mercoledì 22 aprile 2015

Gesù era circonciso?



Short Skin
id., 2014, Italia/ Iran/ UK, 83 minuti
Regia: Duccio Chiarini
Sceneggiatura originale: Duccio Chiarini, Ottavia Madeddu,
Marco Pettenello e Miroslav Mandic
Cast: Matteo Creatini, Francesca Agostini, Nicola Nocchi,
Mirianna Raschillà, Bianca Ceravolo, Bianca Nappi,
Francesco Acquaroli, Crisula Stafida, Anna Ferzetti
Voto: 8.4/ 10
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Edorardo ha diciassette anni quando nella consueta villeggiatura sul lungomare pisano l'amico Arturo decreta: quest'estate si tromba. Perché molti compagni di classe l'hanno già fatto e perché se non lo si fa in estate, quando? E così è tutto un premeditare accoppiamenti in tenda, abbordare turiste in spiaggia, scambiare numeri e provarci (senza troppi preamboli) tra il mare e la barca (ma c'è ancora l'ex di mezzo!), mentre Edo, a spalle curve, involontariamente rimorchia e poi si frena, memore del gravoso problema che gli pesa: la fimosi: la pelle del prepuzio troppo corta, come suggerisce il titolo, e il conseguente dolore nel far uscire il glande, sia da soli che in compagnia. Tenendo i genitori all'oscuro, visita un medico che gli prescrive una pomata e la masturbazione cadenzata, se non l'utilizzo del membro, visto che dell'operazione non ne vuole sapere, conscio delle immagini trovate su Google e dei racconti di guaiti dei conoscenti circoncisi – ma dato che con l'altro sesso proprio non ci si riesce, il rimedio sarà un polipo. Intanto a casa: la sorella del sesso parla solo se è quello che bisogna far fare al cane Tiga, nei momenti in cui non si adopera nell'arte parrucchiera; il padre lo spinge a provarci con la coetanea vicina di cui è segretamente (fino a un certo punto) innamorato da sempre, Bianca; la madre toccherà vette d'isterismo scoprendo gli scheletri negli armadi comuni. La domanda è annosa: bisogna aspettare l'amore che si aspetta da tutta una vita o ci si può “accontentare” di una dolce e coinvolta ragazza appena incontrata? Questa, tra l'altro, risponde al nome di Marianna Raschillà: nessun «dove l'ho vista», «dove l'ho sentita» per lei causa adolescenza ma a scorrere l'album di famiglia ce la si ricorda in un'altra opera prima da recuperare, Cosmonauta. Duccio Chiarini, da diec'anni su questo progetto, racconta ricordi e luoghi che conosce a menadito e si vede: non c'è una sbavatura. Per una volta, in un film “di formazione” i ragazzi parlano (quasi) esclusivamente il linguaggio dei ragazzi, e non quello che gli adulti suppongono parlino, coi problemi dei ragazzi e le apparenti inutili sfaccettature da cui scaturiscono «capacità affettive superiori alla media». Fra i tre vincitori della Biennale College, il film è stato sviluppato prima e finanziato poi nell'ambito del laboratorio del Festival di Venezia, dove è stato presentato in autunno prima di passare anche per Berlino: una storia che trasporta dalla spiaggia allo schermo la normalità più banale, più autenticamente quotidiana, ma che parla una lingua universale, comprensibile da tutti – eredità della London Film School che il regista ha frequentato: un tema che necessita una serie di parol(acc)e da dire, di nudità da mostrare, tutto trattato con un garbo insolito per il (nostro) cinema: niente di volgare o imbarazzante anzi ci si diverte con intelligenza. Inevitabile il paragone con Virzì: per l'ambientazione toscana e per le vicende del protagonista che condivide nome e dolori con l'Edoardo di Ovosodo – ma Pisa ha la meglio anche perché spinta da un altro film ancora in sala, Fino A Qui Tutto Bene, che analizza lo step successivo a questo, all'uscire dal liceo verso l'università. In comune c'è la sceneggiatrice Ottavia Madeddu e una penetrazione “naturista”, potremmo dire – alimentare – che ricorda il penetrato & mangiato di Stella Cadente. Tre mesi di ricerca fra le scuole di teatro di Milano e Roma e poi in tutta la Toscana per il volto di Edo: Matteo Creatini, quaranta chili appena, selezionato per la parte di Arturo, elevato poi a protagonista: audace come la pellicola intera, a suo agio, non poteva essere rimpiazzato da physique migliore, capofila di una schiera di interpreti imperfetti fisicamente, non oggettivamente appetibili, né stereotipati, finti, ma reali, che completano alla perfezione il puzzle di elementi tutti azzeccati di questo gioiello.

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