Il Grande Quaderno
A Nagy Füzet, 2013, Ungheria/ Germania/
Austria/ Francia, 112 minuti
Regia: János Szász
Sceneggiatura non originale: Tom Abrams,
András Szekér e János Szász
Basata sul romanzo
Trilogia Della Città Di K.
di Ágota Kristóf (Einaudi)
Cast: László Gyémánt, András Gyémánt, Piroska Molnár,
Ulrich Thomsen, Ulrich Matthes, Gyöngyvér Bognár,
Diána Kiss, Orsolya Tóth, Orsolya Tóth
Voto: 7/ 10
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Ungheria, Seconda Guerra Mondiale. L'occupazione tedesca è agli sgoccioli e la resistenza aspra e imponderabile. Un uomo senza nome, ufficiale richiamato al fronte, decide insieme alla moglie di lasciare la città e affidare i figli, una coppia di gemelli omozigoti tanto identici quanto uniti, alla madre di lei, che abita in un paese, all'ultima casa della via sterrata tra i campi. Questa non ha notizie della figlia da anni, non ne conosce il marito, non sapeva neanche di avere due nipoti. Se li vede piombare in casa, all'improvviso: reagisce alla cosa con i suoi modi burberi, sprezzanti, volgari. La chiama
cagna, la caccia da casa, caccia i ragazzi, che passano le prime notti sulla panca in giardino, al gelo. Di giorno la guardano lavorare, lei li insulta: solo dopo, sfiancati dalla noia, si metteranno a tagliare la legna guadagnandosi l'accesso alla stamberga, al pasto – di cui non possono avere seconde razioni. La parente li chiama
figli di cagna, li picchia, loro la spiano mentre sotterra i tesori del marito morto, si fanno picchiare: per affrontare questo mondo crudo, inasprito dal conflitto, capiscono di dover imparare a sopportare ogni tipo di dolore: chiedono la violenza, i pugni, ma assolutamente non devono essere separati. Prima di lasciarli andare, il padre regala loro un quaderno bianco, il
grande quaderno del titolo, con la preghiera di scrivere tutto, annotare ogni cosa, incollare foto, rifare disegni, la cronaca degli eventi, il diario del conflitto. Così, attraverso di esso – cui sono dedicate grandi inquadrature che spezzano con la narrazione degli eventi – scopriamo l'amicizia che nasce con la vicina, Labbro Leporino, prima causa della loro accusa di furto e poi oggetto di percussioni, infine ammazzata dai soldati che avrebbero dovuto portare la felicità; sua madre, muta e cieca, e la casa che va a fuoco;
aguzzini in talare, donnine faccia d’angelo dall’incoffessabile libido, l’omosessualità malcelata di un ufficiale tedesco – fedelissimo al libro da cui parte,
János Szász puntella il percorso di formazione (inversa) dei due protagonisti (doppiati dallo stesso attore) di cose e persone
sui generis come le tappe iniziatiche dentro a una fiaba. Il libro da cui parte ha un peso notevole: pubblicato nel 1987,
Il Grande Quaderno, scritto in francese dall'ungherese
Ágota Kristóf, corsa via dall'Armata Russa verso la Svizzera nel '56, sarebbe andato a completare con
La Prova e poi
La Terza Menzogna la celeberrima, best-seller,
Trilogia Della Città Di K., resoconto in prima persona delle conseguenze di una guerra che non vediamo e di cui non sappiamo il nome tra la popolazione più becera di un paese non identificato: corpulento, sudicio, grave, è un romanzo che atterrisce per la sua schiettezza e che è stato trasposto sul grande schermo con una minuzia lodevole: minuzia che, però, toglie (oltre allo stupro subìto dai due protagonisti, che però ne prendono abbastanza) mordente al
plot, all'intreccio narrativo, che si dipana arrivando al gelido finale senza farsi particolarmente inseguire – e senza risparmiare né edulcorare le immagini da cui parte. Soprattutto quando abbandoniamo una pazzesca
Piroska Molnár nei panni fetidi della nonna, che dà una straordinaria prova d'attrice. Uscito in patria (l'Ungheria) nel 2013, annunciato da noi l'anno scorso, promesso a gennaio e poi continuamente rimandato fino a questo 27 agosto, viene da domandarsi se sarà effettivamente il primo di tre film.