venerdì 15 agosto 2014

lips to void/ mirror to vortex.



Under The Skin
id., 2013, UK, 107 minuti
Regia: Jonathan Glazer
Sceneggiatura non originale: Walter Campbell & Jonathan Glazer
Basata sul romanzo Sotto La Pelle di Michel Faber (Einaudi)
Cast: Scarlett Johansson, Paul Brannigan, Jessica Mance,
Joe Szula, Krystof Hádek, Scott Dymond
Voto: 7.8/ 10
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Dopo una prima sequenza degna di rientrare in quegli incipit epici di cui ci occupammo anni fa, che strizza l'occhio a certo cinema di genere – 2001, il più recente Gravity – che ci spiazza, ci confonde, ci incolla sulla poltrona in attesa di maggiori informazioni per capire, si dà inizio a una trama che seguirà questo filone: del non detto, del non ancora rivelato, che ci incolla sulla poltrona in attesa di maggiori informazioni per capire. Scarlett Johansson, in un'ottima prova da attrice non tanto per l'interpretazione in sé ma per la scelta di aver interpretato un ruolo del genere in un film di genere (criticata perché «apatica», «distaccata dai sentimenti», ma della perdita del distacco dal sentimento è proprio ciò di cui parla il film), spoglia una donna ipoteticamente trovata morta da un motociclista al bordo di una strada e veste i suoi panni, in uno spazio bianco inesistente. La vedremo poi al centro commerciale in una somma di immagini di altri, macedonia del comportamento umano con cui viene a contatto. Che lei sia un alieno è ovvio, soprattutto perché, come spesso accade, ci viene detto prima che cominci il film: dalle recensioni, dal titolo delle recensioni, dalla splendida locandina che abbiamo ovviamente cambiato. Ma a questo, io, non aggiungerò altro, nessun risvolto di trama (per quanto una trama non ci sia), nessun accenno alla narrazione. La meraviglia del film sta proprio in ciò: ricostruire un personaggio e una motivazione del suo comportamento guardando sempre la stessa scena, ogni volta con qualche particolare aggiunto. E sempre magnificamente: Jonathan Glazer, il regista di Birth - Io Sono Sean, sfiora la video-arte con le sue inquadrature lunghe e allungate, spesso vuote, silenziosissime, ben calibrate e fotografate, fatte di buio e figure che dal buio emergono, non-luoghi della Scozia e della fantasia umana (l'acqua specchiante nera in cui la Johansson non s'immerge ma le sue vittime sì è genialmente deliziosa), periferie dell'animo dove sono spesso gli stranieri ad entrare in contatto con l'alieno: gli alienati, le disperazioni, gli emarginati, i freak. Solo un dettaglio: una scena di salvataggio tentato, un non-surfista che interviene nell'annegamento di una coppia mentre il figlio piange e strilla sulla spiaggia. Nella tragedia c'è lo splendore delle immagini, così come estetizzava la condizione nera il più potente 12 Anni Schiavo e tutta l'opera di Steve McQueen; guardacaso, video-artista anche lui. Esperto regista di videoclip, partendo dal romanzo non-testamento di Faber, Glazer si avvale poi di una colonna sonora presente, invadente, eccessiva, forte senza sbavature, firmata da Mica Levi, front-woman dei Micachu, cantante e autrice e produttrice che ci inietta nel cervello un motivetto ripetitivo, tagliente, accompagnato dai giusti archi. Davanti alla morte in mare e alla disperazione infantile, l'aliena(ta) Scarlett non s'impietosisce, anzi peggiora la situazione, e quasi non avremo reazione neanche noi spettatori: incantati e dubbiosi di non aver capito, increduli davanti alla storia, impazienti, dubbi su ciò che stia accadendo, sulla parte che dobbiamo prendere – perché è sempre il regista che stabilisce per chi il pubblico deve parteggiare. Peccato che questo tentativo di cinema a sottrazione, diverso dalla gran parte del cinema di oggi fatto di grandi dialoghi e grasse storie, sia passato quasi inosservato al Festival di Venezia dell'anno scorso dove era in concorso, ed esca il 28 agosto in Italia con poco altro, unica notizia interessante dell'estate, per quei pochi cinema rimasti aperti.

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