mercoledì 1 agosto 2012

prevenzione suicidi.





Damsels In Distress
id., 2011, USA, 99 minuti
Regia: Whit Stilman
Sceneggiatura originale: Whit Stilman
Cast: Greta Gerwig, Analeigh Tipton, Carrie MacLemore,
Megalyn Echikunwoke, Ryan Mectalf, Jermaine Crawford, Adam Brody, Hugo Becker
Voto: 6.8/ 10
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Un ragazzo che per un motivo che non svelo non ha mai imparato il nome dei colori e non sa che le pareti sono verdi. Un ragazzo che non sa di avere gli occhi blu. Un ragazzo che per assecondare la sua religione fa solo sesso anale. Una ragazza che soffre di shock olfattivo se sente l'odore del sudore. Un nuovo ballo, la “sambola”, di cui ci vengono insegnati i passi. Un finale musical con cori e tip-tap. Arrivano nelle nostre italiane sale le follie che hanno chiuso, undici mesi fa, il 69esimo Festival di Venezia, già che siamo in clima (proiezione per la quale furono regalati biglietti ai veneziani sul giornale locale, perché l'ultimo giorno della Biennale è sempre vuoto di gente).
Diretto da Whit Stilman, candidato all'Oscar nel '90 per la sceneggiatura di Metropolitan, il suo capolavoro e film più celebre, interpretato dalla Greta Gerwig di To Rome With Love, dalla Analeigh Tipton di Crazy, Stupid, Love. e dall'Adrien Brody di O.C., tra gli altri, Damsels In Distress (in italiano col sottotitoli Ragazze Allo Sbando) è una sorta di parodia di se stesso e dei film americani del genere e sui generis, un minestrone di ingredienti comedy, drama, musical e nonsense che spesso si avvicina ai college-movie e poi se ne distaccano subito incredibilmente; perché questo è un film che si basa tutto sui dialoghi, sui dialoghi serrati, che esprimono spesso profondi e pensati concetti. Lo capiamo già dall'inizio, quando Violet e le sue due amiche (“la scema” e “la nera”) adocchiano al primo giorno di scuola una matricola e la fanno propria, decidendo per lei cosa indossare e a che serate andare, non perché vogliono creare un clone di loro stesse o una cheerleader (figura assente nel film) ma perché hanno come obiettivo nella vita quello di aiutare gli altri e portare serenità e coinvolgimento. Per questo frequentano gli sfigati, si fidanzano coi brutti, portano avanti un club di prevenzione suicidi in cui offrono caffè e ciambelle e lezioni di ballo alla gente mollata dal moroso che pensa di lanciarsi dal piano più alto dell'edificio, il secondo. Siamo ben lontani dalle Mean Girls e da Glee: non ci sono “quegli” sfigati né quelle fashion-victim ma anzi ci sono epigone di Bree van de Kamp con golfini e gonnelle lunghe che si interrogano sull'eleganza dei gesti di un galantuomo prima di essere un playboy e stanno ad ascoltare discorsi seri su come l'omosessualità fosse cosa chic tanti anni fa e adesso è «qualche palestrato in t-shirt» (la parte migliore). Siamo più vicini a A Damsel In Distress, film del '37 con Fred Astaire col titolo italiano Una Magnifica Avventura a cui forse si fa un piccolo tributo.
La struttura un po' spezzata a sequenze titolate non funziona, molte scene neanche (come quella in cui Lily entra in casa e chiede «c'è qualcuno?» dieci volte vagando per le stanze, fino a quando qualcuno arriva: inutili minuti di cinema), sono molto buone le interpretazioni e imbarazzanti i modi in cui gli attori hanno sostenuto alcuni dialoghi. La sceneggiatura, c'è da dirlo, non si può non apprezzare. Offre numerosi spunti e quando non ne offre, forse, vuole far sorridere soltanto. Certo, non era un film da Venezia, ma non è neanche un film da liceali arrapati. Che film è?

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