sabato 26 gennaio 2013

Анна Каренина.



Anna Karenina
id., 2012, UK, 129 minuti
Regia: Joe Wright
Sceneggiatura non originale: Tom Stoppard
Basata sul romanzo Anna Karenina di Lev Tolstoj
Cast: Keira Knightley, Aaron Taylor-Johnson, Jude Law,
Domhnall Gleeson, Alicia Vikander, Olivia Williams, Emily Watson
Voto: 9/ 10
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Candidato a 4 Premi Oscar:
colonna sonora originale, fotografia, scenografia, costumi
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“Tutte le famiglie felici sono più o meno diverse tra loro” esordisce persino Vladimir Nabokov in Ada O Ardore (Adelphi, 2000) a dimostrazione di come la fama di quel suo compatriota romanzo sia mondiale e intramontabile, già portato al cinema tredici volte (due volte, una muta e una sonora, con Greta Garbo) e altrettante in TV, e tutte le volte a ripetere che «è meglio il libro», che «è sempre meglio il libro». E così per quest'ennesima trasposizione di cui non sentivamo assolutamente il bisogno, che tanto finisce pure 'sta volta che è meglio il libro, Joe Wright, il regista di Espiazione e Orgoglio E Pregiudizio (uno a cui, come alla Knightley, piace insomma ri-leggere cose antiche, e non mi sorprenderebbe scoprire che la prossima collaborazione sarà per Madame Bovary) – e attenzione, il manifesto non riporta i flop Hanna e Il Solista – fa ciò che nessuno, purtroppo, fa mai: interpreta. Rinnova. Cambia. S'ingegna. E come si vede dal manifesto, come si vede dalla prima, apparentemente banale, scena, infila tutto in un teatro. Tutta Mosca è nel teatro. Tutta San Pietroburgo. E quando uno se ne va da San Pietroburgo, se ne va dal teatro. E con l'incipit capiamo tutto: capiamo che le scenografie saranno meglio di quelle di Ferretti & Lo Schiavo per Hugo Cabret, capiamo che l'ennesima colonna sonora classicheggiante del nostro Dario Mrianelli è bella più delle precedenti, capiamo che questa volta, a differenza dei precedenti, ci sarà un gusto estetico diverso, poetico nel muovere la telecamera, nell'incastrare gli elementi e i personaggi in questo teatrino delle marionette in cui riesce a starci, addirittura, il treno intero, addirittura l'ippodromo, l'opera, il teatro dove Anna (la Keira Knightley che ormai non vediamo in jeans da diec'anni) ama far vita mondana a discapito della reputazione del marito Jude Law, barbuto e con gli angoli della bocca sempre in giù, ma tanto buono, tanto caro.
La storia, ci è nota (immagino) (spero): moglie regale con figlio, Anna Arkadievitch Karenina parte tra la neve per raggiungere la sorella che questa volta, ha deciso, lascerà il marito dopo l'ennesimo tradimento. La convince ancora una volta a non demordere, a tenere saldo il legame, perché l'amore vince sovrano anche su queste minuzie. E si imbatte, prima in treno e poi a un ballo al quale aveva deciso di non partecipare, in quello che potrebbe essere il futuro marito di sua cugina Kitty, giovane e bionda e inglese ma che abbiamo visto nel candidato all'Oscar A Royal Affair (Alicia Vikander). Scena magistrale: il ridicolo ballo del tempo incanta tutti i presenti lasciando Anna e Andrej da soli, al centro della sala, sotto lo sguardo in realtà di tutti, mentre la telecamera gira, gira, e conduce ancora una volta a un treno, in fuga da una tentazione che però correrà poco dopo a cavallo. Lo scandalo è dietro l'angolo e il danno è praticamente fatto, ché tra un pacato e barbuto Jude Law e un giovane e biondo Aaron Johnson (che qui prende anche il cognome della compagna e regista Sam Taylor, 46enne) (lui ha 22 anni) non c'è paragone: si ameranno un po' con sensi di colpa un po' senza, un po' all'aperto un po' al chiuso, ricordando sempre che “l'aperto” e “il chiuso” sono sempre dentro a questo teatro, in cui per guardare i fuochi d'artificio occorre aprire il tetto.
Compaiono, due volte a testa, in due piccoli camei, due regine della recitazione inglese, che sempre meno si concedono alle sale e alle telecamere se non per ruoli sporadici (una in realtà è adesso al cinema col tremendo A Royal Weekend): Emily Watson la “pazza delle campane” de Le Onde Del Destino che pregava Dio e si rispondeva e poi Olivia Williams, la first-lady ne L'uomo Nell'ombra e professoressa accondiscendente in An Education.
Certo, è presto per parlare, come hanno fatto regista e attrice, di «messa in discussione del film in costume», perché un film in costume in realtà questo è, un po' claustrofobico, estremamente minuzioso negli accessori e nelle ricostruzioni e soprattutto nei meravigliosi (appunto) costumi: niente a che fare con Dogville, perché anche il teatro è qui artisticamente dignitoso e se ne occupa tanto il palco quanto la platea. E per quanto la prima parte sia affrontata con molta più poesia della seconda, che verte tutta sulla presunzione e quasi ingenuità di Anna e i suoi tormenti, arriva la scena finale che ci rinnova l'emozione provata in principio: la più bella scena di chiusura degli ultimi tempi, che sottolinea come tutto ciò che abbiamo visto sia fittizio (ma lo fa diversamente da Persona), e i nostri sentimenti verso i personaggi sono destinati a morire.

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