venerdì 14 novembre 2014
il lato negativo.
Una Folle Passione
Serena, 2014, USA/ Repubblica Ceca, 110 minuti
Regia: Susanne Bier
Sceneggiatura non originale: Christopher Kyle
Basata sul romanzo Serena di Ron Rash
Cast: Bradley Cooper, Jennifer Lawrence, Toby Jones,
Sean Harris, Rhys Ifans, Sam Reid, Blake Ritson,
Ana Ularu, Charity Wakefield, Mark O'Neal
Voto: 5/ 10
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Candidata all'Oscar per il bel Dopo Il Matrimonio e poi vincitrice per il niente-di-che In Un Mondo Migliore, Susanne Bier ha lentamente abbandonato la terra natìa per spingersi in territorio hollywoodiano passando dalla commedia “made in Italy” che a Venezia dell'anno scorso ha diviso il pubblico in due: io ero tra quelli divisi male, perché Love Is All You Need non aveva praticamente neanche un pregio. Abbandonata la Danimarca, ha visto il suo Non Desiderare La Donna D'altri trasformarsi nel Brothers tutto U.S.A. e saltando da un genere all'altro si è completamente persa, perduta, mantenendo salda la volontà di raccontare l'amore, le storie d'amore, le storie di coppie, le coppie e l'amore, le coppie e le storie d'amore che finiscono, l'amore finito affrontato dalle coppie. C'era una folle passione nella Donna D'altri che bisognava mettere a tacere e c'era una folle passione in Love dove folle ha l'accezione simpatica del termine – ed era folle la relazione omosessuale e il matrimonio della figlia. Nessuna di queste storie era accettabile non tanto per la latente assurdità del racconto quanto per il modo in cui erano fatti, rasentando le banalità, privandosi del trasporto sentimentale. Ecco: Serena, in italiano Una Folle Passione, completamente made-in-USA, è il punto di arrivo di questo percorso algido, di freddezza estrema: un racconto fatto dall'esterno, asettico. Dispendio di energie e di denari per ricostruire l'ambiente boschivo in cui Bradley Cooper cresce e lavora e cresce lavorativamente: vede cavalcare la giovane e bellissima Jennifer Lawrence e decreta che sarà sua moglie: «mi vuoi sposare?» le chiede per prima cosa, prima ancora di dirle ciao, e lei ride, e se ne vanno verso una ellissi ben pensata – forse la sola cosa ben pensata del film – che ci riassume e taglia tutto ciò che di romantico non vogliamo vedere, di cui siamo saturi: il sesso, l'amore, il matrimonio, la frequentazione, il principio di gravidanza. La Lawrence aveva in mano un personaggio complessissimo psicologicamente: orfana di entrambi i genitori, ha perso anche il fratello in un incendio: è stata salvata, raccattata dalle macerie, dopo giorni dal disastro, ancora urlante. Tutto questo non lo vediamo, ma ci aspettiamo di vedere i risultati di questo trauma: una possessione estrema, altissima, la paura dell'abbandono, l'arrivismo, il cinismo. Però, la più brillante tra le giovani attrici americane ricicla le facce disperate e i musi tremanti di Un Gelido Inverno e la rigidità negli Hunger Games e non aggiunge niente di nuovo: le viene concesso un primo piano straziante post-aborto, un fiume di lacrime spontanee e durature che ci convincono ma fino a un certo punto – e dietro di lei c'è il compagno di molti film, con cui ha funzionato (a detta degli altri) nel Lato Positivo e che qui non s'incastra. Eppure la Bier ha sempre avuto un dono nel dirigere attori uomini: Mads Mikkelsen ne è una prova. Dopo degli imbrogli economici e un arricchimento spropositato, un figlio illegittimo e una gravidanza difficoltosa, tutti ingredienti da soap-opera, l'epilogo sarà disastroso, una doppia rassegnazione che ritorna al fuoco, ma noi spettatori assistiamo alla scena in totale lucidità, senza trasposto, senza la disperazione dei veri amori folli, drammatici, delle passioni che divorano tutto dall'interno, di Romeo e di Giulietta, di Fausto e Anna.
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