domenica 29 marzo 2015

lo zittone.



Home – A Casa
Home, 2015, USA, 94 minuti
Regia: Tim Johnson
Sceneggiatura non originale: Tom J. Astle & Matt Ember
Basata sul romanzo Quando Gli Alieni Trovarono Casa
di Adam Rex (Il Castoro)
Voci originali: Jim Parson, Rihanna, Steve Martin, Jennifer Lopez,
Matt Jones, Brian Stepanek, April Lawrence, Stephen Kearin
Voci italiane: Nanni Baldini, Maria Letizia Scifoni, Marco Mete,
Monica Ward, Simone Crisari
Voto: 6.7/ 10
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L'aliena specie-stampino dei Boov, tutti rigorosamente uguali con un sovrano leggermente più riconoscibile degli altri, pastore fiero di un gregge fiero della sua pastorizia, è in fuga, perennemente in fuga, specializzata nella fuga da una specie aliena che si chiama Gorg, per cui puntano a colonizzare la Terra spostando tutti gli esseri (umani) viventi nella sola ristrutturata Australia – sì, anche io noto certe somiglianze con Mamma, Jamie Ha I Tentacoli! Abitué del trasloco, nel debolissimo e frettoloso incipit (al quale credono i bambini ma gli adulti no, per i quali ci sarà una riproposizione più matura dopo) i Boov s'impossessano delle case terrestri venendo a contatto con tutta una serie di oggetti che decreteranno inutili, dalle biciclette (visto che hanno multiple piccole gambette) ai water/ contenitori di limonata, in una serie di scenette sul riuso creativo degli elettrodomestici per far ridere chi ci casca. Diverso a partire dalla password non omologata della sua plurima tecnologia, Oh organizza una festa nella casa nuova alla quale non partecipa nessuno: manda l'invito al suo (non) migliore amico ma per «cattivo design» il bottone “invia a uno” è di fianco a “invia a tutti”: inclusi i perfidi Gorg che quindi, se ricevessero la mail animata, scoprirebbero la nuova posizione degli alienotti. Oh diventa un fiuggitivo maldestro, e nella sua fuga si imbatte in Tip, un'adolescente trasferitasi dalle Barbados e con difficoltà inseritasi nelle classi medie, unica umana superstite in città, strappata a sua madre di cui non ha notizie – ma che è stata trasferita come tutti in Australia. L'odio di Tip per gli alieni e la necessità di Oh di nascondersi e il bisogno di entrambi di scappare li porteranno in un tour (de force) attraverso Parigi e le più note capitali, ribaltate dei loro monumenti, su un'utilitaria caricata a succo e nachos. Già pronto l'anno scorso ma rimandato per lasciare il campo libero a Dragon Trainer 2 (vedi alla voce: chi non ha vinto l'Oscar), uscito in patria con un incasso di 15.6 milioni di dollari il primo giorno, a sorpresa, il più alto dai tempi di Madagascar 3 (2012), manna dal cielo per le difficoltà economiche in casa DreamWorks, Home non è un film sulla casa come direbbe il sempliciotto titolo, ma sulla famiglia, sulla specie di appartenenza: al solito, sono due diversi a incontrarsi: una pecora nera del gregge e una bambina mulatta tra i bianchi; le diversità, l'agire fuori dagli schemi, al solito, fruttano positivamente se si è spinti da buone intenzioni. Ce lo conferma la metafora sul «sentire le stelle» e non «vederle», slogan della canzone originale di Jennifer Lopez, voce della mamma di Tip, la quale è invece interpretata in originale da Rihanna: delle due popstar, durante tutta la pellicola, canzoni a go-go. Furbissima la trovata del sottofinale: alla coraggiosa telecamera a spalla (per finta!) che sobbalza e si muove bruscamente e fa zoom come nei proto-film catastrofici amatoriali, si aggiunge quella musichetta da pianoforte, ammutolendo i rumori sotto, portando a braccetto verso le lacrime. S'era sentita, prima, la musica elettronica, quasi techno, già usata in Ralph con audacia – ecco, l'audacia è forse quello che manca a questo film di cui un po' abbiamo visto già tutto: non tanto ricordando E.T. palesemente, ma WALL•E dopo, col suo avvento della tecnologia bianca e liscia e senza spigoli, con gli umani segregati altrove, dove ci si sforza di stare al passo coi tempi puntellando le battute di riferimenti al contemporaneo, all'internet «che non mente mai», al blocco-maiuscolo nelle password, infarinando una storia universale e che non passa mai di moda, quella dell'accettazione del diverso, «non integrato» e quindi «disintegrato», scoprendo che anche i cattivi sono in realtà buoni che non conosciamo e di cui quindi abbiamo paura. Però: nella fiera delle ovvietà animate non basta la buffa parlata di un personaggio da merchandising per uscire fuori dal coro degli ormai molti cartoon da cinema.

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