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lunedì 11 gennaio 2016

Golden Globes 2016 – vincitori.



È Kate Winslet (nella foto) ad aprire le danze – più sorpresa di noi che guardiamo la sedia di Jennifer Jason Leigh rimanere piena – migliore attrice non protagonista per Steve Jobs, che vince anche, sempre a sorpresa, il premio alla sceneggiatura; e ringrazia subito Michael Fassbender, attore che ha cambiato il cinema recente, dice, e che per lo stesso film resta a bocca asciutta. Ma è Quentin Tarantino a scuotere le masse ritirando il globo d'oro a Ennio Morricone, il suo compositore preferito, preferito «non nel cinema: ma a partire da Mozart, Schubert…» e aggiunge che a più di ottant'anni Morricone non ha mai ricevuto un premio in America e grazie a lui, che lo adora, riceve il suo primo Golden Globe. Tutti in piedi, anche i tavoli, per Sylvester Stallone attore non protagonista in Creed – Nato Per Combattere, tra poche settimane nei nostri cinema (e siccome questa è la cerimonia delle standing-ovations, nonostante tutti mangino, vince anche Lady Gaga come attrice per American Horror Story, e poi la famiglia Coppola per Mozart In The Jungle e il suo protagonista). Passando ai premi cicci, avendo preferito Boyhood a Birdman, l'anno scorso, la Hollywood Foreign Press Association non poteva non farsi perdonare e così Alejandro G. Iñárritu rivece la statuetta alla migliore regia (!), al miglior film (!) e al migliore attore protagonista drammatico Leonardo DiCaprio, per Revenant – Redivivo (di cui fa capolino grazie a Jonah Hill anche l'orso co-protagonista, in una gag particolarmente non riuscita) (moltissime gag, quest'anno, erano particolarmente non riuscite). Attore comedy è invece Matt Damon, che ricorda di essere salito su quel palco ormai n anni fa: The Martian, blockbuster che «per una volta tutti hanno visto al cinema», è anche la migliore commedia dell'anno. Menomale che non ci sono state sorprese per il film straniero, l'ungherese Figlio Di Saul, introdotto da una felice Helen Mirren e diretto da un giovanissimo László Nemes; e nemmeno per il film animato, l'ovvio Inside Out – e la Joy dell'anno, nonostante il terzo Globe quasi di fila per Jennifer Lawrence (non candidata al SAG ricordiamo), è proprio quella di questo film. Per terzultima in una serata che ha estenuato anche il suo presentatore Ricky Gervais, eppure alla quarta volta, è giunta la statua della categoria più dibattuta, battuta, interessante, interessata della notte: l'attrice drammatica, che è Brie Larson per il potente Room, e che, giustamente, era vestita da Premio Oscar: batte le due attrici di Carol (la pellicola con più nomine e nessun premio) (gli altri big a bocca asciutta: La Grande Scommessa e Spotlight) e Alicia Vikander, che con una mano tra le gambe di Fassbender, aveva due nominations individuali.
Di seguito e dopo l'interruzione tutti i candidati e i vincitori per il cinema.

miglior film
drama
Carol
Mad Max: Fury Road

Revenant – Redivivo
Room
Il Caso Spotlight

miglior film
musical o comedy
La Grande Scommessa
Joy

Sopravvissuto – The Martian
Spy
Un Disastro Di Ragazza


venerdì 5 dicembre 2014

i am. i will.



