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domenica 17 maggio 2015

David di Donatello - candidati.



Annunciate dall'Accademia del Cinema Italiano le candidature ai più importanti premi cinematografici nostrani giunti oggi alla 59esima edizione, i premi David di Donatello. Una vergogna: di una lunghissima lista sono stati presi una manciata di titoli e replicati in ogni cinquina senza cognizione di causa, a partire dal capofila Anime Nere, 16 candidature per il terzo lungometraggio di Francesco Munzi, già nominato al David all'esordio Saimir, che conta anche un posto per Barbara Bobulova come attrice non protagonista, unica a parlare in italiano – seguito subito dopo da Il Giovane Favoloso di Mario Martone, vincitore con Noi Credevamo quattro anni fa, 14 nominations che ci aspettavamo (scene, costumi, che se la devono vedere con Maraviglioso Boccaccio; la magnifica musica di Apparat) a cominciare dalla sacrosanta performance di Elio Germano, attore senza rivali nonostante in gara contro i previsti Marco Giallini, Riccardo Scamarcio e Alessandro Gassmann. Quest'ultimo ritrova tutto il cast de Il Nome Del Figlio fra i nominati, Scamarcio soltanto la compare Jasmine Trinca per Nessuno Si Salva Da Solo. Sul versante femminile il disastro: causa morte, nomination d'obbligo per Virna Lisi come protagonista in un film senza protagonisti e di cui ogni attrice meritava la considerazione; Paola Cortellesi ci piace sempre tanto ma all'Accademia ancora di più, seconda nomination di fila dopo Sotto Una Buona Stella scorso (vinse nel 2011, per Nessuno Mi Può Giudicare), Margherita Buy era ovvia ma dovrebbe essere Alba Rohrwacher a trionfare, con Hungry Hearts del compagno Saverio Costanzo – 7 nomine –  anche se quella di Vergine Giurata è la sua performance più riuscita; una sola candidatura per Laura Bispuri: regista esordiente contro il comedy Se Dio Vuole e il non-film N-Capace. Niente Short Skin, niente The Repairman: c'è Cloro, l'intenso dramma di una nuotatrice schiacciata dai problemi familiari, e a sorpresa il minuscolo Banana. Accanto alle 10 nominations di Mia Madre, appena proiettato a Cannes, tra cui quella giustissima per Giulia Lazzarini e quella un po' regalata a Nanni Moretti, Torneranno I Prati chiude il ciclo degli eterni candidati – ultimo film di Ermanno Olmi che promette sempre di essere giunto all'ultimo film (8 candidature); 7 invece per la commedia dell'anno Noi E La Giulia che addirittura fa doppietta di attori non protagonisti rubando ciò che spetterebbe a Kim Rossi Stuart e concorre al David Giovani che però, in quanto tale, potrebbe preferire Il Ragazzo Invisibile di Salvatores (10). Più vergognosa di ogni altra cosa è l'assenza de Le Meraviglie, colpevole di essere uscito ormai un anno fa, candidato solo alla produzione: Gran Premio a Cannes scorso, è in assoluto il miglior film italiano dell'anno. Invece i candidati secondo l'Accademia sono:

miglior film
Anime Nere di Francesco Munzi
Hungry Hearts di Saverio Costanzo
Il Giovane Favoloso di Mario Martone
Mia Madre di Nanni Moretti
Torneranno I Prati di Ermanno Olmi

migliore regista
Francesco Munzi per Anime Nere
Saverio Costanzo per Hungry Hearts
Mario Martone per Il Giovane Favoloso
Nanni Moretti per Mia Madre
Ermanno Olmi per Torneranno I Prati


giovedì 30 aprile 2015

David di Donatello 2015 - in concorso.



