sabato 7 dicembre 2013

blue moon.



Blue Jasmine
id., 2013, USA, 98 minuti
Regia: Woody Allen
Sceneggiatura originale: Woody Allen
Cast: Cate Blanchett, Alec Baldwin, Bobby Cannavale,
Louis C.K., Andrew Dice Clay, Sally Hawkins,
Peter Sarsgaard, Michael Stuhlbarg
Voto: 8.4/ 10
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Jasmine ha questo problema: parla da sola. E le persone che le stanno attorno, mentre parla da sola, credono che lei stia parlando con loro, per cui si protendono, l'ascoltano, intervengono. Così, lei smette di fissare il vuoto e si rianima, un po' imbarazzata, prende il suo Xanax che non sempre fa effetto e se ne va. Se è in aereo – rigorosamente prima classe, dovessero anche non esserci i soldi – continua a parlare senza andarsene e quando parla racconta sempre aneddoti della sua vita, il passato col marito Hal, col figlio non biologico Danny (un ritrovato Alden Ehrenreich dopo Beautiful Creatures e soprattutto il Tetro di Coppola) e con la famiglia adottiva, perché Jasmine è stata adottata, e ha una sorella non biologica adottata pure lei, e all'interno della famiglia patchwork Jasmine (che si chiamava Janette ma è intervenuta all'anagrafe) era quella «con i geni buoni». Sposata al ricchissimo pescecane Alec Baldwin (terzo film con Allen), ha passato gran parte della vita a galleggiare nella vasca asciugandosi il polso per provare i bracciali che il marito le regalava, dare cene in casa per sfoggiare qualche nuovo abito e tenere sotto controllo la grande beneficenza che la sua famiglia portava avanti perché «quando sei molto ricco, devi essere generoso». E le scene di questo pezzo di vita le vediamo quando Jasmine si ferma, fissa un punto, e parte a conversare ricordando i bei tempi andati, ora che è dall'altra parte della costa americana, nella «intimamente accogliente» casa di sua sorella che ha due figli grassi e chiassosi e un fidanzato meccanico e primitivo. La classe, l'eleganza di Jasmine (e la sua unica giacca e la sua unica borsa di Hermès che costava più di tutto il budget per i costumi, che di fatto sono stati presi in prestito e non acquistati) sono sempre fuori luogo e Cate Blanchett è incredibile nel rendere il perenne disagio di questa donna convinta ancora di vivere tra le nuvole o almeno speranzosa fino in fondo di tornarci. Si umilia lavorando, cercando di imparare a usare una macchina che è più intelligente di lei, ma in fondo sa che l'unica cosa che può fare è trovare un nuovo paio di pantaloni con dentro un portafogli, che sia meno pingue del precedente ma almeno voluminoso. Lei è bloccata tra un passato che rimpiange seppure pieno di errori e un futuro che la spaventa da morire perché non può essere previsto né controllato, e allora s'imbottisce di psicofarmaci, di vodka-matrini con twisted lemon, se la prende con la sorella in grado invece di accontentarsi di tutto ciò che capita. La sorella sarebbe Sally Hawkins, geniale in Happy Go Lucky e qui azzeccatissima, cassiera di supermercato cosciente della propria condizione e senza sogni più grandi di lei, senza rimpianti per una ricchezza che (il marito del)la sorella le ha fatto perdere. È azzeccatissimo anche il compagno, il Bobby Cannavale di Boardwalk Empire e Nurse Jackie, e quello che diventerà il suo amante, l'amatissimo in America Louis C.K.. La Hawkins si ritrova a dividere il set (ma di fatto non si incontrano mai) con un irriconoscibile Peter Sarsgaard dopo An Education in cui erano moglie e marito birichino, e nessuno dei due mantiene il suo accento inglese.
Con un cast meno d'eccezione del solito in quanto a fama, ma assolutamente brillante per interpretazioni, Woody Allen ritrova la linfa che aveva perso da vent'anni con una breve interruzione (Match Point) e chiarisce che: il cinema migliore non gli è venuto in Europa e l'abilità più grande è quella di dirigere le attrici. Dopo le storiche Diane Keaton e Mia Farrow ci ha riprovato con Scarlett Johansson e Penélope Cruz ma solo adesso la magia gli è riuscita: Cate Blanchett è perfetta, da Oscar, si sobbarca il film intero e lo fa passando da un registro all'altro con una facilità impressionante, rendendoci mai patetico ma anzi amorevole un personaggio che in fondo è pessimo. La teoria del «faccio tanti film sperando che uno buono ne venga fuori» questa volta ha funzionato.

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