Red Lights
id., 2012, USA, 113 minuti
Regia: Rodrigo CortésSceneggiatura originale: Rodrigo Cortés
Cast: Cillian Murphy, Robert De Niro, Elizabeth Olsen,
Sigourney Weaver, Toby Jones, Joely Richardson
Voto: 6.8/ 10
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Le “red lights” sono le metaforiche luci rosse nelle folle, persone che si comportano in modo sospetto fuori dai teatri in cui sta per andare in scena lo spettacolo di un mago o sensitivo.
La Sigourney Weaver di Avatar e prima di Alien allora se ne sta in macchina insieme alla giovane (e brava, e bella) Elizabeth Olsen a fotografare queste identità dubbiose prima di entrare in sala e cominciare a lavorare, mentre Cillian Murphy, fuori, con la sua faccia da pazzo di sempre si aggira tra i passanti e ruba ora il portafogli ora il passaporto. Il loro mestiere è questo: smascherare gli impostori. Ma non come fa Batman o la polizia: loro si affidano al raziocinio umano, a leggi scientifiche, sono un fisico e una psicologa che lavorano molto poco come privati e ancora meno come dipendenti statali e arrancano cercando di portare la ragione nelle case degli americani. Gente che se ne sta davanti al televisore a bere tutto ciò che viene detto, tutto ciò che viene mostrato: cucchiai piegati, tumori guariti, corpi levitati.
La Weaver ha un passato burrascoso di cui ci parla poco (e male), Murphy è giovane e pieno di entusiasmo, la Olsen fa la parte della fidanzatina di lui, prima studentessa poi alzata ad aiutante grazie ai poteri del letto, doppiata come un cane e diretta ancora peggio. Loro tre, più un altro nerd che raccatteranno alla fine, passeranno più della metà del film a lavorare sul più celebre sensitivo dello Stato, Robert “Silver” De Niro, apparentemente cieco e intonso, che pare non usi trucchi di nessun tipo e che si era ritirato dalle scene quindici anni fa dopo uno spettacolo finito in tragedia. Questo decide di tornare, e questi (soprattutto Cillian) decidono di scoprire dove sta il trucco, mentre una equipe di medici (che i fondi dallo Stato li prendono a palate) dimostra con video che il mago è mago per davvero.
Dopo il claustrofobico Buried tanto piaciuto a una cera stampa che si emoziona con poco, costato pochissimo e lodevole dal punto di vista dell'idea di base ma carente col passare di questi novanta minuti che sfociavano nel nulla, Rodrigo Cortés torna nelle nostre sale con un altro prodotto da lui scritto diretto e montato (nel frattempo ha anche sceneggiato l'horror Emergo) e per rifarsi di quell'altra esperienza chiama a sé attori su attori che si muovono in scene su scene e si inseguono, si nascondono, si scazzottano. Pare, ed è chiaro soprattutto con la scena del teatro finale, che voglia semplicemente omaggiare un filmone venuto prima di lui, capolavoro indiscusso di Christopher Nolan, che si chiama The Prestige, in cui pure c'era da una parte il mago mago e dall'altra il mago impostore di cui venivano mostrati tutti i trucchi e gli arnesi. Ma se quello era un film tutto cerebrale impeccabilmente scritto e ben montato, questo si piega di più ai gusti del pubblico U.S.A. che tanto apprezza l'horror paranormale e la science-fiction di C.S.I. e Criminal Minds, infatti vediamo deliri notturni, incubi che fluttuano, luce che se ne va, uccelli che si schiantano contro il vetro, gente in camice che avanza ipotesi.
Voto che oscilla tra poco meno e poco più del sette perché ora si riprende con un colpo di scena ora si accascia con un'apocalisse ingiustificata, ora si compone di personaggi stereotipati (tipo l'algida assistente del mago che pare sempre nascondere qualcosa) ora si salva con personaggi che spuntano dal nulla. Un'idea che poteva essere sviluppata molto peggio, sfociando nel demenziale grottesco, ma anche molto meglio, perché questi ricercatori di fenomeni paranormali io neanche sapevo esistessero.
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