martedì 1 aprile 2014

un amore perfetto.



Allacciate Le Cinture
id., 2014, Italia, 110 minuti
Regia: Ferzan Özpetek
Sceneggiatura originale: Ferzan Özpetek & Gianni Romoli
Cast: Kasia Smutniak, Francesco Arca, Filippo Scicchitano,
Carla Signoris, Elena Sofia Ricci, Carolina Crescentini,
Francesco Scianna, Luisa Ranieri, Paola Minaccioni, Giulia Michelini
Voto: 6.9/ 10
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Gli anni Duemila: niente crisi e i caffè pagati in lire, la spensieratezza dei ragazzi che non pensano al precariato e gli studenti di Medicina che sognano la specializzazione all'estero come se fosse la più esotica delle fantasie. Lecce caput mundi, che splende nei fondali fuori fuoco di Ferzan Özpetek di nuovo, dopo Mine Vaganti, in terra salentina, ma questa volta senza imporre la (tremenda) parlata a nessuno dei suoi attori tranne Francesco Scianna che in Baarìa era siciliano. Viene da chiedersi perché tutta questa gente si sia spostata al Sud, tra toscani e napoletani e romani – aspetto surreale della commedia; non ne avremo risposta. In compenso ci viene regalato un primo pianosequenza da manuale: Kasia Smutniak cameriera al Bar Tarantola passeggia tra i tavoli e tra i colleghi Carolina Crescentini e Filippo Schicchitano le cui conversazioni ci fanno capire che: le ragazze sono fidanzate; la Smutniak sta con Scianna; la Crescentini non si sa con chi stia ma fa buon sesso; Scicchitano non sta con nessuno ma fa sesso occasionale con ragazzi conosciuti in chat – ed è lui il personaggio più riuscito del film, che incarna la solitudine del genere, l'amicizia fraterna non morbosa, l'incapacità di affrontare il dolore, la perenne speranza nel futuro. Usciamo dal locale che è già sera, e il locale è pieno. Prima di due ellissi molto ben fatte che caratterizzano un film altrimenti privo di nocciolo, la cui pecca più grande – oltre ad affrontare fiabescamente un paio di temi cari al film nostrano, soprattutto televisivo – è l'incapacità di incanalare un genere e restarci: si fa fresco calderone di giovinezze iniziali, di amicizie e condivisioni, di legami familiari surreali ma divertenti; poi si trasla e tredici anni dopo vede il problema dell'incomunicabilità di coppia che dopo Antonioni non dovrebbe toccare più nessuno, la crescita dei figli tra i litigi, l'assenza di lavoro, ma sempre accompagnati da uno stato di benessere (economico e affettivo) che ci fa stare un passo indietro dall'empatia. E poi ancora il dramma ospedaliero, la malattia che però non diventa mai invasiva, l'ironia di una compagna di stanza (immensa Paola Minaccioli) che ride della disgrazia – manco lei parla leccese. Effettivamente il preambolo era chiaro: raccontare un amore che non ha mai fine. E nei lassi temporali del suo formarsi, l'amore ha un velo di credibilità che poi perde, nonostante Francesco Arca faccia il lavoro al contrario: guadagna fiducia con lo scorrere dei minuti. Özpetek riprende il suo vecchio sceneggiatore Gianni Romoli (Harem Suare, Le Fate Ignoranti, La Finestra Di Fronte, Cuore Sacro, Saturno Contro) a cui aveva rinunciato per le ultime pellicole, ma non tocca grandi vette – a partire dal terribile e ingiustificato titolo. Riprende anche due aspetti a lui cari: le parenti pazze (Elena Sofia Ricci sempre uguale a se stessa e Carla Signoris sempre meravigliosa in qualunque ruolo) e i bambini dalla lingua lunga che più di tutti masticano gli errori della sceneggiatura (se avessi risposto così io, a mia madre, non avrei le dita per scrivere). Perde altre due cose a lui care: il cameo di Serra Yilmaz e la tavola imbandita. Vorrebbe affrontare i problemi mucciniani non dei trentenni ma dei quarantenni ma ogni tanto perde i pesi delle digressioni; alcuni personaggi scompaiono, alcuni sono troppo presenti. L'originalità del tema (e per una volta la musica!, dopo una serie di colonne sonore splendide – soprattutto quella di Andrea Guerra – continua il sodalizio col Pasquale Catalano di Mine Vaganti e Magnifica Presenza) non raggiunge il già imperfetto precedente film, sebbene il cast si faccia valere a partire dalla carinissima protagonista. Gli anni avanzano, ripeto, ma il migliore resta Un Giorno Perfetto.

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