domenica 23 giugno 2013

racconti dell'orrore.



Stoker
id., 2013, UK/ USA, 99 minuti
Regia: Chan-wook Park
Sceneggiatura originale: Wentworth Miller
Cast: Mia Wasikowska, Nicole Kidman, Matthew Goode,
Phyllis Somerville, Harmony Korine, Alden Enhrenreinch,
Lucas Till, Jacki Weaver
Voto: 7.2/ 10
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Poetico e sensibile inizio per il debutto americano di Chan-wook Park – colui che i feticisti del cinema dal Pacifico lodano e venero per la trilogia Vendetta e soprattutto per il suo film di mezzo, Old Boy: una ragazzina (la Mia Wasikowska che passa dall'essere donna a bambina con una facilità ineguagliabile) ammette di «vedere cose che gli altri non colgono», avere una sensibilità superiore alla media, e ce lo dimostra percependo insetti tra gli steli e soprattutto disegnando la texture di riempimento della brocca, piuttosto che la brocca stessa, al corso di Disegno. Ma la sensibilità finisce quasi tutta qua: alla morte del padre reagisce ricordando il paio di scarpe, sempre uguale, regalato ogni anno, nascosto nel giardino (e che scena incantevole, quella sul letto), e domandandosi chi sia questo giovane figuro comparso al funerale: è Matthew Goode, l'allievo tennista di Match Point, il fratello minore del compianto defunto, lo zio di India/ Mia insomma, che litiga di nascosto con la madre e balla in sala con una Nicole Kidman tirata a lucido dopo The Paperboy. La tensione sessuale che si respirerà in casa (e fuori) tirerà il film verso un finale che contrasta troppo con l'incipit. Si sente l'eco di Bright Star, ma dove lì si terminava declamando le poesie di Keats nello strazio tipico dell'opera, qua si scivola su un grottesco, surreale, frettoloso tentativo di sciogliere l'inganno e riportare tutto alla normalità – per cui la madre in lutto la smette di amoreggiare col parente e la figlia la pianta di fare la lasciva e l'intruso se ne va e genitrice e pargola ritrovano l'equilibrio; ma l'innocenza del titolo è persa, per cui la strada imboccata è quella della spider per strada e delle fucilate nel petto ai poliziotti noiosi. Non va, ed è un peccato, perché la sceneggiatura di Wentworth Miller, l'eroe tutto tatuato di Prison Break, avrebbe potuto essere una poesia per gli occhi paragonabile ad alcuni tentativi di The Tree Of Life e superando il gap del film di Jane Campion. Ma la scelta del titolo, e del cognome quindi della famiglia, Stoker, non può non riportare alla mente il parto vampiresco del ben celebre Bram che non ha niente a che fare con questa storia, se non un sotteso dubbio sull'esito di certi canini, o certi sepolti – che profuma, in realtà, molto di più di certi racconti di Poe.
E poi compare, per troppo poco tempo, ma sempre con immenso piacere, la Jacki Weaver che agli Oscar piace tanto e anche a noi: immensa anche per cinque soli minuti, in grado di bilanciare la voce e gli occhi come nessun'altra – e poi compare anche, ma chi lo riconosce?, l'Harmony Korine regista di Spring Breakers, in veste di adolescente attore.
Dunque: esercizio di stile che vince per la prima metà e poi scivola su un errore di trama di cui però il regista di Lady Vendetta non poteva certo accorgersi. Uscire dalla sala all'intervallo.

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