mercoledì 4 febbraio 2015

quattro sabotino.



Boxtrolls
- Le Scatole Magiche
The Boxtrolls, 2014, USA, 96 minuti
Regia: Graham Annable & Anthony Stacchi
Sceneggiatura non originale: Irena Brignull & Adam Pava
Basata sul romanzo Arrivano I Mostri! di Alan Snow (Mondadori)
Voci originali: Ben Kingsley, Jared Harris, Nick Frost,
Richard Ayoade, Tracy Morgan, Dee Bradley Baker,
Isaac Hempstead Wright, Elle Fanning, Steve Blum
Voci italiane: Massimo Lopez, Stefano Benassi, Renato Cecchetto,
Davide Lepore, Fabrizo Vidale, Roberto Gammino,
Andrea Di Maggio, Lucrezia Marricchi
Voto: 6.8/ 10
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Candidato a un Premio Oscar:
film d'animazione
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Al terzo lungometraggio animato, la LAIKA di Coraline prosegue il suo percorso narrativo fatto di mostri e di incubi, di minacce fantasma e esseri ripugnanti: Paranorman era stato la vetta di questo universo di abitanti, visibili solo dal bislacco protagonista, omaggio a quei colori pop dei B-movies degli anni '70 – e al fucsia e al celeste fluo si sostituiscono adesso toni terrosi, ocra, il colore dei formaggi attorno ai quali ruota tutta questa storia, a partire dal nome della città, Pontecacio, in cui si aggira la minaccia di questi boxtrolls, esseri, mostriciattoli vestiti di scatole di cartone per alimenti, che di notte scendono in strada e rapiscono apparentemente bambini per disossarli e mangiarli. O almeno così si dice: l'unica creatura che hanno rapito, dieci anni fa, è stato un bambino che è tuttora vivo, e adesso vive e lavora come uno di loro nonostante il fisico né il linguaggio siano così similari. Uovo, dalla dicitura del cartone di cui si addobba, però, ha imparato a parlare a differenza di chi lo circonda: una serie di Minions brutti, incomprensibili ma con il valore aggiunto della riconoscibilità a partire dalla forma, dalla scatola che indossano, dal nome o da caratteristiche come la dentiera mobile. I boxtrolls in realtà non sono creature malvagie, non escono alla notte a rapire bambini: cercano pezzi di scarto, strumenti, ferraglie, perché sono degli ottimi costruttori. Si aggirano, per la città, anche gli accalappiatori di rosso vestiti, che raccolgono i folletti e li eliminano: il leader di questa gang vuole dimostrare agli abitanti di meritare la tuba bianca, il cappello a cilindro che lo eleverebbe sulla società facendolo sedere al tavolo della degustazione, tra quella classe dirigente che invece di preoccuparsi dei problemi del paese sperpera il denaro in prelibate forme di formaggio stagionato. Creature ripugnanti, cibi nauseabondi, rigurgiti, sanguisughe, bubboni, capigliature fetide e brutte dentature, brutti vestiti cenciosi, addirittura un travestismo molto poco riuscito: parrebbe un inseguimento all'orrido, a tutto ciò che un bambino nella propria fiaba non vorrebbe, sicuramente non un bambino femmina, sempre a sottolineare quel concetto per cui non va temuto il diverso se non lo si conosce, ma anche che non vanno presi per buoni quelli che dicono di esserlo solo perché lo dicono. Si insinua il solito rapporto padre-figlia in cui lui lavora troppo per ascoltarla e lei gli dimostra che esiste complicandogli la vita. Il popolo viene dipinto come massa, gregge inutile e burattino. Simon Pegg e Nick Frost, migliori amici nella vita, giungono alla sesta collaborazione cinematografica anche se hanno registrato le parti singolarmente; si aggiungono Elle Fanning, che ha in famiglia anche la voce di Coraline, Dee Bradley Baker, voce di Pesce e Ruota, che ha contribuito all'ideazione del linguaggio dei boxtrolls, e sir Ben Kingsley nella parte del cattivo, il cui alter-ego transvester Madame Frou Frou ha la voce canterina di Sean Patrick Doyle, abitué di Broadway che ha interpretato, tra gli altri musical, Il Vizietto. Il commento sonoro a tutto ciò è di Dario Marianelli, l'italiano di Orgoglio E Pregiudizio che, in quanto italiano, infila a più non posso un coretto nostrano che inneggia ai prodotti caseari di stagionatura lunga e non. Per questo, per lo stop-motion che vale sempre la pena e per il suo meta-epilogo in cui si tergiversa sulla fatica dell'essere animati, vale la pena guardarlo. Ma si finisce con un senso di strettezza, di claustrofobia, di paesaggi minuscoli: sentimento che si allarga al film.

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