Art. 6, si legge: non possono assegnarsi premi ad attori italiani e stranieri doppiati in film italiani; Adam Driver quindi deve abbandonare le speranze (…) di vincere il David di Donatello 2015 per la migliore interpretazione maschile in Hungry Hearts di Saverio Costanzo, dopo aver vinto la Coppa Volpi a Venezia 71 per lo stesso ruolo; al contrario potrebbe incrociare le dita la sua compagna (sul set) Alba Rohrwacher, pure Coppa Volpi, che di David ne ha già due (Giorni E Nuvole, 2008: non protagonista; Il Papà Di Giovanna, 2009: protagonista; e altre due nominations), ma nell'Art. 7 del regolamento dei giurati del premio si legge: nel caso si venga candidati per più di un film, si entra in cinquina solo con il film per il quale si è ottenuto il maggior numero di voti. L'interpretazione americana, quindi, potrebbe essere calpestata da quella albanese di Vergine Giurata, dove il protagonismo è assoluto e la performance camaleontica: le spettatrici albanesi della prima hanno ammesso di non aver notato l'accento italiano nel dialetto gheg della Rohrwacher, burrnesh in un villaggio montuoso ai confini col Kosovo che rinuncia alla propria identità per poter essere riconosciuta socialmente, col nome di Mark. Laura Bispuri, autrice dell'opera, potrebbe (dovrebbe!) rientrare nella cinquina dei migliori esordi (insieme a Short Skin di Duccio Chiarini e The Repairman di Paolo Mitton, ci auguriamo – e al campioncino di incassi Se Dio Vuole, ci aspettiamo) ma non nella categoria più succosa: sempre all'Art. 6: il miglior regista esordiente non può essere votato anche come migliore regista. Ad ogni modo, se la devono vedere tutti col mostro sacro Nanni Moretti, furbescamente uscito in sala sfiorando la conclusione delle votazioni (mentre Sorrentino e Garrone, in concorso a Cannes con lui, vengono spediti all'anno prossimo); Mia Madre, oltre ad odorare di Miglior Film, ha due intense performances delle navigate Margherita Buy protagonista e di Giulia Lazzarini non protagonista. Eppure questo è l'anno degli esordienti: non solo dietro alla macchina da presa ma anche davanti. Sacrosante sarebbero le candidature di Giulia Salerno per Incompresa (vista anche con meno spessore ne Il Nome Del Figlio, dove però il resto del cast splende), Maria Alexandra Lungu e Agnese Graziani, Gelsomina e Marinella, due delle quattro sorelle ne Le Meraviglie della Rohrwacher jr., Alice; lo ammettiamo: è questo il film per cui facciamo il tifo – già un Nastro d'Argento Speciale alla regista, alla seconda opera dopo Corpo Celeste, e il Gran Premio Speciale della Giuria di Cannes 2014. Ma il versante femminile si riempie anche delle numerose interpreti di Latin Lover della Comencini, tra cui la compianta Virna Lisi cui arriverà, probabilmente, la solita nomination postuma: ebbe due David, nell'80 e nell'83, per La Cicala e il discutibile Sapore Di Mare; non lo ricevette per La Regina Margot, che le valse la Palma a Cannes e il César, e fu premiata due volte alla carriera: nel '96 e nel 2009. Senza dimenticare la straziata Ambra Angiolini del dubbioso La Scelta e l'algida Micaela Ramazzotti del dubitante Ho Ucciso Napoleone. Il versante maschile invece, sempre meno interessante, conta sul pluricandidato Marco Giallini e sul vincitore (per Caos Calmo; un'unica altra nomination) Alessandro Gassmann alla sua rinascita cinematografica – ma è Elio Germano a farci ben sperare, per il suo Leopardi a testa in giù ne Il Giovane Favoloso di Mario Martone (regista del Miglior Film Noi Credevamo), che farà incetta di nominations tecniche e artistiche dividendosele con Maraviglioso Boccaccio dei Taviani, di cui Kim Rossi Stuart è interprete di supporto senza rivali. Di seguito l'elenco di tutti i film in gara per ottenere le candidature – a pochi giorni dal limite ultimo perché la pellicola esca in sala, nonostante Diario Di Un Maniaco Perbene sia programmato per maggio; il sito ufficiale li riporta in un ordine alfabetico che tiene conto dell'articolo, e noi ci atteniamo all'originale iniziativa; con l'asterisco prima del nomesogno segnalati i registi esordienti.

sabato 21 marzo 2015

neve casomai.



