venerdì 7 novembre 2014

oh Django Django.



Un Milione Di Modi Per Morire Nel West
A Million Ways To Die In The West, 2014, USA, 116 minuti
Regia: Seth MacFarlane
Sceneggiatura originale: Set MacFarlane, Alec Sulkin, Wellesley Wild
Cast: Seth MacFarlane, Charlize Theron, Amanda Seyfried, Liam Neeson,
Giovanni Ribisi, Neil Patrick Harris, Sarah Silverman, Christopher Hagen
Voto: 5/ 10
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La genialità non totalmente demenziale de I Griffin ha condotto la più comica serie animata d'America – comprensibile da noi solo in parte – a una nomination agli Emmy come Miglior Serie Comedy (e non animata) insieme a cinque altri telefilm fatti di persone vere, qualche anno fa. Fu l'apice della fama di un cartoon e di un creatore che poi avrebbe trovato incredibile ascesa: il film Ted al cinema, fatto di attori veterani (Mila Kunis doppia in originale Meg), la presentazione degli Oscar due anni fa – e sono stati, questi, tutti esperimenti che Seth MacFarlane ha tristemente fallito: sommerso di aspettative, non ha saputo rispondere né all'altissimo apporto comico che si supponeva potesse portare al cinema né alla ventata di giovinezza che gli Academy Awards cercano da anni alla loro conduzione. Torna in sala con un western che è western già dal titolo: Un Milione Di Modi Per Morire pare voglia anticiparci una serie di sparatorie, esplosioni, rapine, inseguimenti che sono tipici dei film delle nuove Americhe pieni di saloon, nativi e donzelle, sceriffi e taglie sui banditi. Il clima è quello, e le scenografie pure (ed è incredibile, nel senso difficile da credere, che tanto denaro sia stato usato per ricostruire questi set), e così i costumi e i ruoli imposti; ma la trama rasenta il cliché dei film di formazione, spesso animati: la pecora rosa tra le pecore nere incapace di fronteggiare un nemico, rispondere al fuoco, governare la fidanzata Amanda Seyfried zuccherosa e benvestita col veleno in bocca all'occorrenza. Seth, che si dà il ruolo di protagonista, è lo zimbello del villaggio, allevatore di pecore che somigliano al suo carattere, privo di iniziative, monotono nella sua condizione di vita, uno sfigato; è oggetto di scherni dal geniale Neil Patrick Harris osannato per i suoi baffi di cui si prende una cura maniacale e con i quali raggiunge spesso l'orgasmo; è amico di Giovanni Ribisi, azzeccatissimo nel ruolo, che a sua volta è fidanzato con la prostituta Sarah Silverman, con la quale intrattiene un rapporto casto in attesa del matrimonio. I personaggi minori sono tutti ben pensati, divertentissimi da sentir battibeccare. I problemi stanno nei protagonisti, a cominciare da Charlize Theron: tipico maschiaccio con la gonna, capace a sparare grazie all'uomo che la possiede con la forza, liquefatta davanti all'animo casto del pecoraro ma consapevole di non essere ricambiata. Tutti i rotolanti cliché si accavallano verso la fine che in cliché esplode – fino alla scena conclusiva, dove finalmente il sospetto viene manifestato: il ricordo, cioè, di un genere ripescato con maggior minuzia da troppo poco tempo, di un film che si chiama Django e al quale si pensa costantemente. Ma in termini diversi: alla violenza sbandierata si sostituisce un cattivo gusto che rasenta la maleducazione: battute becere, diarree, steli di margherite infilati in sederi nudi, volgarità putride e perenni sfondi fisiologico-sessuali rendono quella comicità da popolino basso, da commediola vernacolare davanti alla quale la borghesia giustamente ha sempre storto il naso. Pare di assistere a lotte tra maiali nel fango: per questo è uscito contro ogni aspettativa in una manciata di copie.

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