mercoledì 10 dicembre 2014

il film argentino.



Storie Pazzesche
Relatos Salvajes, 2014, Argentina/ Spagna, 122 minuti
Regia: Damián Szifrón
Sceneggiatura originale: Damián Szifrón
Cast: Liliana Ackerman, Luis Manuel Altamirano García,
Alejandro Angelini, Damián Benítez, Cristina Blanco, Gustavo Bonfigli,
César Bordón, Pablo Bricker, María Laura Caccamo
Voto: 8.2/ 10
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Estromesso dagli Oscar (e più o meno giustamente) da ormai otto anni, dopo che Volver (assolutamente ingiustamente) non fu neanche nominato al Miglior Film Straniero, Pedro Almodóvar ci riprova come produttore, e celebratissimo capofila del suo El Deseo, suo e di suo fratello, passa prima da Cannes e poi ritorna all'Academy con un film non spagnolo ma argentino (tiè!), un film a episodi come non se ne vedevano da anni, un film che pare gli sia stato cucito pressoché addosso – aggiungendoci una punta di virilità. Si chiama Relatos Salvajes perché gli episodi di cui prima (relatos) sono appunto selvaggi, non a caso in inglese è stato tradotto con wild, a differenza del nostro italiano pazzesche che non rende l'idea. Sono selvaggi i titoli di testa e i comportamenti di questi esseri umani, fotografati nei momenti in cui si perde il controllo, la calma, la razionalità, la pazienza: c'è un aereo in cui tutti sono legati da un unico grado di separazione che è anche il comandante di cabina ricordando la situazione sui generis de Gli Amanti Passeggeri; una cameriera dal passato un po' critico con una cuoca dal passato criticissimo che stabiliscono la giusta punizione al loro unico cliente in una sera di pioggia; un abbiente guidatore che sorpassa in malo modo un burino, insultandolo più volte, e poi ritrovandoselo di fianco quando dovrà cambiare la ruota: questo è l'episodio dalla costruzione più asciutta, sarà forse per l'azione e la tensione, ma non fa calare mai la tensione; un triste e monotono lavoratore che vede la propria auto trainata dal carro attrezzi e la propria moglie chiedere il divorzio mentre le istituzioni sembrano fare di tutto per estorcergli denaro, beffeggiandosi della sua condizione; un tamponamento con due vittime e l'assassino fuggito che deve essere coperto dalla famiglia e soprattutto dall'avvocato disposti a tutto pur di mantenere la facciata aristocratica intatta; una coppia di novelli sposi che trasforma la festa di nozze in un ring quando viene a galla un tradimento e uno zampino troppo premuroso della suocera – e questo è invece l'episodio più grottesco e forse meglio riuscito, per quanto sia pazzesco più pazzesco degli altri, ma brilla d'ironia continua nel disagio del momento e presenta due personaggi ben fatti tra tanti. Eppure davanti ai film a episodi si è sempre scettici, nonostante la tradizione italiana ne sia piena (mi vengono in mente Boccaccio '70 o L'amore In Città, per citare qualche titolo d'autore, ma forse è a I Mostri che questo assomiglia di più, indagando sui diversi costumi sociali), e c'è sempre quel desiderio infimo che alla fine si scopra che le parti siano tutte collegate tra loro, a partire da quell'aereo primario che era corale, davanti al quale ogni spettatore in sala ha riso. Spoiler: non lo sono. «Un film che pare gli sia stato cucito addosso», dicevo, riferendomi ad Almodóvar, perché con la solita scioltezza a cui ci ha abituati passa dal grottesco più estremo alla serietà, al dramma e al comico senza mai sfiorare il mélo ed essendo sempre credibile, continuando a raccontare. La lotta tra i due autisti nelle strade sterrate delle periferie argentine è assurda, forse inverosimile, e si conclude in un modo in-credibile, eppure non c'è verso di farci staccare gli occhi dallo schermo. Per questo, e per la buona accoglienza a Cannes 2014, è il film che rappresenta l'Argentina a questi Oscar (e Golden Globes). Argentina che vinse nel 2009 la statuetta, seconda volta dal 1961, ricevendola proprio da Almodóvar che presentava quel premio (immeritatissimo). Porterà fortuna?

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