martedì 6 gennaio 2015
ain't-ers gonna ain't.
The Interview
id., 2014, USA, 112 minuti
Regia: Evan Goldberg & Seth Rogen
Sceneggiatura originale: Dan Sterling
Soggetto: Evan Goldberg, Seth Rogen e Dan Sterling
Cast: Seth Rogen, James Franco, Lizzy Caplan, Randall Park,
Diana Bang, Timothy Simons, Reese Alexander, Anders Holm
Voto: 4.8/ 10
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Chiedendosi cosa sarebbe successo se a un giornalista fosse stato chiesto di assassinare un leader politico, molti anni prima di Facciamola Finita, Seth Rogen e Evan Goldberg misero in cantiere il soggetto per un film che avrebbe visto il nord-coreano Kim Jong-il co-protagonista satirico di una sceneggiatura che nel 2011 ancora non esisteva, anno della sua morte. Salito al potere il figlio Kim Jong-un, l'affiatato duo spostò la mira, trovando più divertente utilizzare un personaggio che fosse loro coetaneo; affidarono la sceneggiatura al televisivo Dan Sterling (Girls, The Office ma soprattutto il Daily Show) e la parte del dittatore fu data a Randall Park al primo provino. James Franco arrivò, prevedibilmente, subito dopo. Ma il film si avvale di numerosissimi cameos, alcuni addirittura impercettibili, tra i quali si contano Joseph Gordon-Levitt, Rob Lowe, Kevin Federline (costato 5.000 dollari) e Beyoncé con Jay-Z (10.000 ciascuno, e poi cancellati in fase di montaggio). Già a giugno il governo coreano si espresse: «The Interview rappresenta la disperazione della società americana: un film sull'uccisione di un leader straniero rispecchia ciò che l'USA ha fatto in Iraq, Afghanistan, Siria e Ucraina». Il Guardian rispose che la pellicola «tocca un nervo scoperto del regime» commentando «la nota paranoia del leader sulla sua sicurezza». A luglio: i coreani paragonano l'uscita di un film come questo a una dichiarazione di guerra; il Guardian sottolinea quanta pubblicità si stia facendo. Viene messo in mezzo il presidente Obama, che risponderà solo tra qualche mese. La minaccia di attacchi spietati da parte della Repubblica orientale fa sì che la Columbia sposti la data di uscita dal 10 ottobre al 25 dicembre, modificando nel montaggio e nella post-produzione le scene che avrebbero potuto fomentare la polemica: il design dei bottoni indossati dai personaggi, disegnati sui veri bottoni di guerra inneggianti al leader; la scena della più lunga morte di Kim Jong-un. Ironizzando sulla causa di questo accanimento dei coreani, probabilmente spaventati dal vedere il film nelle proprie sale, Rogen ha dato il via a una campagna di distribuzione di contrabbando delle copie da parte dell'Organizzazione per i Diritti Umani Fighters for a Free North Korea. A novembre, in seguito a un attacco cibernetico, Rogen e Franco hanno dovuto pagare 14.900.000 dollari: il 24, un gruppo di hacker dal nome Guardians of Peace è entrato nelle reti della Columbia e della Sony recuperando dati sensibili degli impiegati e di star sotto contratto quali George Clooney, Leonardo DiCaprio e Ryan Gosling e una serie di pellicole non ancora distribuite quali Annie (ora nelle sale americane), Mr. Turner, Still Alice – ma la Corea ha negato di essere coinvolta. Viene chiesto alla Sony di cancellare The Interview in quanto «film terroristico» ma l'11 dicembre la premiere si fa; il 16 Franco e Rogen cancellano le loro apparizioni pubbliche, il 17 l'uscita nelle sale viene definitivamente annullata (anche perché una serie di multiplex aveva annunciato che non l'avrebbe proiettato), poi il 24 il film viene pubblicato in Europa on demand su varie piattaforme a noleggio (Google Play, Xbox Video, YouTube) e nonostante il milione e mezzo di download illegali nei primi due giorni, è ad oggi il film online più di successo della Sony; il 26 esce in circa 200 sale degli Stati Uniti e incassa quasi 3 milioni di dollari in tre giorni. La storia prosegue, ed è molto più travagliata, incluso l'intervento di Obama: sarebbe stato dimostrato che la Columbia non ha i 300 milioni di dollari necessari per la produzione di 007 Spectre. Molto rumore per nulla (dopo la storia, ecco la trama): il film è una commediola demenziale che si sforza di fare satira senza venirne a capo, sfruttando la simbiosi dei due attori protagonisti Franco e Rogen qui nelle vesti il primo di un presentatore televisivo dalla maschera facciale e dalla fama di Barbara D'Urso e il secondo di un produttore col risentimento di non fare informazione culturale. Pensano che l'intervista al più discusso e controverso leader mondiale, il coreano Jong-un appunto, venerato come un dio e dall'apparente mancanza di orifizi, dittatore di una Repubblica privata del cibo e della democrazia, fissato con gli Stati Uniti al punto da volerli affondare ma poi fan sfegatato di Katy Perry – l'intervista a questo personaggio potrebbe portare ascolti e credibilità molto più in alto, e così ci provano. Ci riescono: ma la C.I.A. capeggiata dalla master of sex Lizzy Caplan mette nelle loro mani un “cerotto” velenoso col quale dovranno far fuori il personaggio. Se in apertura, con una dichiarazione di omosessualità di Eminem, pare di essere davanti a un vero film satirico, che si beffeggia dell'America contemporanea a partire dall'immagine pubblica delle star fino allo slang più becero, l'incanto svanisce presto per scivolare nel più profondo splatter, nella volgarità più soft. Dopo l'autoconvinzione di tornare agli Oscar con Spring Breakers, James Franco si cala totalmente in un'altra performance eccessiva che sfiora l'istrionico, macchietta dei tanti presentatori TV che compaiono di striscio (mentre Ellen viene nominata), uno scemo-fortunato che piace al pubblico, quando il compare allenta le nevrosi di Cattivi Vicini per farsi più banale – sarà però sua la scena culmine. Molto rumore per nulla, dicevo, perché nonostante il doppio ritratto del leader politico, il film non è assolutamente da prendere così sul serio. Le minacce preannunciate e lo scherzo prolungato hanno portato a conseguenze eccessive e ci si domanda come una nazione possa essersela presa tanto – e soprattutto come una serie di attori di certo calibro possa aver accettato comparsate in stile Muppet Show – e soprattutto come la Corea del Nord, $ 40 milioni di PIL all'anno, abbia potuto dichiarare una cyber-guerra a una corporation che ne fattura miliardi.
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