venerdì 6 dicembre 2013

soli a Capodanno.



Risate Di Gioia
id., 1960, Italia, 106 minuti
Regia: Mario Monicelli
Sceneggiatura non originale: Suso Cecchi D'Amico,
Agenore Incrocci, Mario Monicelli, Furio Scarpelli
Basata sui racconti Risate Di Gioia e Ladri In Chiesa di Alberto Moravia
Cast: Totò, Anna Magnani, Ben Gazzara, Fred Clark,
Edy Vessel, Gina Rovere, Toni Ucci, Kurt Polter, Mac Ronay
Voto: 7.7/ 10
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Nell'Italia di tanto tempo fa un film chiamava l'altro: Visconti aveva speso eccessivamente troppo per ricostruire la Venezia de Le Notti Bianche che venne chiesto alla compianta Suso Cecchi D'Amico (Bellissima, Ladri Di Biciclette) di scrivere un film che fosse già su carta di successo e che utilizzasse quei set per riparare al danno. Così, lei – e come si usava nell'Italia di tanto tempo fa, una cerchia di altri sceneggiatori – stese i copioni per I Soliti Ignoti, con nel cast, tra gli altri, Marcello Mastroianni e Totò, per la regia di Mario Monicelli. Fu un successo enorme, e, film chiama film, seguì il successo de La Grande Guerra che consacrò la coppia Totò - Monicelli. Quest'ultimo decise che era giunto il momento di dirigere il più celebre comico italiano in un ruolo da protagonista, e la D'Amico, basandosi su due racconti di Moravia, scrisse (con Monicelli e Scarpelli e Incrocci) il film-veglione di Capodanno (inizialmente affidato a Luigi Comencini) che, su carta, risultava già ostico. Per la parte della protagonista Monicelli chiese alla Magnani: sarebbe stata la prima volta per i due attori di condividere il set. Reticente, la Magnani (preoccupatissima che Totò la oscurasse) infine accettò – e, si dice, per essere risarcita di un film mai uscito, Il Pulcino, girato a causa della causa che lei fece al produttore Sandro Pallavicini. Ma la nuova coppia dello schermo non piacque al pubblico. Il film andò prevedibilmente male, fu dimenticato dai più e adesso Rai Cinema lo riporta in sala, giusto in tempo per le feste, in una nuova versione restaurata.
Anna Magnani è Gioia, ma le risate del titolo sono sue solo in parte. Comparsa per i kolossal di Cinecittà (comparsa tra le comparse nella folla) stacca alle otto del 31 dicembre e si fa invitare dall'aiuto-costumista alla cena festosa di quel gruppo di amici – disperati, a sua insaputa, di essere in tredici a tavola. Ma uno disdice, e sarebbero in tredici con Gioia detta Tortorella, per cui non si presentano all'appuntamento e lei si mette a vagare da sola per Roma. Si imbatte prima in un americano già ubriaco alle nove, desideroso di calarsi nella Fontana di Trevi perché è questa l'immagine che gli americani hanno di Roma; poi s'imbatte in Umberto Vernazzi, detto Infortunio, squattrinato nullafacente con la nomea di portare scarogna. Ha accettato, per quella sera, di fungere da scagnozzo per il siciliano Lello, ladro di fama abile a prendere la refurtiva ma non a tenersela in tasca, e scoprirà a sue spese che Umberto nemmeno possiede quella qualità. Tra un gira e un volta, il trio si troverà spesso insieme e insieme alla Roma bene, che impegnata nei festeggiamenti (dalle 8 alle 10.000 lire per un tavolo) (e all'Eur l'anno scorso c'erano tre orchestre) non si accorgerà (quasi) mai dei tentativi di furto.
Eccetto le continue battute della Magnani e la capacità d'ingoffirsi di Totò, di risate ce ne sono molto poche, coperte da una grandissima amarezza per questi tre (due) personaggi che si ritrovano completamente soli in una capitale festosa e egoista che nemmeno si accorge della loro presenza. Il rischio di non festeggiare o di festeggiare male è dietro l'angolo – ed è meravigliosa la scena in metropolitana, in cui si dipinge la classe ancora più emarginata della società. Ma mentre questi sono consenzienti alla condizione, la Magnani si rifiuta, lotta, spera fino in fondo, ci prova, e sospira quando, in un castello, ha quasi trovato marito.
Per la parte di Lello fu la Magnani a suggerire Ben Gazzara, giovane attore di origini italiane che lei aveva conosciuto ad Hollywood. E forse è qui la causa dell'insuccesso: uno sconosciuto, un Premio Oscar ormai più impegnato in America che in Italia e un comico (criticatissimo in vita quanto osannato dopo la morte) legato al cinema provinciale non convincevano, insieme. Eppure il trio funzione – e il tempo ne ha dato giustizia – e lo sketch Geppina Geppì che Anna e Totò eseguono su un palchetto di un locale, omaggio ai tempi in cui facevano varietà assieme durante la Guerra, è passato alla storia.

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