lunedì 24 dicembre 2012

il giovane e il mare.



Vita Di Pi
Life Of Pi, 2012, USA/ Cina, 127 minuti
Regia: Ang Lee
Sceneggiatura non originale: David Magee
Basata sul romanzo Vita Di Pi di Yann Martel (Piemme)
Cast: Suraj Sharma, Irrfan Khan, Rafe Spall,
Gérard Depardieu, Ayush Tandon, Tabu, Adil Hussain
Voto: 8.1/ 10
_______________

Uno sguardo nell'acqua di notte, dopo giorni di stenti e di digiuno, giorni passati a lottare per la sopravvivenza contro piogge di pesci, maremoti di balene, cibo da spartire con una tigre del Bengala. Un'occhiata nell'acqua buia e l'allucinazione: un pesce, assalito da un calamaro, e poi un mosaico di altri animali, quelli dello zoo dell'infanzia, dell'orto botanico della famiglia indiana, animali che si staccano dal grappolo e se ne vanno nel mare, e poi altri pesci, altre luci, la telecamera che avanza tra le alghe, tra le bolle, ecco: si forma un volto, e poi ecco: la nave affondata, la nave su cui era tutta la famiglia, tutti gli animali dello zoo, del giardino botanico, tutte le speranze del passato, i ricordi.
Poi, l'incanto, l'allucinazione finisce. E tutto il film vale questa scena.
Perché, in fondo, il film, ha solo questo: una trama piccola piccola che si riassume in una riga e mezzo (uno scrittore col blocco si fa raccontare da un sopravvissuto a una tempesta il modo fantastico in cui ha passato i mesi in mare, su una barca con una tigre) e, intorno a questo, intorno a questo indiano e a questa barca bianca e a questa tigre, tutto ciò che Dio ha creato, tutta la natura, la fauna marina, la flora. Tutta fatta in digitale, con effetti che riceveranno un Oscar mai meritato così tanto, perché mentre ne Lo Hobbit e ne Il Cavaliere Oscuro ci sono sempre le solite cose, le solite mura che crollano, i soliti macchinari che volano, i draghi che sputano fuoco, qua c'è l'enciclopedia della scienza, un orango, una zebra, una iena, che si muovono come si muoverebbero nella realtà, che ansimano, si azzannano, vomitano acqua salata.
C'è, però, poi, anche un attore protagonista colto nel fiore della sua giovinezza (Suraj Sharma) che si sorbisce interamente l'ora e mezzo centrale della storia, dopo un tremendo inizio un po' sempliciotto e molto scolastico e prima di una conclusione tremenda in cui tutto si racconta ancora, ma con una diversa cattiveria. Un attore protagonista che avrebbe avuto occasione di sfondare e invece non ce la fa, eppure dietro alla macchina da presa c'è Ang Lee, Ang “La Tigre E Il Dragone” Lee, Ang “Brokeback Mountain” Lee, Ang “due Oscar alla regia e due Leoni d'Oro” Lee, che dopo il successo coreano e quello americano che ha consacrato Heath Ledger e Michelle Williams (Jake era già consacrato) è tornato in terra natìa con Lussuria e poi ancora in America con Motel Woodstock e dati gli insuccessi (eppure era a Venezia col primo e a Cannes col secondo) s'è dato al 3D, alla follia visiva, alla finzione posticcia. E ha fatto centro: il “nuovo Avatar”, come è stato definito, è l'anti-Avatar in realtà: due personaggi in tutto, nessuna nuova lingua, nessuna invenzione floreale, nessuna copia da vecchi film Disney; però tanto immaginario: l'arca di Noè, Mosè che apre le acque, Dio che crea tutto questo in cinque giorni, Adamo ed Eva, oppure Melville, Conrad, Swift e tutti quei romanzi di formazione adventure in cui si impara ad ammaestrare un animale o a riconoscere un'isola carnivora.
È un film dall'impatto un po' particolare: asettico, per colpa della telecamera che pare sempre muoversi in una sola stanza (come in effetti è) nonostante siamo in pieno oceano, eppure la telecamera si muove!, si sommerge e si salva, ma la musica non sempre la aiuta e la scena iniziale nemmeno: tratto dal libro di Yann Martel, piccolo cult di qualche anno fa nel mondo e persino in Italia, viene affrontato, nella sceneggiatura di David Magee (visionario scrittore che ha esordito col botto, scrivendo Neverland e candidandosi all'Oscar) come film che svela la nascita del libro, con un co-protagonista senza nome che resta a pranzo (e poi a cena) a farsi raccontare la lunga vicenda prima, e la versione modificata poi. Per lasciarci col dubbio. E chiederci: noi, quale preferiamo?

Nessun commento:

Posta un commento