Hunger Games:
Il Canto Della Rivolta - Parte I
The Hunger Games: Mockingjay - Part I, 2014, USA, 123 minuti
Regia: Francis Lawrence
Sceneggiatura non originale: Peter Craig, Danny Strong e Suzanne Collins
Basata sul romanzo omonimo di Suzanne Collins (Mondadori)
Cast: Jennifer Lawrence, Josh Hutcherson, Liam Hemsworth,
Woody Harrelson, Donald Sutherland, Philip Seymour Hoffman,
Julianne Moore, Willow Shields, Sam Claflin, Elizabeth Banks, Stanley Tucci
Voto: 6.8/ 10
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I settantacinquesimi ed ultimi Hunger Games – cerimonia celebrativa in cui ogni Distretto mandava due tributi ex sopravvissuti dopo il tour di successo della coppia Katniss/ Peeta – si erano interrotti perché Jennifer Lawrence aveva scagliato la sua freccia verso il cielo, interferendo nel campo magnetico che regolava l'arena e la città intera di Capitol City. L'avevamo lasciata, la Lawrence, mezza esausta, in un letto chissà dove a scoprire che quell'atto era stato l'inizio di una ribellione, contro la quale si erano schierate molte delle persone che abbiamo conosciuto nei film precedenti, e adesso la ritroviamo a fare il riassunto delle puntate precedenti a se stessa. Peeta è rimasto là, dove l'industria della televisione e dell'apparenza regna sovrana; lei si rifugia nel Distretto 13, che si credeva estinto, e invece ben capitanato dalla nuova leva Julianne Moore presidentessa al fianco del deceduto Philip Seymour Hoffman miracolosamente presente nelle scene in cui serve. La ribellione che da questi sotterranei parte ha bisogno di un leader, e il leader deve essere la ghiandaia imitatrice del titolo originale, Mockingjay: Katniss accetta di capitanare i rivoltosi e le servono una regista in erba, due telecamere sempre presenti, un manager, una curatrice della sua immagine, un nuovo costume disegnato da Lenny Kravitz prima che morisse: siamo tornati alla satira del ventunesimo secolo con cui la trilogia si nutre e che sbeffeggia: il kitch, lo sperpero del denaro, i piani alti e i piani bassi, i lavoratori catalogati dal meno al più umile, e la diretta, che tutto decide e attorno alla quale tutto ruota. Mentre i film precedenti giocavano tantissimo dentro questo aspetto, ironizzando su una realtà non ancora raggiunta ma volto vicina, questa volta il peso amaro si sente molto meno, e se sono meno le telecamere davanti alle quali bisogna ben apparire sono molti di più i monitor e i televisori: Katniss scopre che Peeta è vivo solo attraverso uno schermo, così Peeta scopre Katniss, e i distretti scoprono della rivolta, e il presidente Snow scopre Katniss. Le persone quasi non comunicano fisicamente perché fisicamente c'è sempre di mezzo l'esercito pronto a sterminare. Il genocidio è qui estremo, molto più cieco, e serve a rimpiazzare gli Hunger Games che non vengono celebrati: niente più preparazione all'arena né attesa né tensione durante i giochi: questo film non ha niente. Prodotto commerciale per raddoppiare gli incassi, il terzo capitolo è stato diviso inutilmente in due parti – ma i due film sono stati girati insieme – per cui questo serve solo da tramite verso il prossimo, per il quale c'è da aspettare un anno. È un film di passaggio il cui apporto narrativo rasenta lo zero, e ripropone le solite solfe – l'indecisione della protagonista sul ragazzo che preferisce, visto che Liam Hemsworth questa volta ha molto più spazio e Josh Hutcherson molto meno, e quasi l'ammazza strozzandola; la falsità dei conduttori televisivi e dell'industria che li regge; l'omertà verso certi episodi e l'ignoranza in cui certi popoli vengono fatti vivere, ignari per esempio che la propria città sia stata rasa al suolo. Pellicola celebrativa della Lawrence e dei suoi legami familiari (ridicola la scena del gatto da salvare), si basa su un'attrice-del-momento a cui viene messa in bocca anche una ingiustificata (ma splendida) canzone, tra le tante canzoni che formano la solita colonna sonora d'impatto commerciale che riesuma addirittura Grace Jones (ma nei titoli di coda c'è solo Lorde). Al solito le due ore valgono anche solo per Elizabeth Banks che col passare degli episodi rivela ogni volta volti sempre nuovi e umani del suo personaggio; qui, ridotta a condividere con la plebe gli spazi e i vestiti, ci regala i monologhi d'ironia più alta, le battute più riuscite, facendoci dimenticare del suo ruolo nel primo film – che era un film da ovazione, ma poi come si sa il regista è cambiato e questa volta gli sceneggiatori pure e a dita incrociate aspettiamo il prossimo novembre.

venerdì 14 novembre 2014

il lato negativo.



