sabato 22 novembre 2014
stare da soli ha sicuramente dei vantaggi.
Lo Sciacallo
Nightcrawler, 2014, USA, 117 minuti
Regia: Dan Gilroy
Sceneggiatura originale: Dan Gilroy
Cast: Jake Gyllenhaal, Rene Russo, Riz Ahmed,
Bill Paxton, Kevin Rahm, Kent Shocknek, Sharon Tay
Voto: 7.9/ 10
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Louis Bloom si guadagna da vivere rubando biciclette e rivendendole, infiltrandosi nei depositi di rame e sottraendolo, spacciandosi non per un ladruncolo ma per un esperto – preparato su più fronti, e la preparazione giunge dal Web, questo buco oscuro da cui Louis non si fa risucchiare ma che risucchia, da cui ricava tutto, ogni dato, tutta la conoscenza, i corsi, le specializzazioni, i mestieri. È disposto a qualsiasi mestiere: si offre dovunque vada, ma è un periodo di crisi anche nelle Americhe e trova ben poco. Di lui non sappiamo il nome per la prima mezz'ora di film, non sappiamo la provenienza per la prima ora, a malapena intuiamo quali siano le sue poche stanze e finita la pellicola ancora non abbiamo idea di chi sia, cos'abbia veramente studiato, come mai viva da solo, alienato dal mondo, estrapolato, privo di affetti, famiglia, amici. In una scena, in una potente scena, intuiamo però di questa forma sottesa di autismo nel senso socialmente accettabile del termine: privo di filtri, Louis dice quello che pensa, fa quello che crede, la sua mente funziona a percorsi: c'è un obiettivo e un'unica strada per raggiungerlo, che lui intraprende. Ma questa non è la trama: la trama è la storia di come diventa videoreporter notturno, partendo da una telecamerina comprata con i guadagni di un furtarello fino alle botte di fortuna che lo portano a vendere i servizi per un notiziario locale dagli ascolti in calo. La trama però è nulla di fianco al personaggio; perché il film è stato fatto, scritto, inventato, attorno al personaggio. Il personaggio è il film – e da questa constatazione nascono e si sviluppano le pecche del prodotto finito. Dan Gilroy, sceneggiatore al suo debutto dietro la macchina da presa, sceneggiatore tra le altre cose di The Fall, visionario e splendido esempio di storia nella storia che se non avesse delle immagini così potenti sarebbe una robetta piena di errori di scrittura, ci illude e spesso ci convince con sequenze pazzesche, inseguimenti, montaggi forti, tensioni soprattutto sul finire e un colpo di scena bang bang – e poi intermezza queste chicche con sciape sequenzuole figlie del genere americano, trovate un po' banalotte, un po' fuori luogo, sempre molto brevi, e menomale. Salva la situazione Jake Gyllenhaal che, in quanto interprete del personaggio, è per la proprietà transitiva il film. Scavato in viso, magro, dagli occhi immensi, allucinati, sempre aperti, sempre a parlare, a parlare per paragrafi interi, si sobbarca tutte le scene eccetto nessuna, non manca mai, è sempre nel quadro – e lo è anche quando i suoi insegnamenti trapelano dalla bocca di Rene Russo, la donna che ha puntato e che, nel suo percorso obiettivo-raggiungimento dell'obiettivo, deve avere. Lei lavora per un telegiornale diurno: è meraviglioso il modo in cui la storia affianchi questi due aspetti poco considerati della vita cinematografica: la notte e l'alba. La notte, fatta quotidianamente di disastri e disagi, e il giorno, fatto di quelle notizie della sera prima, con la gara a chi le mandi in onda prima. Riz Ahmed è la terza figura che completa questo quadro monocentrico: un alter ego di Louis senza lavoro, senza soldi, col problema del letto tutte le sere, ma con un approccio alla situazione totalmente diverso. Grazie a lui esistono i momenti comici più riusciti, le battute più azzeccate. E si riflette molto quando si esce dalla sala, sulla qualità dell'opera: probabilmente non si arriva a nessuna risposta.
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