venerdì 20 marzo 2015

il cavolfiore.



Una Nuova Amica
Une Nouvelle Amie, 2014, Francia, 105 minuti
Regia: François Ozon
Sceneggiatura non originale: François Ozon
Basata sul romanzo The New Girlfriend di Ruth Rendell
Cast: Anaïs Demoustier, Romain Duris, Raphaël Personnaz,
Isild Le Besco, Aurore Clément, Jean-Claude Bolle-Reddat
Voto: 5.8/ 10
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Laura muore e viene sepolta in abito da sposa, uccisa da una ingiusta quanto precoce malattia, davanti agli occhi del marito, della figlia di pochi mesi, della famiglia, della migliore amica – che in chiesa promette pubblicamente di prendersi cura di ciò che lei sta lasciando, lei che è stata fraterna compagna dal giorno in cui si sono conosciute, patto di sangue, primi fidanzati, e olè: l'ellisse narrativa sull'adolescenza post-Tempo Delle Mele (con una canzone di sottofondo cronologicamente scorretta che a Ozon piace così tanto che la rimette poi, ma extradiegetica), che ci mostra quanto Laura sia sempre stata più avanti di Claire, nello sposarsi, nel partorire, nel morire addirittura. Per quanto ci venga presentato come accadimento devastante e disastroso, il lutto non è poi così dipinto aspramente. Claire prende qualche giorno di ferie (da chissà quale lavoro) mentre il marito Mulino Bianco amorevolmente la sveglia (per andare a chissà quale lavoro) (ma ottiene una promozione), e per paura di rincontrare nel volto della piccola orfana gli occhi della morta, non tiene fede alla promessa e non va a trovare il vedovo David; quando lo fa – e non mi pare di fare grosso spoiler perché chi guarda al trailer, alla locandina e alla citazione almodovariana con un filo di logica – trova un travestito che allatta: all'incomprensione e l'inaccettazione iniziale seguono chiarimenti e poi una nuova amicizia, appunto, con qualche bugia al marito e il nome di Virginia. Ma David/ Virginia non è omosessuale, non va con gli uomini, non desidera essere completamente femmina: semplicemente si traveste. E la tensione erotica fra i bizzarri nuovi compari di shopping, fra Claire e il marito, fra i vivi e i morti, crea un turbine di confusione di genere che è (era?) l'obiettivo del regista: ma in questo perdersi al di fuori delle etichette che si sono assegnati, i personaggi invece di essere psicologicamente approfonditi e fungere da pretesto per raccontare le vere perversioni, anche mentali, degli umani, sono schiacciati in una trama comunque cinematografica, facendo ciò che si deve fare in un film: sesso adulterino e non, travestismo con dettagli tessili e anatomici, la vestizione di un cadavere (e mezzo), una canzone piena di significati reconditi da cantare a mezza voce, commossi. «Hitchcock incontra Almodóvar» compare scritto qua e là: perché ogni volta che c'è di mezzo un trans Almodóvar va sempre bene e Hitchcock lo si nomina ormai a prescindere, pure se la trama è un semplice pettegolezzo di quartiere da non svelare e non, chessò, una tensione crescente verso una svolta narrativa che potrebbe stravolgere tutto. La versione femminile di David, che vorrebbe uscire dalla casa, che a volte prepondera sulla maschile, non è quella tensione: né lo è l'accettazione pubblica che certo non nascerebbe da questo film. Pure le relazioni fra i tre, anzi, fra Anaïs Demoustier giovane moglie annoiata che a sbalzi gioisce della nuova amica e a sbalzi se ne vergogna, che a volte tende verso il lesbismo e poi si pente (e la sua è l'interpretazione migliore ma il problema è alla radice, al personaggio troppo insipido) e Romain Duris elogiato in patria per questa prova d'attore sui tacchi – pure la relazione fra loro non tende verso niente: tutto è un fare e pentirsene, gioire e vergognarsene. Dopo aver forse addirittura osato un pelo in più con Giovane E Bella parlando della prostituzione adolescenziale, dopo aver accantonato l'ossessione per i corpi (nudi) pretesto per le vere tensioni, di altre nature (Swimming Pool) con il letterario Nella Casa, François Ozon torna al cinema puntuale come un orologio, come ogni anno, con l'ennesimo film fatto in fretta alla Allen: non passa per nessun festival, forse perché consapevole della qualità dell'opera, politicamente correttissima e con tanto di lieto fine surrealista fantascientifico che spero almeno si auspichi possibile fra cinquant'anni – lui per primo, che si riprende proto-maniaco a fare piedino alla sua protagonista maschio dentro a un cinema, fallendo nel tentativo di fare un film sui generi(s), che si rivela un film su un travestito.

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