Una Folle Passione
Serena, 2014, USA/ Repubblica Ceca, 110 minuti
Regia: Susanne Bier
Sceneggiatura non originale: Christopher Kyle
Basata sul romanzo Serena di Ron Rash
Cast: Bradley Cooper, Jennifer Lawrence, Toby Jones,
Sean Harris, Rhys Ifans, Sam Reid, Blake Ritson,
Ana Ularu, Charity Wakefield, Mark O'Neal
Voto: 5/ 10
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Candidata all'Oscar per il bel Dopo Il Matrimonio e poi vincitrice per il niente-di-che In Un Mondo Migliore, Susanne Bier ha lentamente abbandonato la terra natìa per spingersi in territorio hollywoodiano passando dalla commedia “made in Italy” che a Venezia dell'anno scorso ha diviso il pubblico in due: io ero tra quelli divisi male, perché Love Is All You Need non aveva praticamente neanche un pregio. Abbandonata la Danimarca, ha visto il suo Non Desiderare La Donna D'altri trasformarsi nel Brothers tutto U.S.A. e saltando da un genere all'altro si è completamente persa, perduta, mantenendo salda la volontà di raccontare l'amore, le storie d'amore, le storie di coppie, le coppie e l'amore, le coppie e le storie d'amore che finiscono, l'amore finito affrontato dalle coppie. C'era una folle passione nella Donna D'altri che bisognava mettere a tacere e c'era una folle passione in Love dove folle ha l'accezione simpatica del termine – ed era folle la relazione omosessuale e il matrimonio della figlia. Nessuna di queste storie era accettabile non tanto per la latente assurdità del racconto quanto per il modo in cui erano fatti, rasentando le banalità, privandosi del trasporto sentimentale. Ecco: Serena, in italiano Una Folle Passione, completamente made-in-USA, è il punto di arrivo di questo percorso algido, di freddezza estrema: un racconto fatto dall'esterno, asettico. Dispendio di energie e di denari per ricostruire l'ambiente boschivo in cui Bradley Cooper cresce e lavora e cresce lavorativamente: vede cavalcare la giovane e bellissima Jennifer Lawrence e decreta che sarà sua moglie: «mi vuoi sposare?» le chiede per prima cosa, prima ancora di dirle ciao, e lei ride, e se ne vanno verso una ellissi ben pensata – forse la sola cosa ben pensata del film – che ci riassume e taglia tutto ciò che di romantico non vogliamo vedere, di cui siamo saturi: il sesso, l'amore, il matrimonio, la frequentazione, il principio di gravidanza. La Lawrence aveva in mano un personaggio complessissimo psicologicamente: orfana di entrambi i genitori, ha perso anche il fratello in un incendio: è stata salvata, raccattata dalle macerie, dopo giorni dal disastro, ancora urlante. Tutto questo non lo vediamo, ma ci aspettiamo di vedere i risultati di questo trauma: una possessione estrema, altissima, la paura dell'abbandono, l'arrivismo, il cinismo. Però, la più brillante tra le giovani attrici americane ricicla le facce disperate e i musi tremanti di Un Gelido Inverno e la rigidità negli Hunger Games e non aggiunge niente di nuovo: le viene concesso un primo piano straziante post-aborto, un fiume di lacrime spontanee e durature che ci convincono ma fino a un certo punto – e dietro di lei c'è il compagno di molti film, con cui ha funzionato (a detta degli altri) nel Lato Positivo e che qui non s'incastra. Eppure la Bier ha sempre avuto un dono nel dirigere attori uomini: Mads Mikkelsen ne è una prova. Dopo degli imbrogli economici e un arricchimento spropositato, un figlio illegittimo e una gravidanza difficoltosa, tutti ingredienti da soap-opera, l'epilogo sarà disastroso, una doppia rassegnazione che ritorna al fuoco, ma noi spettatori assistiamo alla scena in totale lucidità, senza trasposto, senza la disperazione dei veri amori folli, drammatici, delle passioni che divorano tutto dall'interno, di Romeo e di Giulietta, di Fausto e Anna.

lunedì 3 marzo 2014

Oscar 2014 - vincitori.



