giovedì 25 dicembre 2014
1-855-4-AMY-TIPS
L'amore Bugiardo
Gone Girl, 2014, USA, 149 minuti
Regia: David Fincher
Sceneggiatura non originale: Gillian Flynn
Basata sul romanzo omonimo di Gillian Flynn (Rizzoli)
Cast: Ben Affleck, Rosamund Pike, Neil Patrick Harris,
Tyler Perry, Carrie Coon, Kim Dickens, Patrick Fugit,
David Clennon, Lisa Banes, Missi Pyle
Voto: 7.8/ 10
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Nick e Amy portano avanti la splendida tradizione di regalarsi, ad ogni anniversario, il materiale che si festeggia: il cotone al primo anno, la carta al secondo, per il quinto – che è di legno – la sorpresa è la di lei scomparsa. Tornato a casa dal bar di cui è proprietario e in cui lavora la gemella, dall'ontologico nome “Il Bar”, Nick trova un tavolo ribaltato, un vetro rotto, e la moglie in nessuna stanza. Giunge la polizia che a questi indizi trova aggiunti macchioline di sangue, le buste con le filastrocche per la caccia al tesoro che lei aveva organizzato al marito, delle mutandine rosse, un diario di segreti letti fuori campo, una cartella clinica con gravidanza, una serie di acquisti on-line con carta di credito... E davanti a tutto questo Nick resta sbalordito, senza avere l'idea su come la moglie passasse le giornate, senza saperne il gruppo sanguigno, o che abbia una stretta amica nel quartiere. Riviviamo insieme ai giorni dell'abbandono gli episodi che hanno segnato la nascita e la formazione di questa coppia e scopriamo lui, mezzo rozzo e dalle modeste ambizioni, con un rapporto morboso gemellare e un padre rinchiuso in un ospizio a causa della demenza senile, e scopriamo lei, algida e bionda e magrissima e dai capelli impeccabili, i vestiti impeccabili, la casa impeccabile, i genitori onnipresenti che l'hanno resa una celebrità come personaggio dell'infanzia, impeccabile anzi mitico. Sembra la coppia di cui tutti vorrebbero essere metà, che tutti invidiano alle feste e in mezzo alla strada, ma allora perché Nick – totalmente incapace di gestire la stampa o gli investigatori – appare così colpevole pur non avendo accuse contro? Il suo alibi già traballante affonda quando si scopre un longevo tradimento con una delle sue studentesse... La trovata del colpevole o innocente di cui non abbiamo risposta per mezzo film è vecchia come il mondo e sir Hitchcock ci ha dimostrato come possa bastare a raccontare una storia in un film che si chiama Il Sospetto e che racchiude magistralmente il suo titolo. Interpretato da un Ben Affleck impacciato, un filo burino, sempre pronto a fare la cosa sbagliata al momento sbagliato, che lascia la telecamera di Argo post-Oscar e si mette (a nudo) davanti alla macchina da presa, Nick è il tipico personaggio che non deve apparire né buono né cattivo, né colpevole né innocente, di cui lo spettatore deve costantemente dubitare e contro il quale e a favore del quale deve schierarsi a intermittenza. Intento non portato a termine, soprattutto perché, al secondo o terzo dei colpi di scena che in questo film certamente non mancano, l'ex sconosciuta Rosamund Pike (cercatela in An Education o meglio La Versione Di Barney) ruba la scena, la fagocita, facendoci quasi dimenticare degli altri attori. Ricompare lei e la tensione esplode, la trama galoppa, il nostro interesse si fonde sulla poltrona chiedendoci continuamente come andrà a finire, aspettando trepidantemente la fine. David Fincher è maestro di quest'arte e film come Zodiac e Uomini Che Odiano Le Donne (non voglio citare l'abusato Fight Club) ce l'avevano dimostrato; il problema questa volta è che fa affidamento a un buon romanzo dando libertà alla sua scrittrice di trasportare su schermo quella sceneggiatura: bisogna avere fede e pazienza perché il film migliori; dopo un incipit debolissimo, la prima mezz'ora è tremenda, in-credibilmente surreale: sono surreali i dialoghi, visibilmente costruiti, tra questi due fratelli di cui lei soprattutto (Carrie Coon) è sovra-tono ed è surreale il personaggio della detective Kim Dickens, inaccettabilmente ridente e scherzante al primo sopralluogo; sono costruiti e finti i dialoghi primi di questa coppia affiatata, arguta, brillante, in cui ci si fa una sequela assurda di complimenti oltre che di regali, messi lì a sottolineare il capovolgimento imminente che però ci si aspetta. Grazie a Dio, tutto si dimentica presto, e la conclusione è ancora meglio delle supposizioni che si fanno durante la pellicola. Anche qui però lo scivolone: l'ultimo quarto d'ora frettolosissimo dimostra come sullo schermo sia più difficile lasciare con evanescenza e l'amaro in bocca lo spettatore elettrizzato. Peccato anche per Reznor & Ross, la cui colonna sonora – comunque magistrale – è molto meno valorizzata che in The Social Network.
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