo tempo questi personaggi sono là ad arrovellarsi su questo matrimonio da fare, sulla futura sposa, su un altro pretendente, sul marito, sulla moglie. Non c'è altro pensiero al mondo. E la seconda pecca riguarda la fotografia; belli i fuochi e soprattutto i fuori fuoco, ma quanta luce, per la Madonna!, pare di essere in una soap argentina, tutta brillante, tutta luminosa, tutta raggiante, abbagliante, tendente al bianco.
La protagonista Hadas Yaron è quasi un'esordiente come la regista Rama Burshtein che è un'esordiente totale e dall'Israele con furore si aggiudica la Coppa Volpi per l'interpretazione femminile a primo festival. Cosa bizzarra, dato che ha la stessa identica faccia dalla prima all'ultima scena, fatta eccezione per un piantino finale.
Io questi giurati non li capisco proprio.

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