Quella che vedete accanto, con quasi tre milioni di retweet, è l'immagine più condivisa di Twitter, record battuto ieri sera da Ellen DeGeneres in onore del record battuto da Meryl Streep giunta alla diciottesima nominations come attrice; Ellen, presentatrice di nuovo dei 68esimi Academy Awards come nel 2007, ha di nuovo preferito passare la maggior parte del tempo in platea e non sul palco – un palco decisamente meno pomposo di altre cerimonie, più asciutto, minimamente riempito. Dalla platea ha ordinato pizza, conversato con persone, mentre sullo stage si susseguivano P!nk nel tributo a Il Mago Di Oz, Glenn Close nella celebrazione dei defunti dell'anno (James Gandolfini il primo a comparire, Philip Seymour Hoffman l'ultimo), le quattro canzoni candidate di cui la vincitrice, Let It Go, velocizzata perché già fuori scaletta. E poi le star, senza il George Clooney di Gravity ma con una Sandra Bullock che ad ogni premio le si riempiva il cuore: sette statuette per il capolavoro visivo e di tensione di Alfonso Cuarón: regia, montaggio, fotografia, montaggio sonoro, mixaggio sonoro, colonna sonora ed effetti visivi. Tutto abbastanza prevedibile, dagli attori Matthew McConaughey che ha fatto lo show ritirando il premio a Jared Leto che ha elogiato la madre single, da Cate Blanchett elegantissima a Lupita Nyong'o fino all'ultimo incerta contro Jennifer Lawrence, per una cerimonia senza particolari picchi ma con qualche battuta simpatica. A meno che non si tratti dell'Italia, esultante per questo tredicesimo miglior film straniero dopo sedici anni da La Vita È Bella. «A Fellini, Maradona, Scorsese e i Talkin Heads» è stato dedicato un premio felicemente ritirato insieme a Toni Servillo, dato da Viola Davis: un quadretto splendido. Meno meraviglioso il documentario: 20 Feet From Stardom batte i sanguinocentrici The Act Of Killing e The Square. Non ha avuto rivali Frozen con le sue due nominations né 12 Anni Schiavo già miglior film su carta. Restano a bocca asciutta Captain Phillips, Nebraska e Philomena e soprattutto American Hustle, mentre Spike Jonze ritira il trofeo per la minore delle sue quattro sceneggiature e Il Grande Gatsby alla fine la scampa con due premi artistici.
Di seguito, dopo l'interruzione, tutti i candidati e i vincitori.


film
American Hustle - L'apparenza Inganna prodotto da Charles Roven, Richard Suckle, Megan Ellison, e Jonathan Gordon
Captain Phillips - Attacco In Mare Aperto prodotto da Scott Rudin, Dana Brunetti e Michael De Luca
Dallas Buyers Club prodotto da Robbie Brenner & Rachel Winter
Gravity prodotto da Alfonso Cuarón & David Heyman
Her prodotto da Megan Ellison, Spike Jonze e Vincent Landay
Nebraska prodotto da Albert Berger & Ron Yerxa
Philomena prodotto da Gabrielle Tana, Steve Coogan e Tracey Seaward
12 Years a Slave prodotto da Brad Pitt, Dede Gardner, Jeremy Kleiner, Steve McQueen e Anthony Katagas
The Wolf of Wall Street – produttori da determinare

lunedì 17 febbraio 2014

Bafta 2014 - vincitori.



