sabato 21 marzo 2015

neve casomai.



Vergine Giurata
id., 2015, Italia/ Albania/ Svizzera/ Germania, 90 minuti
Regia: Laura Bispuri
Sceneggiatura non originale: Laura Bispuri & Francesca Manieri
Basata sul romanzo omonimo di Elvira Dones (Feltrinelli)
Cast: Alba Rohrwacher, Emily Ferratello, Lars Eidinger,
Flonja Kodheli, Luan Jaha, Bruno Shllaku, Ilire Vinca Celaj
Voto: 8/ 10
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Esiste un luogo, sui monti albanesi del nord, intorno al confine col Kosovo, dove essere donna significa essere «un'otre che deve sopportare», dove se sei femmina non puoi sparare col fucile (eppure è pratica comune), non puoi cavalcare, non puoi addirittura uscire da casa e parlare. Se sei nato maschio, un colpo di pistola tirato all'aria ha avvisato le case del villaggio; se sei nata femmina non c'è stato niente da festeggiare. E se ti sposerai, un giorno, promessa a qualcuno che certamente non hai scelto, dovrai fare la strada sull'asino completamente velata, quasi bendata, per non conoscere la via del ritorno. Così, sotto le dure leggi del Kanun, Hana viene ritrovata, orfana, da una famiglia che se ne prende il carico, già genitori di Lila, una ragazzina a lei coetanea. Ma il codice arcaico sta stretto a entrambe: Lila si rifiuta di sposare l'uomo che le viene promesso, e scapperà verso l'Italia del nord col suo vero amore, mentre Hana devota al padre che le ha ridato vita, metabolizzerà la sua non accettazione del codice diventando una vergine giurata, una casta e pura femmina che rinuncia alla sua identità per reincarnarsi nelle fattezze (sociali) di maschio: col nome di Mark può adesso sparare col fucile, cavalcare, uscire da casa e parlare. Le due non-sorelle si ritroveranno, anni dopo, lontane da quella terra, in un miscuglio di lingue e di identità di genere; Lila, sposata, ha una figlia adolescente, che come tutte le adolescenti non ha filtri verso la madre – né ne avrà verso Mark, in cui subito scopre una donna, domandandosene il passato. Anche se la complicità fra le due, fra Hana/ Mark e Jonida, è appena accennata, è la chiave essenziale di tutto il film: spetta a loro due, nel sottofinale, il piccolo dialogo sull'accettazione di se stessi – la prima in apnea da tutta la vita perché incapace di respirare per polmoni propri, la seconda sott'acqua, nel nuoto sincronizzato della piscina in cui ai corpi nudi si somma quello vestito di Hana, fasciato dal seno – Jonida che vede esplodere la sua pubertà a partire da modelli ostentati, fatti di make-up e lingerie. Della piscina è anche figlio il personaggio di Bernard, cui spetta un'iniziazione sessuale: nel romanzo di partenza Vergine Giurata di Elvira Dones è invece un intellettuale, lettore di poesie, corda stonata secondo la regista Laura Bispuri perché Hana ha bisogno di un ragazzo di bassa lega, per confrontarsi. Al primo lungometraggio di finzione, scritto in italiano poi tradotto in albanese poi adattato sul set, la Bispuri ha la mano ferma e la professionalità organizzativa di chi ha già lavorato tanto, autrice di tre cortometraggi (Passing Time vincitore del David e Biondina del Nastro d'Argento) in cui il percorso di liberazione passa sempre attraverso il corpo, la fisicità dei personaggi, mentre la telecamera si muove documentaristicamente seguendo anche a lungo gli interpreti, à la Dardenne. Ha dovuto bazzicare per due anni i set albanesi, impossibili da raggiungere con automobili, complicati da gestire nelle messe in scene soprattutto per rispettare le tradizioni dei villeggianti, al fine di instaurare una relazione – soprattutto di fiducia – con gli abitanti del luogo. Le sequenze italiane, girate a Bolzano, dovevano però nascondere, celare le montagne da cui si scappava, rendere la città «una qualunque provincia del Nord», e da qui la piscina, elemento ormai comune della sua cinematografia. In questi spazi si cala il camaleonte Alba Rohrwacher, spaventatissima dall'essere italiana, unica italiana del cast, italiana a interpretare un'albanese, con una settimana per imparare il dialetto gheg, suoni indecifrabili per noi (ma pronunciati perfettamente, a detta degli albanesi presenti alla prima milanese: «ho lavorato due ore al giorno per un po' e poi una mattina mi sono svegliata ed è stato un miracolo»), donna a interpretare una donna che interpreta un uomo, il bacino in avanti, le spalle piegate: passata quest'anno da Cannes con un film (Premio della Giuria) recitato in italiano, tedesco e francese, poi da Venezia con una pellicola girata in americano (Coppa Volpi) adesso da Berlino dove si presenta in albanese e, annuncio, al Tribeca con lo stesso: Alba è finalmente l'attrice che scardina il physique della Bellucci verso una dote interpretativa che ci rende orgogliosi di essere rappresentati all'estero, come rende orgogliosi un film, unico italiano alla Berlinale, dal linguaggio universale e dalla costruzione matura, seppure esordiente.

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