venerdì 10 luglio 2015
Selma.
Ted 2
id., 2015, USA, 115 minuti
Regia: Seth MacFarlane
Sceneggiatura originale: Seth MacFarlane, Alec Sulkin e Wellesley Wild
Cast: Mark Wahlberg, Seth MacFarlane, Amanda Seyfried,
Jessica Barth, Giovanni Ribisi, Morgan Freeman,
Sam J. Jones, Patrick Warburton, Michael Dorn,
Bill Smitrovich, John Slattery, Liam Neeson, Tom Brady,
Jay Leno, Jimmy Kimmel, Alec Sulkin
Voto: 6/ 10
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Tre anni, una nomination all'Oscar (miglior canzone originale Everybody Needs A Best Friend, interpretata da Norah Jones nel tipico stile jazzy de I Griffin), la presentazione di quegli Academy Awards, un altro film in sala scritto diretto e interpretato (Un Milione Di Modi Per Morire Nel West, un'atrocità del demenziale candidata a quattro Razzie), tre serie animate portate contemporaneamente avanti e Seth MacFarlane ritorna, nel 2015 a dare voce (e movenze) all'orsetto giocattolo che negli anni '80 prese vita diventando un fenomeno mediatico invitato a talk-show e trasmissioni televisive per poi finire nel dimenticatoio dei più – ma non di Mark Wahlberg, adulto mai cresciuto nonostante un matrimonio e un divorzio, che ne sarebbe il “proprietario”, o meglio il “custode”?, il fedele “rimbombamico”, ecco. Perché Ted, peluche con vita e vizi – l'erba, la birra, il sesso – non dovrebbe avere proprietari, in quanto human being – ma lo è poi sul serio? In questo secondo capitolo, ambientato dal giorno delle sue nozze in poi, è questo il fulcro della trama: affermare la propria esistenza, i propri diritti civili, matrimoniali, lavorativi: in quanto fatto di pezza e ripieno di cotone, Ted non viene accettato da alcuni stati americani come marito, come cassiere del supermercato. La querela diventa virale, i giornalisti e i conduttori di TG ne parlano in televisione, ognuno la pensa come vuole e nella condizione di emarginato sociale e politico Ted si ritrova ad affiancare neri e omosessuali nelle annose marce che li hanno contraddistinti: l'elogio del diverso, quindi, a sorpresa, in uno sviluppo narrativo originale ma che nel suo script poi rivela l'obbligatoria banalità di vicende. Meno volgarità barbariche, meno sporcizia e demenzialità per un fondo di serietà legale in cui spunta Morgan Freeman avvocato (ovviamente nero) che non ha mai perso una causa a differenza della novella Amanda Seyfried (ovviamente bionda), già diretta da MacFarlane nel film precedente. Qualche siparietto sui generis, certo: a cominciare dalla raccolta del campione di sperma iniziale per rendere Ted padre di famiglia – privato dello strumento necessario e quindi costretto all'inseminazione artificiale, altro territorio spinoso; insieme a John finisce nella stanza sbagliata e il carrello con tutti i liquidi seminali si ribalta e ricopre uno dei due, sfiorando il vomito suo e di chi guarda. Essendo Ted questa volta più protagonista del suo co-starring, il temuto antagonista a maggior ragione è Giovanni Ribisi, anch'egli nel film precedente – quasi stesso rôle a causa del suo physique – ultimo nella scala gerarchica della Hasbro che vorrebbe riscattarsi coi consensi del proprietario. Satira agli onnipresenti supereroi: dai quali sono tutti mascherati durante il Comic-On e di cui si aspettano continue notizie («il prossimo Superman sarà interpretato da…»), passando per i fenomeni sportivi, i soliti cammei e la conclusiva scena di botte senza apparente spiegazione. L'originalità che ha contraddistinto il giovane regista, sceneggiatore e produttore si accartoccia (di nuovo) sul grande schermo, nonostante la chiave di lettura del film (dei film) sia la presa in giro del target hollywoodiano senza che il target hollywoodiano se ne accorga, anzi ci rida sopra. Ma dove le battute funzionano, il ritmo funziona, anche molto, è l'esito del plot che lascia delusi.
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