lunedì 6 aprile 2015

guardami.



Third Person
id., 2013, Belgio/ USA/ Francia/ UK/ Germania, 137 minuti
Regia: Paul Haggis
Sceneggiatura originale: Paul Haggis
Cast: Liam Neeson, Olivia Wilde, Adrien Brody, Mila Kunis,
James Franco, Maria Bello, Kim Basinger, Loan Chabanol,
Katy Louise Sounders, Oliver Crouch, Riccardo Scamarcio,
Vinicio Marchioni, Moran Atias, Vincent Riotta
Voto: 4.7/ 10
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Premio Pulitzer (per il giornalismo), Liam Neeson praticamente abita in una camera d'albergo parigina, nella penombra, a combattere col demone del secondo romanzo – dopo che il primo, decretato «audace», «corposo», aveva scatenato le gioie e i contratti del suo primo editore. A distrarlo per il gioco delle parti arriva(no le mascelle di) Olivia Wilde, audace e corposa nei suoi costosi abitini, giornalista di moda e/ o gossip, anch'ella in combutta con un manoscritto che sa già essere bellissimo. Reputazione da mantenere, non si fanno (quasi mai) vedere insieme: tant'è che lui le paga il biglietto aereo per la Francia con le miglia e lei prende una camera nello stesso albergo ma al piano di sotto. Giocano a stuzzicarsi, farsi i dispetti, insultarsi non si sa mai fino a che punto – ma poi la tenerezza ha sempre la meglio. Anche se: lui è sposato, con Kim Basinger (due scene in tutto), distrutta da un dolore passato ma non troppo, legato alla piscina. Come Maria Bello, avvocato newyorkese che non riesce a tuffarsi; annega i dispiaceri allora nel caso legale di Mila Kunis, cui dovrebbe essere legata anche da parentela perché il caso, sottolinea più volte, non l'avrebbe accettato – la quale ha fatto non si capisce bene cosa a un bambino, probabilmente suo figlio, suo e di James Franco (quattro scene in tutto), artista celebre dell'action painting con una casa dall'ascensore interno e una fidanzata sempre accondiscendente. A differenza della Kunis, sola e squattrinata, con una soap opera alle spalle e adesso il mestiere di cameriera d'albergo – ma a New York, non a Parigi! Intanto a Roma Adrien Brody, truffatore di figurini d'autore per ricalcarne abiti falsi a buon mercato, italofobico ma costretto nella capitale, beve birra calda in pieno pomeriggio nel “ristorante” del burino Riccardo Scamarcio, che in base alla clientela chiede i soldi prima di versare, come nel caso di Moran Atias, bella gitana sbadata, che lascia per terra una borsa con dentro cinquemila euro. Colpo di fulmine: e Brody è disposto a chiedere un prestito (alla Banca di Foggia) (…) di venticinquemila perché la mezza sconosciuta fatale riprenda sua figlia dalle grinfie del tatuato Vinicio Marchioni. Già candidato all'Oscar per la sceneggiatura di Million Dollar Baby, lo scrittore Paul Haggis s'improvvisò anche regista l'anno dopo e con Crash fece il botto, portandosi a casa due statuette (più quella al montaggio), una delle quali rubata al super-favorito Brokeback Mountain – e si aprì per lui un sentiero spianato di aspettative che, diciamo, non deluse negli anni successivi con Nella Valle Di Elah (2007) e The Next Three Days (2010). Third Person esce da noi con due anni di ritardo: risale al 2013; non fa riferimento certo al Terzo Uomo di Reed – in effetti non si capisce a cosa faccia riferimento; utilizza un titolo che vuole ricalcare proprio quel primo Crash, ribaltando il gioco degli intrecci verso il puro sentimento: i personaggi sono tutti, come al solito, persone sole con dietro dolori, accomunati da questo fantomatico figlio dolente, accomunati forse, nell'arrabbattata conclusione, dalla fantasia di un unico scrittore che non è stato in grado di costruire delle vere connessioni fra le vicende che, effettivamente, a volte non si colgono e a volte si contraddicono (ripeto: un albergo è di NY e uno di Parigi), cui si aggiunge una tagline («guardami») incomprensibile. Ma pare che Haggis per primo sapesse che stava girando un pastiche, per essere generosi, tant'è che il finale era stato modificato e poi sostituito con l'originale. Se la ride, guardando da casa, Guillermo Arriaga: sceneggiatore di Babel, che pure viaggiava su binari geografici lontanissimi, esperto di storie umane silenziose e intimiste, abilissimo nell'incasellare i pezzi giusti al momento giusto: pure lui da sceneggiatore (del neo-Oscar Alejandro González Iñárritu) (uno fra tutti: Amores Perros) era diventato regista, con una storia che oltre allo spazio sfidava il tempo, dal titolo The Burning Plan e dall'incasso purtroppo triste; come Haggis si concedeva un'ultima scena musicale in cui si svelava l'arcano ma, al contrario, Haggis se ne concede molte altre in corso, in cui non ci viene effettivamente rivelato niente, nemmeno ciò che non sarebbe catartico scoprire, forse perché oscuro allo sceneggiatore in primis.

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