martedì 6 maggio 2014

Mary P.



Alla Ricerca Di Vivian Maier
Finding Vivian Maier, 2013, USA, 83 minuti
Regia: John Maloof & Charlie Siskel
Sceneggiatura originale: John Maloof & Charlie Siskel
Cast: John Maloof, Mary Ellen Mark, Phil Donahue
Voto: 8.2/ 10
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C'era una volta John Maloof che non era un regista né uno sceneggiatore: preparava la sua tesi di Storia e si recava ai mercatini e alle aste per comprare materiale fotografico degli anni '50. Si aggiudicò, per circa trecento dollari, una scatola piena di negativi e chiese: di chi sono le foto?, «Viviam Maier» gli risposero, e non gli sapevano dire altro. Lui cercò su Google, nessun risultato. Mise le foto nell'armadio, fino a quando lo scheletro non ricomparve e lui tornò sul web: questa volta trovò un necrologio. Andò sul luogo del decesso a chiedere informazioni su questa fotografa, i cui scatti gli apparivano buoni, almeno decenti, ma non aveva le competenze per criticare. I proprietari della casa dove la donna morì gli diedero libero accesso a tutte le sue cose, che lui raccolse e portò nell'appartamento. Accumuli e raccolte maniacali di biglietti di mezzi pubblici, giornali, articoli, cianfrusaglie, e poi rullini su rullini, negativi, la macchina fotografica originale e materiale mai sviluppato. Diventato un dovere morale, John si mise a indagare sulla vita di questa donna, cercarne la famiglia finendo in Francia, la provenienza, i conoscenti – ma tutto attraverso le foto, niente tramite gli sportelli burocratici. Faceva, venne fuori, la bambinaia, non la fotografa. Era tata e lo era stata in varie case. Un po' eccentrica, coi vestiti «che sarebbero stati di moda negli anni '30», grandi cappotti e braccia dondolanti e poi sempre la macchina fotografica al collo. Più di cinquecentomila immagini mai sviluppate – ma allora, perché lo faceva?, perché fotografare, e fotografare con arte, e poi tenere nascosto il proprio lavoro? Ed è giusto quello che John sta facendo adesso, e cioè spingere le gallerie a esporla, gli editori a inserirla nei cataloghi, le istituzioni a riconoscerla come pezzo di Storia della Fotografia? Gli uomini e le donne che da lei sono stati cresciuti hanno pareri discordanti, le poche amiche o conoscenti dell'epoca raccontano aneddoti del suo modo di vivere, delle sue bizzarre scampagnate; è il ritratto di una Mary Poppins meno censurata, non una favola: una donna che porta i bambini al mattatoio e di nascosto, con obiettivo a pozzetto, fotografa le situazioni e i personaggi che popolano la città: i poveri, i freak, i bambini tristi, quelli felici, i jeans sporchi di fango, il suo riflesso nelle pareti lucide, negli specchi. Registrava anche dei nastri audio che sostituivano il più tradizionale diario. Traslocare nelle nuove case per lavoro richiedeva parti sgombre dentro ai garage per tutta la sua roba – è anche, questo, il ritratto di una donna malata, sola, disperatamente chiusa in se stessa. È un ritratto in cui non si può intervenire perché ormai è troppo tardi, questa donna se n'è già andata e molte risposte non le avremo mai. Ma ci restano un'infinità di foto, che stanno girando per l'America e per l'Europa, in gallerie e musei, foto di una bellezza, di una cura tecnica e un'abilità temporale pazzesche, uniche. Non sappiamo quanto le sarebbe piaciuto vedere il suo nome, il suo lavoro, a volte il lavoro che lei non ha nemmeno mai visto, così, di dominio pubblico. Ma John Maloof (che in questo documentario pecca un po' di manie di protagonismo) porta avanti la sua battaglia affinché sia ancora più pubblico. E come si può dargli torto.

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