venerdì 20 giugno 2014
#Cannes: lundi matin.
Due Giorni, Una Notte
Deux Jours, Une Nuit, 2014, Belgio/ Italia/ Francia, 95 minuti
Regia: Jean-Pierre & Luc Dardenne
Sceneggiatura originale: Jean-Pierre & Luc Dardenne
Cast: Marion Cotillard, Fabrizio Rongione, Pili Groyne,
Simon Caudry, Catherine Salée, Batiste Sornin, Alain Eloy
Voto: 8/ 10
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Premio Speciale della Giuria Ecumenica
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La vita vera non è nella vita vera ma nei film dei Dardenne – con questo pensiero e il dvd di Rosetta sulla scrivania vado ad affrontare il nuovo Due Giorni, Una Notte, uscito puntuale dopo tre anni e puntualmente in Concorso a Cannes dopo i precedenti Il Ragazzo Con La Bicicletta e Il Matrimonio Di Lorna, entrambi premiati con qualcosa – ma sarebbe stato impossibile che venisse data, per la terza volta, la Palma d'Oro ai fratelli Dardenne – ed entrambi abbastanza didascalici già dai tutoli. Questi due giorni, invece, sono quelli che Sandra ha a disposizione, sabato e domenica, per convincere i sedici colleghi della ditta di pannelli in alluminio per cui lavora a votare per il suo non-licenziamento; un voto per lei è un voto di rinuncia al premio aziendale da mille euro che il temutissimo capo concede a ogni impiegato, ed è dura fare in modo che la gente rinunci a dei soldi per avere ancora una collega. «Durante la tua assenza ci siamo accorti che riusciamo a lavorare bene in sedici, non c'è bisogno di un diciassettesimo» si sente dire – e lentamente scopriamo che l'assenza è stata causata da un periodo di depressione che le ha conservato dello Xanax nell'armadietto dei medicinali, in bagno, dove i due bambini piccoli non potrebbero arrivare. A quell'armadietto ogni tanto Sandra si reca, spesso di nascosto, sempre colta da attacchi di pianto. Distrutta, sola al mondo, col pensiero costante di essere tanto inutile quanto invisibile, viene tentata a tutte le ore dal letto mentre il marito le grida di lottare, provarci ancora. Il piano è recuperare i sedici indirizzi e citofonare e parlare direttamente coi colleghi, chiarire la situazione e pregare che votino per lei, rinunciando al denaro. In quest'odissea corta s'imbatterà(nno) in famiglie precarie, uomini sensibili che scoppiano in lacrime, donne vittime del proprio matrimonio, lavoratori in nero durante il fine-settimana, padri e figli violenti. È la periferia della vita che i registi belgi hanno sempre documentato e che qui, più delle altre volte forse, sfiora il documentario. «Si vede che sono due vecchi» dicevano dal posto dietro al mio, «la scena in cui cantano in macchina, si vede che è girata da due vecchi». Io, invece, ho trovato la scena in cui cantano in macchina semplicemente naturale: girata così come noi la vedremmo se fossimo in macchina. L'uso degli interminabili pianisequenza, la telecamera a spalla, la decisione di non tagliare tempi (per cui vediamo l'uomo che ci corre incontro per l'intero tragitto della sua corsa, per quanto potrebbe sembrare noiosa), sommati al tema attualissimo e tremendo, alla trovata geniale di mettere delle persone davanti alla scelta tra la pietà cristiana e il materialismo economico, fa di questo film un punto d'arrivo a cui un giovinastro non potrebbe mai giungere – perché pericolosissimo: al terzo tentativo di Sandra ci viene da pensare: oddio ma tutta la pellicola parlerà di questo? E in effetti lo fa: la magia sta nel come. E in altre due cose: l'interpretazione straordinaria di Marion Cotillard, incontro strepitoso col cinema dei due maestri, su cui loro fanno totale fiducia inquadrandola infinitamente e senza sosta (non c'è una scena in cui lei manchi), nei vari cambiamenti di umore, nei pianti e nelle risate, nelle poche prese di posizione e nei tanti sconforti, grazie anche a una sceneggiatura che, naturalmente, rivela piano piano i pezzi di storia che ci mancano e che ci servono; e, seconda cosa, un finale che confeziona impeccabilmente, senza calare di tono, l'originale trama. Il «piattume» che si sente dire dalle file in fondo va preso come un «nervosismo minore» dei precedenti, Rosetta in primis; senza corse né inseguimenti né tensioni inaspettate: solo l'attesa del lunedì mattina.
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