sabato 4 gennaio 2014

il forno scientifico.



American Hustle - L'apparenza Inganna
American Hustle, 2013, USA, 138 minuti
Regia: David O. Russell
Sceneggiatura originale: Eric Singer & David O. Russell
Cast: Christian Bale, Amy Adams, Bradley Cooper, Jeremy Renner,
Jennifer Lawrence, Louis C.K., Jake Huston, Michael Peña,
Alessandro Nivola, Elisabet Röhm, Shea Whigham
Voto: 7.7/ 10
_______________

Squadra che vince non si cambia e dopo il successo di critica di The Fighter e il successo di pubblico de Il Lato Positivo, il regista che si ricordava per I ❤ Huckabees e prima ancora per Three Kings solo per le scazzottate con gli attori (George Clooney) e le liti furenti con le attrici (Lily Tomlin) raccoglie quegli interpreti che l'hanno caldamente ringraziato vincendo (Christian Bale, Jennifer Lawrence) o candidandosi (Bradley Cooper, Amy Adams) a un Oscar e mischia la briosa leggerezza nonsense di uno alla virilità corale dell'altro facendo un salto di quarant'anni indietro ma sempre rimanendo in quella parte di America un po' marginale, un po' privata del suo Sogno. Ci è chiaro dalle prime scene: Irving Rosenfeld, un Christian Bale grasso che sottolinea l'elasticità fisica di questo attore camaleonte, per campare gestisce cinque o sei lavanderie, un traffico illecito di quadri d'arte spesso falsi e un finto servizio di prestiti che permette di avere cinquantamila dollari dandone cinque. È il pezzo di storia vera, come ci dice la scritta in apertura: insieme alla compagna Sydney Prosser, il truffatore Rosenfeld aiutò l'FBI a smascherare i corrotti e i mafiosi all'interno della politica americana per non andare in prigione, scoprendo egli stesso, per primo, che la gente coinvolta era sempre più importante di quella appena incastrata, fino al capo di tutte le mafie (un altro attore riciclato, un Robert De Niro che rispolvera la parlata da padrino). In apertura ci viene in realtà anticipato tutto: gli anni '70 dei titoli di testa ben fatti, il grottesco della prima sequenza, in cui Bale si riporta accuratamente i pochi capelli rimasti da una parte, la presenza di un triangolo nato per affari, tra Bradley Cooper e colei che si sobbarca gran parte della pellicola, Amy Adams, smagliante come poche altre volte, e le voci fuori campo che si alternano per raccontare a volte troppo frettolosamente a volte troppo dettagliatamente i pezzi di storia che ci mancano e che volontariamente mancano, e poi la struttura narrativa a salti, che comincia, torna indietro, e poi va avanti. La regola, però, si accascia a metà film, quando compare anche Jennifer Lawrence tanto elogiata per una parte piccola e non così degna di nota e che si trascina dietro tutti i problemi che verranno, i dettagli spifferati all'uomo sbagliato, la civetteria troppo messa in mostra. Ragazza madre, la Lawrence ha un figlio che è il motivo per cui Bale non si decide a scappare con la Adams e fa un po' qui e un po' là, facendosi usare da Cooper e diventando involontariamente amico e confidente di Jeremy Renner, il sindaco buono che essendo costretto ad accettar mazzette finisce dalla parte del torto. In tutto questo minestrone, le cose si complicano continuamente e lo spettatore attento sa che solo un morto potrebbe mettere fine al lunghissimo film; ma il morto non c'è mai perché nessuna pistola spara e se lo fa è solo al soffitto. Il grottesco infatti non nasce da una violenza esagitata mista allo humor involontario (perché di fatto non ci sono battute; fanno ridere i movimenti di camera, a partire dalla tipica carrellata in avanti troppo veloce), ma dagli accentuati costumi e dalle accentuatissime acconciature, esagerate, appariscenti, unici veri elementi di quegli anni '70 che non sono effettivamente stati ricostruiti perché quasi tutte le scene sono al chiuso, di dialoghi in stanze, e così, si sa, è più facile saltare nel tempo (vedere alla voce Argo). L'imperfezione strutturale, troppo prolissa all'inizio che pare essere un film alla Bonnie & Clyde, troppo spaccata in due, desiderosa di colpi di scena e tensioni non sempre azzeccati, viene perdonata grazie a questo quintetto di attori in stato di grazia, che accettano ruoli che non sempre li fanno splendere ma ubbidienti al loro regista, che ancora una volta si dimostra non tanto bravo sceneggiatore quanto eccelso direttore. Sebbene, come tutte le cose troppo elogiate dagli altri, rimanga l'amaro in bocca.

Nessun commento:

Posta un commento