martedì 16 giugno 2015

non meno della gioia.



La Vita Oscena
id., Italia, 2014, 85 minuti
Regia: Renato De Maria
Sceneggiatura non originale: Renato De Maria
Basata sul romanzo La Vita Oscena di Aldo Nove (Einaudi)
Cast: Clément Métayer, Isabella Ferrari, Roberto De Francesco,
Andrea Renzi, Iaia Forte, Anita Kravos, Duccio Camerini,
Miriam Giovanelli, Eva Riccobono, Hamarz Vasfi
Voto: 5.2/ 10
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La storia vera di Aldo Nove, prima che si chiamasse Aldo Nove, è passata dal comodino di Renato De Maria a quello di sua moglie Isabella Ferrari sotto forma di libro autobiografico edito per Einaudi Stile Libero – lei fa a lui: se ci fai un film, io voglio fare la madre; spiega: perché mi piace questa figura hippy fuori tempo, che vive solo attraverso i ricordi. Vive attraverso i ricordi perché Aldo Nove, che prima di chiamarsi Aldo Nove si chiamava Antonio e nel film Andrea, nel momento in cui credeva di stare per perdere il genitore femmina – una depressione lunga mesi e poi la diagnosi di una «brutta malattia» – improvvisamente vede morire il padre di ictus; pochi mesi dopo, sotto chemioterapia, incerta sulla parrucca con cui convivere, morirà anche la madre. Ritrovatosi solo e in una casa grande e vuota, Andrea si perde: e si perde il film, che in realtà non ha idea di dove si trovi nemmeno all'inizio: rivediamo spesso la stessa scena che ci verrà spiegata come se tornassimo indietro nel tempo: la realtà è che non esiste tempo, uno schema narrativo, né uno registico: la grana della pellicola cambia fingendo di passare da filmini privati a scene di finzione, fino a una foto di famiglia in posa in cui le luci (immense dell'immenso Daniele Ciprì) cambiano in pochissimi secondi. Niente è stabile, né Andrea né la sua vita, che è oscena solo per narrazione, in realtà pudica su schermo. Alla fermata dell'autobus incontra Eva Riccobono che Dio solo sa com'è arrivata a fare cinema: la bacia chiedendole di Umberto Saba, poi la ritrova, infermiera sexy, in un non-sogno post-incendio auto-prodotto della propria casa («sono cresciuto con l'idea che l'esplosione della casa, che è fondamentale per me come per il romanzo, fosse un evento da nascondere, da lasciare nel non detto» dice Nove a Giuliano Sangiorgio). Lo sbando è moderato dal professore, che legge ad alta voce le poesie del suo alunno preferito, che gli trova un posto a Milano per studiare: a Milano, invece, Andrea cercherà la morte sniffando sedici grammi di coca, bevendo rum a colazione, passando dalle prostitute perfette fisicamente a quelle sovrappeso e sovra-età (Iaia Forte in un'unica scena, con la parlata che aveva dato alla Carmèn diretta da Mario Martone) a cui non dice niente, declamando fuori campo versi e righe in prosa. La voce del fuori-campo è di Fausto Paravidino: dizione imperfetta e qualche parola biascicata (per fortuna ripete dieci volte «albero» altrimenti sarebbe incomprensibile) perché la faccia di Andrea/ Antonio/ Aldo è di Clément Métayer, francese, virtuosista dello skateboard – e ne abbiamo la prova – già in Qualcosa Nell'aria dove pure era un proto-hippy allo sbando tra l'arte e l'acido. Alla fotografia di Ciprì si somma la musica dei DeProducers e il montaggio di Jacopo Quadri che lavorano in direzioni proprie prendendo a esempio quella fattura allucinata anni '70 da riproporre liberati dalla narrazione attraverso i dialoghi e dai confini del reale: qualcuno elogia il lavoro finito, qualcun altro nota che quasi niente esce dal già-visto, con la differenza che il viaggio nell'oscenità in questo caso è privo di empatia e immersione, ma anche descrizione, coinvolgimento: il cielo rosa e blu fuori dalla finestra e la poesia fuori campo durante una scena di sesso non aggiungono niente a una biografia che in tre righe, su carta, avremmo immaginato esattamente così. Aldo Nove si dice soddisfatto; De Maria – che ha già incontrato difficoltà con Amatemi e Paz! – dopo aver presentato il film a Venezia nella sezione Orizzonti ha vissuto l'odissea di farlo arrivare in sala quasi a un anno di distanza: in 24 sale. Tant'è che ha già finito il prossimo film.

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