mercoledì 5 febbraio 2014

la tua ragione il tuo perché.



Lei
Her, 2013, USA, 126 minuti
Regia: Spike Jonze
Sceneggiatura originale: Spike Jonze
Cast: Joaquin Phoenix, Scarlett Johansson, Amy Adams,
Rooney Mara, Olivia Wilde, Chris Pratt, Kristen Wiig
Voto: 8/ 10
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Candidato a cinque Premi Oscar:
film, sceneggiatura originale (Spike Jonze)
scenografia (K.K. Barrett & Gene Serdena)
musica (Will Butler & Owen Pallett), canzone (Karen O & Spike Jonze)
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Il futuro secondo Spike Jonze è abbastanza prevedibile: l'uomo e la macchina vivono quasi in simbiosi, il tempo non è più denaro ma oro, la collaborazione virtuale ha superato i limiti di Wikipedia ed è estrema, al punto che c'è qualcun altro, qualcuno più capace, che paghiamo per scrivere lettere toccanti a nome nostro (ed è questo il mestiere di Joaquin Phoenix ed è questa la trovata più interessante del film); il sesso si fa al telefono, senza vedersi, attraverso una piattaforma di annunci hot; le mani possono essere impegnate a fare altro perché i computer hanno il riconoscimento vocale. Succede poi che i software vengono muniti di voce e capacità relazionare, e col nome di OS vengono messi in commercio – richiamo/ frecciatina che ricorda lo scontro PC vs. Mac che era già alla base visiva di WALL•E. Joaquin aka Theodore installa la versione a voce femminile, le chiede come si chiami e lei in meno di un secondo ricerca nel web elenchi di nomi esistenti, ne sceglie uno e risponde «Samantha». Funzionerà anche da spenta: leggerà la posta, invierà mail, controllerà le previsioni del tempo, formulerà basi musicali – in modo che Theodore possa elaborare la fine del suo matrimonio con Rooney Mara (dimenticate la ragazza Che Giocava Con Il Fuoco) e firmarne finalmente le carte per il divorzio. Ma i ricordi sono troppi e sono strazianti e, nel futuro come oggi, separarsi non è facile. Succede poi che la relazione con Samantha-il-software aumenta e noi siamo spettatori della perfetta evoluzione di un rapporto, che rispecchia tutte le realtà, e semplicemente non conta uno dei due corpi; siamo continuamente di fronte a Phoenix, che ormai totalmente a suo agio con la macchina da presa si emoziona, s'ammattisce, si incanta davanti allo smartphone come faremmo noi se ascoltassimo un messaggio vocale. Lui però ascolta una voce, quella di Scarlett Johansson, che vive il dramma di non essere reale, che si sorprende nel provare emozioni; sarà restio nell'ufficializzare il fidanzamento davanti ad altri e quando lo farà non riscontrerà nessuna sorpresa. Non è una critica a ciò che diventeremo: è una constatazione di quello che siamo – ci conosciamo on-line, chattiamo, ci videochiamiamo, e nella fascia più adolescente che sta vivendo il momento, crediamo di innamorarci effettivamente di persone che non abbiamo mai visto. Il futuro di Spike Jonze è imminente, non a livello tecnologico (dove la barra del caricamento imita il DNA umano) ma comportamentale, e prevede la stessa nascita crescita e morte dei sentimenti tra umani e non umani. Il tutto circondato dai meravigliosi fondali di K.K. Barrett (scenografie, già con Jonze nei film precedenti) e Gene Serdena (set), che hanno inventato una condizione post-moderna ritornando all'elemento del colore puro, aiutate dall'immensa fotografia di Hoyte Van Hoytema (The Fighter, La Talpa). Nonostante ciò, è il film più debole della scarna carriera cinematografica dell'autore, cominciata in pompa magna con Essere John Malkovich e andata piano piano calando: si sente l'assenza dei collaboratori alla sceneggiatura, da una parte per la mancanza di aspetti surreali preponderanti (esemplare la differenza col film scritto e diretto da Charlie Kaufman) dall'altra per una serie di lacune narrative – ma sarà colpa anche della quasi totale presenza di un solo attore che si carica non solo la pellicola ma anche i dialoghi (uno dei quali, il più piccante, è con Kristen Wiig). Le lacune cinematografiche vengono però colmate dall'intento, dall'essere riuscito a costruire un film ambientato nel futuro che non parla di marchingegni e navicelle e macchine ma di sentimenti: un non-sci-fi. Perché, in fondo, le navicelle non arriveranno mai.

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