giovedì 10 luglio 2014

bros before hos.



Cattivi Vicini
Neighbors, 2014, USA, 97 minuti
Regia: Nicholas Stoller
Sceneggiatura originale: Andrew J. Cohen & Brendan O'Brien
Cast: Seth Rogen, Rose Byrne, Zac Efron, Dave Franco,
Ike Barinholtz, Carla Gallo, Craig Roberts, Jerrod Carmichael
Voto: 7/ 10
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La grande tradizione di Beep Beep e Willie il coyote, di Tom con Jerry, di Oggie e gli scarafaggi-scara-scara, Candace con Phineas e Ferb – la tradizione di tutti quegli show a siparietti che si basano su un cattivo (o buono) e i suoi vari tentativi di acciuffare una cosa, il buono (o il cattivo), ci insegnano come sia facile, trovata la trovata, fare dell'umorismo, farci ridere, impiegare del tempo comedy: se ne può fare addirittura un film. E così, posto un epilogo e un prologo in cui ci vengono descritti, rispettivamente, come si concludono le cose e soprattutto, prima, con chi abbiamo a che fare, Neighbors – il cui titolo iniziale era Bad Neighbors da cui l'italiano Cattivi Vicini – adotta l'operazione più vecchia del mondo: il navigato Seth Rogen e la simpaticissima Rose Byrne, coppia involontariamente comica e parlantina, lei australiana trasferita e lui impiegato d'ufficio come tradizione vuole, intelligentemente si chiedono se, avendo ora una figlia e una nuova casa, stiano diventando vecchi; nella generazione degli sposi quarantenni, due “ragazzi” con prole e immobili sono effettivamente vecchi tagliati fuori: dagli amici che in videochiamata li invitano alle feste, dai preparativi per l'uscita trasportando tutto l'occorrente per la pargola. Accanto alla nuova casa, la tipica casa americana a due piani con giardino e steccato affaccianti su Wisteria Lane, si trasferisce l'incubo di ogni abitante: una confraternita. Incubo perché: party hard all night baby, ogni settimana e per tutto l'anno con la speranza di finire incorniciati su una parete in ricordo ai posteri; ma incubo anche perché due “ragazzi” con figlia tagliati fuori dagli amici che vanno alle feste non hanno bisogno di un costante ricordo dell'età che avanza. I funghetti, l'erba, le luci al neon e i baci occasionali, il sesso occasionale, il futuro occasionale a cui non si pensa perché prima si fa festa, i fratelli che vengono prima di tutto... Zac Efron è a capo della marmaglia consapevole della totale assenza di grasso nel suo corpo ma nemmeno eccessivamente desideroso di sbattercela in faccia (la totale assenza, dico); vicepresidente delle tre lettere greche, come tradizione vuole, è Dave Franco, fratello di James, che condivide col parente la faccia d'angelo ma non l'orientamento sessuale: e qui è maschio(ne) intelligente e promettente, unica pecora furba del gregge, tra pecore dalle guance estremamente lisce e dai soprannomi impossibili da tradurre (leggi scroto puzzolente). Passeggia tra i rappresentanti delle aziende giunti a pescare i più meritevoli a college finito mentre l'High School Musical boy finirà senza maglia fuori da Abercrombie perché è tutto ciò che può fare – ed è, questa, una frecciatina da non sottovalutare. Nell'apoteosi dello stacco generazionale, del futuro che avanza, dello svago, dell'innocenza persa, dell'aver perso se stessi, il film nasconde, sotto la patina superficiale di americanismo, di comedy e di tentativi per far sciogliere la confraternita, interrompere le feste, demolire l'impianto stereo, far saltare le luci – il film nasconde le ansie dei venticinquenni, che non sono diverse da quelle dei trentenni: la paura, il terrore di crescere, ma anche il desiderio di farlo, il desiderio di una stabilità, ma anche il terrore di raggiungerla e non poter guardare indietro. Intento lodevole mascherato da tutto ciò che il popolo vuole al cinema: le battute (molte, argute) e la demenzialità (geniale la scena degli air-bag) e le botte, poche, e un sedere tondo in una scena, di sfuggita, e anche un poliziotto consapevole della sua posizione e qualche black joke e qualche australian mizundestood – senza mai definire veramente i personaggi: che siano buoni o cattivi come Tom con Jerry.

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