sabato 28 febbraio 2015

felici a tavola.



Noi E La Giulia
id., 2015, Italia, 115 minuti
Regia: Edoardo Leo
Sceneggiatura non originale: Edoardo Leo & Marco Bonini
Basata sul romanzo Giulia 1300 E Altri Miracoli di Fabio Bartolomei (E/O)
Cast: Luca Argentero, Edoardo Leo, Claudio Amendola,
Anna Foglietta, Stefano Fresi, Carlo Buccirosso
Voto: 6.7/ 10
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Un rivenditore di automobili insoddisfatto dalla vita vede il padre morire e la clientela lamentarsi della vernice o della maniglia e per contratto, di fronte a tutto questo, si costerna; un rivenditore di orologi televisivo pieno di debiti si mostra coatto disinibito senza rendersi conto di apparire ridicolo ma, gli serve per mascherar(si) l'assenza di amici e di liquidi; un marito quasi piantato in asso dalla moglie pianta in asso la centenaria osteria a conduzione familiare (di lei) e tristemente assiste ai tentativi più riusciti degli stranieri di fare gastronomia italiana. I tre si ritrovano a visitare un caseggiato nella piena campagna campana, sei camere da letto, una buca per la piscina già pronta, un prezzo che sale di centomila euro ma comunque abbordabile, soprattutto se lo si divide per tre: superando l'iniziale imbarazzo della società fra sconosciuti, i tre, che necessitano tutti di un piano B, sognano l'agriturismo come tutti i quarantenni che hanno smesso di sognare il chiringuito in spiaggia a vent'anni. Si intromette un ferreo nostalgico comunista, pragmatico e dall'impulso facile, un Claudio Amendola sorprendente, che non accettando di piegarsi al sistema del pizzo finirà per chiudere i camorristi che si presenteranno numerosi tutti in cantina; si intromette poi tale Elisa, un po' tocca nel cervello, che viene superficialmente paragonata a Lady Gaga perché ha i capelli lunghi solo a metà (ma è toscana, e incinta), l'Anna Foglietta che, tre figli e sei film sfornati in quattro anni, per una volta non fa la lesbica. Il furbetto Edoardo Leo, già regista di due pellicole dal medio successo ma soprattutto parte del cast del caso 2014 Smetto Quando Voglio, cavalca l'onda di quel suo successo, e di un altro successo, La Mafia Uccide Solo D'estate, e riprende in mano un libro letto quattro anni fa e mette insieme gli insegamenti di Pif con quelli di Sydney Sibilia: ne scaturisce una «commedia agrodolce con sfondo camorrista» che si dice perfettamente consapevole del proprio tempo: i giovani crescono col mito dell'autorealizzazione e del posto fisso e finiscono con l'essere inevitabilmente falliti se non hanno abbastanza fortuna o abbastanza coraggio; a quel punto bisogna avere la possibilità di mettere in atto quel piano B che il sistema potrebbe velocemente abbattere. Al deluso ritratto degli uomini d'oggi aggiunge gli estremi: da una parte un fascista che non accetta di avere un nero come vicino di casa, da una parte un comunista che non accetta sistemi truffaldigni nell'economia nazionale – ma Leo è visibilmente di sinistra, per cui il fascista è giustamente ignorante, mettendo il Ghana in Nigeria e fermandosi all'etichetta di una cosa per giudicarla, e i giovinastri della Camorra sono adolescenti d'oggi a cui basta una cannella, una donnetta e una PlayStation per riempire le proprie vuote giornate. Le battute a sfondo politico, molte, finiscono con l'essere stucchevoli andando avanti col tempo: perché se il film parte molto bene, lentamente si annacqua, e sfocia in un finale che chiaramente la sceneggiatura non è in grado di gestire (e infatti non lo fa: s'interrompe quando bisogna decidere). Dal momento dell'apertura del restaurato agriturismo la narrazione va a singhiozzi e la conta dei giorni si perde, si sovrappone, perché non è più importante seguire un filo logico – che risulta poi necessario. La vera sorpresa di questa confezione è il cast azzeccatissimo, davanti al quale Luca Argentero figura come protagonista data l'inutile voce fuori campo un po' figlia delle commedie di questo tipo, ma a cui Stefano Fresi ruba spesso la scena: ipocondriaco, ansiogeno, è il personaggio più caratterizzato e più approfondito nella sua ripetitività, nel suo continuo timore. Dichiarata «commedia italiana dell'anno» prima ancora che uscisse, se non altro perché molto renziana nel mettere d'accordo schieramenti politici anche opposti, ha tutti gli strumenti per farsi confermare tale.

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