giovedì 26 dicembre 2013

corri Walter.



I Sogni Segreti Di Walter Mitty
The Secret Life Of Walter Mitty, 2013, USA, 114 minuti
Regia: Ben Stiller
Sceneggiatura non originale: Steve Conrad
Basata sulla storia di James Thurber
Cast: Ben Stiller, Kristen Wiig, Sean Penn, Adam Scott,
Kathryn Hahn, Shirley MacLaine, Adrian Martinez
Voto: 4.2/ 10
_______________

È la vita, ad essere segreta, nel titolo originale, e non i sogni nostrani; una vita non meglio identificata se non con un lavoro nello sviluppo negativi del magazine Life e una famiglia ridotta a mamma non demente e sorella apparentemente demente. La vita segreta era la stessa del Walter Mitty del 1947, che pure in italiano era diventata onirica chiamandosi Sogni Segreti (di Norman Z. McLeod, regista dei fratelli Marx) – però qui è resa moderna: dalla chiusura del giornale che come tutti i giornali si ritrova a uscire soltanto in digitale, online, e dalla presenza di Instagram sugli smartphone dei pescatori islandesi, dei social-network per quarantenni single che si mandano gli occhiolini, dai voli last minute a cui si accede senza che noi ce ne accorgiamo. Entrambi i due Walter, di quel film e di questo, sono silenziosi e impacciati e sognano che la propria esistenza possa subire mutazioni catastrofiche in cui la scampano da eroi: si lanciano nei palazzi a salvare i gattini, scalano le montagne per raccontare poesie alle donne. In realtà questo Walter, quello che Ben Stiller interpreta e dirige, non ha nessuno spessore psicologico: non è effettivamente impacciato, non lo è sempre, si trova a suo agio in famiglia e col collega più stretto e poi in società si fa mettere i piedi in testa dal capo – ma quanti lo fanno, e non hanno un film apposito? Conduce una vita che supponiamo piatta e allora, siccome non trova un negativo che dovrebbe essere in una bobina, parte all'avventura inseguendo il celeberrimo fotografo autore dello scatto come se un solo negativo di tutta la bobina potesse viaggiare di vita propria, o come se un fotografo incontattabile telefonicamente potesse fornire, dai pellegrinaggi in cui si trova, una copia dell'immagine. E così il giornale – che, ricordiamo, sta chiudendo – come se niente fosse lo lascia andare in Groenlandia, in Islanda, nell'Afganistan del nord mentre i giorni passano e la copertina non va in stampa, senza che lui riceva nemmeno un richiamo dalla direzione; lo chiamerà solo il tizio del social network senza pagare tariffa internazionale né trovare mai la rete debole. Tra gli spostamenti, i dialoghi, la successione degli eventi che non rispettano un'unita di tempo né possono effettivamente svolgersi in così pochi giorni, il film è inaccettabile. Succedono cose di una surrealtà estrema, che nemmeno si sforzano di far domandare allo spettatore: ma è vero o se lo sta immaginando? Ciò che Walter immagina, in realtà, si riduce ai primi minuti del film; per il resto è tutto irrealmente vero alla ricerca di un uomo a partire da due foto intraducibili e quattro parole arabe. Lo sceneggiatore Steve Conrad, che ha lavorato col nostro Muccino a La Ricerca Della Felicità, non si è neanche sforzato di rendere il lavoro semiotico un po' più articolato, e ha ricondotto tutto alla figura materna, una Shirley MacLaine neppure psicologicamente credibile, che non si sa bene cosa fa. L'unico personaggio riuscito è la sorella Odessa (Kathryn Hahn), artistoide divisa tra yoga e teatro, mentre il nuovo capo cattivo giunto a licenziare tutti (a cui si fa la paternale finale perché non ha un'anima né sa lo slogan del giornale) è il più grande cliché che il cinema di quest'anno abbia concepito, contro il quale dovrebbe schiantarsi il cast di Tra Le Nuvole. Salviamo anche Kristen Wiig, sceneggiatrice de Le Amiche Della Sposa, che è tanto cara ma poverella dice le cose più sceme di tutti.
Gli effetti speciali eccessivi e i grandi panorami esotici completano il pacchetto da film “proprio bello” di cui il popolo parla all'uscita della sala, senza cogliere il riferimento a Forrest Gump nel «corri a prendere la bici!» né l'allegoria della fotografia non scattata da Sean Penn – invito a vivere l'attimo intensamente e per se stessi, film con tanto di ultima scena patetica e penultima scena a cui una mente leggermente evoluta arriva al minuto cinque e terzultima scena più patetica ancora della successiva. Uno spreco di soldi inumano, che forse finge di essere nostalgico verso i tempi andati (nella carrellata laterale con le copertine di Life di sfondo) e invece usa anche quelle immagini per rendere una sequenza spettacolare.

Nessun commento:

Posta un commento