venerdì 10 gennaio 2014

lega, nord.



Il Capitale Umano
id., 2013, Italia, 109 minuti
Regia: Paolo Virzì
Sceneggiatura non originale: Francesco Bruni,
Francesco Piccolo e Paolo Virzì
Basata sul romanzo Human Capital di Amidon Stephen
Cast: Valeria Bruni Tedeschi, Fabrizio Bentivoglio, Valeria Golino,
Fabrizio Gifuni, Luigi Lo Cascio, Giovanni Anzaldo,
Matilde Gioli, Guglielmo Pinelli, Gigio Alberti, Bebo Storti
Voto: 8.5/ 10
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Che si tolga i panni di direttore di un festival o che si metta quelli di agnello sacrificale della stampa italiana, Paolo Virzì resta il più grande fotografo della condizione sociale contemporanea: aveva saputo raccontare, sempre partendo da un romanzo all'epoca semi-sconosciuto, il lavoro precario di una laureata in Filosofia ridotta ad un call-center in stile reality show (e mai film fu più profetico) e poi, sempre partendo da un romanzo semi-sconosciuto, l'amore che arranca per arrivare a fine mese di un letterato e una cantautrice sui trenta. E il lavoro umano, più che il capitale, torna ad essere protagonista dell'ultima pellicola che, costruita a cerchi concentrici, racconta per episodi, focalizzandosi su tre personaggi principali, uno spaccato di Lombardia, la Brianza tanto cara ai leghisti. E proprio sul neo-leader della Lega è modellato (fisicamente, per carità) Fabrizio Bentivoglio, forse il personaggio meglio dipinto e con maggiore profondità interpretato: un padre di famiglia, divorziato e ri-accoppiato (con modesta psicologa Valeria Golino) che perde acquolina dalla bocca nell'accompagnare la figlia in casa (villa) dei Bernaschi, famiglia bene che bazzica tra la periferia e Milano frequentando le maison che portano il nome dei proprietari. Il très d'union tra i due nuclei è la scuola che la figlia di Bentivoglio, Serena (Matilde Gioli; ma dove l'han trovata una ragazza così bella e brava?), e Massimiliano Bernaschi (Guglielmo Pinelli) frequentano, nella quale, a fine anno, si celebra la premiazione dell'alunno che si è distinto nei voti, nello sport e nelle amicizie. Tra un'aspettativa troppo alta e una contestazione della grande competizione a cui sono sottoposti i giovani d'oggi, succede che la serata finisce, i personaggi si disgregano e una macchina, tornando a casa, investe uno del catering che pedalava in strada. Chi la guida questa macchina non si sa, e tra i salti temporali e quelli dei personaggi il film, che parte come racconto economico e dell'arrivismo di certi piccoli borghesi, tutti tennis manicure e qualche riunione, si trasforma in thriller dei sentimenti, facendo completamente perdere per la prima volta la veste di commedia tanto cara al regista toscano. Le pellicole precedenti potrebbero apparire lontane e dimentiche, ma invece l'eco dell'amore che sboccia si risente in una passeggiata insieme al “ragazzo sbagliato” Giovanni Anzaldo. Il suo ruolo nel film, come poi gran parte della trama, non è il caso di raccontarli, e anche provandoci ci si riuscirebbe a fatica: siamo davanti a una costellazione degli equivoci e delle apparenze i cui punti si uniscono coprendosi, fino a quello più in disparte, Luigi Lo Cascio, artistoide sicilianotto, teatrante e scrittore devoto alla propria professione che prende e rilascia una sbandata per Valeria Bruni Tedeschi, figura ormai consolidata della silenziosa, rattristata, carnosa mamma con problemi di comunicazione. Le è sposato Fabrizio Gifuni, che con Bentivoglio modella la parlata su quella locale – che negli uomini si sente molto di più; sono la famiglia ricca, ma non furba. La furbizia spetta all'astro nascente dei poveri, come a voler sottolineare una giustizia divina. Da una parte, una ragazza che si è fatta da sola; dall'altra, un ragazzo che è stato fatto dagli altri. Lui necessita una figura accanto, lei la respinge. Quando la trova, succede il finimondo e, come a voler sottolineare una giustizia divina che non c'è, i ricchi tornano al loro status di recitazione sociale e i poveri si accontentano delle spicciole emozioni, anche in carcere.
Tristissima considerazione finale: siamo persone fino a un certo punto, oltre il quale siamo capitale umano; nonostante gli affetti coltivati e l'autorealizzazione, comunque siamo denaro i cui confini stabilirà meccanicamente qualcun altro. La Lega grida all'insulto ai lavoratori: e queste urla confermano la tristezza.

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