giovedì 26 marzo 2015

il Sofficino surgelato.



Ho Ucciso Napoleone
id., 2015, Italia, 90 minuti
Regia: Giorgia Farina
Sceneggiatura originale: Giorgia Farina & Federica Pontremoli
Cast: Micaela Ramazzotti, Libero De Rienzo, Adriano Giannini,
Iaia Forte, Monica Nappo, Bebo Storti, Chiara Conti, Tobia Hoesl,
Thony, Tommaso Ragno, Pamela Villoresi, Elena Sofia Ricci
Voto: 5.4/ 10
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«Dovete fare il Sofficino surgelato: se volete conservarvi, dovete rimanere fredde». Micaela Ramazzotti ammonisce due bambine nell'androne di casa, figlie dell'uomo con cui ha una relazione, il suo superiore Adriano Giannini, il giorno prima che venga licenziata. La Ramazzotti è un'ex bambina wannabe principessa, che sognava il matrimonio e la cura dei figli, imparentata con una scultrice una pittrice un musicista, «nessuno serio», congelatasi nella crescita, totalmente priva di sentimenti, di trasporti, di emozioni; o almeno, che si sforza di privarsene. La solitudine è lo strumento per l'autorealizzazione, per il successo: niente marito, niente prole, niente freni. Però un giorno si scopre incinta, di quel suo boss sposato a un'altra (che a lei non interessa che lui lasci): «una non si può distrarre un attimo che resta fregata per tutta la vita», dice al medico che le impedisce di “apportare rimedio”, dato che è al quarto mese – così architetta tutto ciò che è sconsigliato a una donna incinta: andare a cavallo, per esempio. Senza lavoro, ingiustamente toltole, si ritrova a perder tempo nel parco di fronte alla casa farmaceutica dove prima aveva uno studio, a guardare le scale d'ingresso e squadrare i suoi ex colleghi e superiori. Qui scoprirà un commercio illecito di un'ex impiegata di studio medico, Elena Sofia Ricci, che, ritrovandosi a casa blocchetti di ricettari ora che è vedova e pensionata, compra e rivende pillole non autorizzate di sottobosco, su un'altalena. Clienti fisse: Iaia Forte, con problemi di peso (effettivamente più evidenti del solito), cui è dedicata una scena in palestra che vale tutta la sua presenza nel film, e Thony, a due gradi di separazione dalla Ramazzotti perché era protagonista sicilianissima di Tutti I Santi Giorni – qui con accento lievemente smorzato, pure single, che cena con un uomo e poi si domanda: «è questo il padre che i miei figli devono vedere due weekend al mese?». L'impianto femminista/ico del film è figlio di due sceneggiatrici donne e cugino della pellicola precedente di questa «giovanissima» Giorgia Farina: se però Amiche Da Morire usava i cliché della Sicilia, delle feste di paese, delle malelingue, delle feste del Santo, del contrabbando di armi e tonni, della jella di certe femmine, delle corna di certe altre, e usava tutti questi elementi sui generis, esasperandoli, soprattutto nell'incipit, in modo da rendere credibile poi i tre morti ammazzati e il quasi milione di euro dopo – se quel film, tutto meridionale, caldo, avvolgente, uno spasso da vedere e soprattutto da sentire, aveva dei risvolti comunque forti di femminismo, di riappropriazione di quell'emancipazione che Mario Monicelli raccontava nel '70 con La Ragazza Con La Pistola, in Ho Ucciso Napoleone la regista ribalta tutto, ribalta ambientazione che diventa settentrionale, ribalta la fotografia, fredda e dalle luci sintetiche e surreali, ribalta lo status dei personaggi (case bianche e vuote) e ribalta la condizione delle sue ragazze: già emancipate, già sole per scelta, già ricche, ma che lentamente riscoprono i sentimenti. Perché è chiaro già da subito che il film parlerà di questo: del Sofficino surgelato che lentamente si cuoce, complice la faccia da scemo di Libero De Rienzo, placatosi post rifiuto-del-sistema e Sangue, su cui non si può dire niente per spoiler alert. La debolezza rispetto al film precedente deriva anche da una presa di posizione evitata per tutto il tempo: il film si inserisce a metà fra la commedia esasperata e quella romantica, qualche risvolto sociale, qualche drammatico, mentre sempre il film precedente restava nel suo binario dall'inizio alla fine, costruendo una sequela di scenette tutte comiche, tutte con la stessa impronta grottesca. Qui poi, l'unica protagonista, è stretta in un personaggio che ogni tanto sbava, di cui intuiamo il disagio sociale e che si lascia andare troppo spesso, contraddicendosi, che finge senza motivo un matrimonio che poi vuole annullare, che grazie a Dio alla fine torna ad essere se stessa – se se stessa è ciò che abbiamo visto per tutto il tempo. Peccato: sarebbe stato un ottimo metodo per parlare dei licenziamenti femminili, delle gravidanze extraconiugali (l'uomo infedele ritorna sempre), soprattutto dell'emancipazione sentimentale e della serenità di un gruppo di persone che nella vita non aspirano alle foto del viaggio di nozze in casa, ma solo alla casa – per una volta.

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