Vergine Giurata
id., 2015, Italia/ Albania/ Svizzera/ Germania, 90 minuti
Regia: Laura Bispuri
Sceneggiatura non originale: Laura Bispuri & Francesca Manieri
Basata sul romanzo omonimo di Elvira Dones (Feltrinelli)
Cast: Alba Rohrwacher, Emily Ferratello, Lars Eidinger,
Flonja Kodheli, Luan Jaha, Bruno Shllaku, Ilire Vinca Celaj
Voto: 8/ 10
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Esiste un luogo, sui monti albanesi del nord, intorno al confine col Kosovo, dove essere donna significa essere «un'otre che deve sopportare», dove se sei femmina non puoi sparare col fucile (eppure è pratica comune), non puoi cavalcare, non puoi addirittura uscire da casa e parlare. Se sei nato maschio, un colpo di pistola tirato all'aria ha avvisato le case del villaggio; se sei nata femmina non c'è stato niente da festeggiare. E se ti sposerai, un giorno, promessa a qualcuno che certamente non hai scelto, dovrai fare la strada sull'asino completamente velata, quasi bendata, per non conoscere la via del ritorno. Così, sotto le dure leggi del Kanun, Hana viene ritrovata, orfana, da una famiglia che se ne prende il carico, già genitori di Lila, una ragazzina a lei coetanea. Ma il codice arcaico sta stretto a entrambe: Lila si rifiuta di sposare l'uomo che le viene promesso, e scapperà verso l'Italia del nord col suo vero amore, mentre Hana devota al padre che le ha ridato vita, metabolizzerà la sua non accettazione del codice diventando una vergine giurata, una casta e pura femmina che rinuncia alla sua identità per reincarnarsi nelle fattezze (sociali) di maschio: col nome di Mark può adesso sparare col fucile, cavalcare, uscire da casa e parlare. Le due non-sorelle si ritroveranno, anni dopo, lontane da quella terra, in un miscuglio di lingue e di identità di genere; Lila, sposata, ha una figlia adolescente, che come tutte le adolescenti non ha filtri verso la madre – né ne avrà verso Mark, in cui subito scopre una donna, domandandosene il passato. Anche se la complicità fra le due, fra Hana/ Mark e Jonida, è appena accennata, è la chiave essenziale di tutto il film: spetta a loro due, nel sottofinale, il piccolo dialogo sull'accettazione di se stessi – la prima in apnea da tutta la vita perché incapace di respirare per polmoni propri, la seconda sott'acqua, nel nuoto sincronizzato della piscina in cui ai corpi nudi si somma quello vestito di Hana, fasciato dal seno – Jonida che vede esplodere la sua pubertà a partire da modelli ostentati, fatti di make-up e lingerie. Della piscina è anche figlio il personaggio di Bernard, cui spetta un'iniziazione sessuale: nel romanzo di partenza Vergine Giurata di Elvira Dones è invece un intellettuale, lettore di poesie, corda stonata secondo la regista Laura Bispuri perché Hana ha bisogno di un ragazzo di bassa lega, per confrontarsi. Al primo lungometraggio di finzione, scritto in italiano poi tradotto in albanese poi adattato sul set, la Bispuri ha la mano ferma e la professionalità organizzativa di chi ha già lavorato tanto, autrice di tre cortometraggi (Passing Time vincitore del David e Biondina del Nastro d'Argento) in cui il percorso di liberazione passa sempre attraverso il corpo, la fisicità dei personaggi, mentre la telecamera si muove documentaristicamente seguendo anche a lungo gli interpreti, à la Dardenne. Ha dovuto bazzicare per due anni i set albanesi, impossibili da raggiungere con automobili, complicati da gestire nelle messe in scene soprattutto per rispettare le tradizioni dei villeggianti, al fine di instaurare una relazione – soprattutto di fiducia – con gli abitanti del luogo. Le sequenze italiane, girate a Bolzano, dovevano però nascondere, celare le montagne da cui si scappava, rendere la città «una qualunque provincia del Nord», e da qui la piscina, elemento ormai comune della sua cinematografia. In questi spazi si cala il camaleonte Alba Rohrwacher, spaventatissima dall'essere italiana, unica italiana del cast, italiana a interpretare un'albanese, con una settimana per imparare il dialetto gheg, suoni indecifrabili per noi (ma pronunciati perfettamente, a detta degli albanesi presenti alla prima milanese: «ho lavorato due ore al giorno per un po' e poi una mattina mi sono svegliata ed è stato un miracolo»), donna a interpretare una donna che interpreta un uomo, il bacino in avanti, le spalle piegate: passata quest'anno da Cannes con un film (Premio della Giuria) recitato in italiano, tedesco e francese, poi da Venezia con una pellicola girata in americano (Coppa Volpi) adesso da Berlino dove si presenta in albanese e, annuncio, al Tribeca con lo stesso: Alba è finalmente l'attrice che scardina il physique della Bellucci verso una dote interpretativa che ci rende orgogliosi di essere rappresentati all'estero, come rende orgogliosi un film, unico italiano alla Berlinale, dal linguaggio universale e dalla costruzione matura, seppure esordiente.