lunedì 2 dicembre 2013

31TFF: Sweetwater.



Sweetwater
id., 2013, USA, 95 minuti
Regia: Logan Miller
Soggetto: Henry McKenzie
Sceneggiatura originale: Logan Miller & Noah Miller
Cast: January Jones, Ed Harris, Jason Icaacs, Eduardo Noriega,
Jason Aldean, Stephen Root, Vic Browder, Luce Rains
Voto: 7/ 10
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La magrissima January Jones (la prima signora Draper di Mad Man) è sposata a Eduardo Noriega («non sapevamo fosse così famoso in Europa» dicono i fratelli Miller; ma alzi la mano chi effettivamente lo conosce) con cui gareggia a sparare alle bottiglie di vetro nel patio: capiamo subito che i pantaloni in casa li porta lei, anche se poi si concede (cioè si fa regalare con la forza) un vestito viola non poco appariscente che le servirà in coda al film (e nella locandina). Col marito è tutto rose e fiori, ma il loro terreno coltivato a orto confina con quello di Jason Isaacs, che tinge neri i lunghi capelli bianchi di Lucius Malfoy – nuovo e definitivo messia di Geova, destinato a sedere alla destra del Padre, il cui fanatismo si consuma nel corridoio d'ingresso alla sua casetta costeggiato da gigantesche croci bianche spesso ridipinte. Il pastore, circondato da non pochi seguaci, due mogli e qualche scagnozzo, se ne va in giro a promuovere il Verbo con un coltello ben affilato che non ci pensa due volte a infilare nei petti altrui, se intralciano il suo cammino religioso. Gli metterà i piedi tra le ruote Ed Harris, personaggio osannato dagli organizzatori del festival, bizzarramente bianco in testa e turchino vestito, che ci si presenta prima ballando poi fracassando un cranio. Auto-elettosi nuovo sceriffo della città, in una non ufficiale coalizione con la Jones cercherà di arrivare allo stesso risultato in un letterale labirinto abitato da maiali.
Dopo Touching Home (che non ha visto nessuno) i fratelli Miller ritornano sullo schermo e passano da Berlino, ma scorpati: Logan è solo regista e Noah lo aiuta con la sceneggiatura. S'è parlato dal primo momento dei “nuovi fratelli Coen”, ma s'è parlato ancora di più di Tarantino; con cui in realtà questa storia ha in comune solo la sposa abbandonata all'altare circa che cerca vendetta, ma dopo Django (ma anche dopo Il Grinta) tutti si aspettavano una svolta generale al western che non è arrivata; questa è l'eccezione alla regola, che come il film di Quentin – e come il western in generale – segue la sua trama liscia liscia verso l'epilogo-resa dei conti. «Qual è la scena madre del film?» mi è stato chiesto, e io ho risposto: dato che ogni azione genera la successiva, ogni episodio è conseguenza del precedente, la scena madre sarebbe la penultima (non l'ultima). Per cui più che la storia, del film sono degni di nota i personaggi: non tanto Isaacs, la cui parte è facilotta – ma comunque ben fatta, quanto Harris, ultra-elogiato sia qui che al festival tedesco, personaggio meno western degli altri eppure non fuori luogo, che ritrova il suo motivo di star là insieme agli altri due, al parroco e alla Mulan/ Jones, di cui vediamo – come ogni film virile vuole che sia – la solita scena di bagno al lago. In cui però lei tira fuori l'arnese...

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