sabato 11 maggio 2013

l'anima gemella.



Mi Rifaccio Vivo
id., 2013, Italia, 105 minuti
Regia: Sergio Rubini
Sceneggiatura originale: Sergio Rubini,
Carla Cavalluzzi, Umberto Marino
Cast: Emilio Solfrizzi, Neri Marcorè, Pasquale Petrolo, Vanessa Incontrada,
Margherita Buy, Sergio Rubini, Gianmarco Tognazzi, Valentina Cervi
Voto: 5.2/ 10
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Comincia la Festa del Cinema che non è quella di Roma ma quella di tutta Italia per cui al cinema si va con € 3 se non si scivola nel 3D (che costa 5) per ventisei film (qui l'elenco) inclusa la nuova uscita di Sergio Rubini, il – ed esagero considerevolmente – Tornatore della mia Puglia, colui che non riesce a staccarsi dalla propria terra e che, al contrario di Tornatore, quando si stacca fa cilecca. Come questo Mi Rifaccio Vivo, tremendo titolo dal doppio senso non così difficile da cogliere, soprattutto se si è già visto L'anima Gemella – con cui questo film condivide il tema dello scambio d'identità ma assolutamente non il potere della terra, del caldo truce e trucido, e la Valentina Cervi che abbiamo prestato all'America di True Blood e che ci siamo ripresi. Dunque, si comincia con una lettera d'addio alla moglie, un posacenere pieno di sigarette fumate, un paio di scarpe lasciate sul molo, un sasso legato alla corda legata al collo e un tentativo di suicidio, ma: prima del lancio volontario si mette di mezzo un chiodo che spingerà Biagio prima nell'acqua e poi nel taxi che va verso l'albergo-copia della solita scena di 8 e 1/2 a cui si rifaceva anche il tremendo Il Volto Di Un'altra. A guidare c'è Enzo Iacchetti, uno dei tanti personaggi che picchiettano la pellicola, ma nessuno eguaglia il regista & sceneggiatore & interprete Sergio Rubini che, nei panni prima di un barbone e poi di un portinaio, aiuterà il defunto Biagio a non finire, così come il regolamento vuole, ai piani bassi (che in 8 e 1/2 erano alti), convincendo Karl Marx a dargli una seconda possibilità della durata di una settimana sul mondo dei vivi: dal suo comportamento se ne dedurrà l'esito. E il contento Biagio può anche scegliere in che corpo infilarsi, e sceglie: non quello della nemesi di tutta una vita, un Neri Marcorè sempre bravo che prende qui il nome improbabile di Ottone, ma del Dennis super-ricco che Ottone ha come amico. Sulla terra ritroverà le mogli Margherita Buy – ancora nevrastenica e cornuta come qualsiasi altro ruolo della carriera – e Vanessa Incontrada – rassegnata e quasi insipida – insieme alla matta segretaria-amante, la Cervi di cui prima. In tutto questo, l'idea migliore è la presenza di Marx nell'aldilà, e forse la struttura del trapasso. Potrebbe anche essere piacevole il fatto che i riflessi nello specchio rivelano ai vivi la doppia natura di Dennis/ Biagio, ma il fatto che le due figure si scolleghino e parlino separatamente rende la trovata peggiore delle peggiori gag di Woody Allen a cui ogni tanto il film sembra guardare. Emilio Solfrizzi, poi, che credo di non aver mai visto al cinema, ricalca movenze e gesti di Pasquale Petrolo che nella commedia degli equivoci e del denaro si confondono insieme a tante altre cose: le donne, tutte pazze sessuomani; gli uomini, tutti arrivisti truffatori. Fino a Gianmarco Tognazzi, il cameo migliore.
In conclusione, il film è una sciocchezza che non fa ridere quasi mai, totalmente privo di morale – o meglio, che una morale ce l'ha, ed è meglio che non ce l'avesse tanto è banale. Tra il cast e le scenette sciape, pare di essere di fronte a una puntata de I Cesaroni o che ne so, allungata per il cinema e proposta a Natale. Ma io non ho mai visto né I Cesaroni né i film di Natale per cui potrei anche sbagliarmi. Fatto sta che a metà film mi sono bellamente addormentato e ho pensato: mannaggia a Sergio Rubini; ma grazie a Dio è costato solo tre euro.

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