Tante previsioni azzeccate e qualche sorpresa ai British Academy Film & Television Awards consegnati ieri sera a Londra; e le sorprese derivano soprattutto dall'assenza in tutte le categorie di Dallas Buyers Club, che quindi cede il suo trofeo del miglior attore, vinto da Chiwetel Ejiofor per 12 Anni Schiavo, accolto da un'ovazione spettacolare (forse perché effettivamente più meritevole), e del suo attore di supporto, non più Jared Leto ma nemmeno Michael Fassbender: vince Barkhad Abdi, il pirata di Captain Phillips, anche lui sale sul palco tra gli applausi generali. Il film di Steve McQueen si deve accontentare di questo e del più importante premio perché neanche Lupita Nyong'o arraffa le due statuette a cui era candidata: la star emergente votata dalla giuria EE è Will Poulter (nella foto a sinistra, insieme agli altri candidati Léa Seydoux e George Mackay), protagonista di Come Ti Spaccio La Famiglia, che batte il ben più navigato Dane Dehaan (Chronicle, Come Un Tuono, Lawless, Giovani Ribelli, Spider-Man). Due premi (giusti) alle arti sceniche e sartoriali de Il Grande Gatsby, tre (ingiusti) ad American Hustle – trucco, sceneggiatura non originale e, di nuovo, ancora, Jennifer Lawrence attrice non protagonista, la prevedibile Cate Blanchett migliore interprete femminile per Blue Jasmine, che ringrazia e dedica il premio a Philip Seymour Hoffman, il prevedibile Frozen miglior film d'animazione e poi il vero acchiappa-tutto: Gravity è il miglior film inglese, del miglior regista, fotografia, colonna sonora, effetti visivi e suono. La Grande Bellezza batte La Vita Di Adèle e L'atto Di Uccidere, che vince come documentario, mentre il miglior debutto è di Kieran Evans, regista, dopo qualche collaborazione televisiva a tema musicale, del tenero Kelly + Victor.
Qui la pagina ufficiale di tutti i candidati e vincitori; qui l'account YouTube della BBC con i video (non tutti) della serata; mentre di seguito, dopo l'interruzione, l'elenco dei candidati e, in blu, i vincitori.

miglior film
Anthony Katagas, Brad Pitt, Dede Gardner, Jeremy Kleiner e Steve McQueen per 12 Anni Schiavo
Charles Roven, Richard Suckle, Megan Ellison e Jonathan Gordon per American Hustle - L'apparenza Inganna
Scott Rudin, Dana Brunetti e Michael De Luca per Captain Phillips - Attacco In Mare Aperto
Gabrielle Tana, Steve Coogan e Tracey Seaward per Philomena
Alfonso Cuarón & David Heyman per Gravity

miglior film inglese
Justin Chadwick, Anant Singh, David M. Thompson e William Nicholson per Mandela: Long Walk To Freedom
John Lee Hancock, Alison Owen, Ian Collie, Philip Steuer, Kelly Marcel e Sue Smith per Saving Mr. Banks
Stephen Frears, Gabrielle Tana, Steve Coogan, Tracey Seaward e Jeff Pope per Philomena
Clio Barnard & Tracy O’Riordan per The Selfish Giant
Alfonso Cuarón, David Heyman e Jonás Cuarón per Gravity
Ron Howard, Andrew Eaton e Peter Morgan per Rush

lunedì 13 gennaio 2014

Golden Globes 2014 - vincitori/ 2.



Non importa che Greta Gerwig non abbia vinto per Frances Ha contro Amy Adams (che poverella, 4 nominations all'Oscar, 4 al BAFTA ed era la quinta al Globe – meritava di vincerne) né che Jennifer Lawrence l'abbia fatto, per la seconda volta di fila, immeritatamente, contro la super-favorita Lupita N'yongo e la divertentissima June Squibb; è stata la sera in cui, dopo venticinque anni, per la categoria del miglior film straniero è stato detto un titolo italiano: La Grande Bellezza ha battuto i capolavori di Kechiche, Vinterberg, Farhadi e Miyazaki nella più bella cinquina della serata, probabilmente, la più genuina, non sporcata da premi in avanzo né trovate di marketing – motivo per cui Leonardo DiCaprio, giunto all'undicesima candidatura, pretendeva di ricevere un secondo Golden Globe, così come gli U2, autori della canzone originale per il film su Mandela, erano certi che l'eroe nero sarebbe stato ricordato in qualche modo. Non si sa bene in che direzione punti la doppia vittoria di Dallas Buyers Club, con un favorito Jared Leto miglior attore non protagonista e Matthew McConaughey che sgambetta e trattiene l'euforia perché meno speranzoso di farcela (foto). Entrambi, con la Lawrence, hanno battuto il cast di 12 Anni Schiavo, che perde anche il premio alla regia e si accontenta di una sola statuetta, al miglior film drammatico. Alfonso Cuarón è però giustamente celebrato per la maestria dimostrata in Gravity, e a sua volta celebra Sandra Bullock, che lo guarda dal tavolo con cui è a cena. Insomma una serata di premi seminati un po' in giro, senza una pellicola arraffa-tutto né dei film elogiati per determinate categorie, fatta eccezione per American Hustle, miglior film comedy (ma perché, fa ridere?) e migliori interpretazioni femminili. David O. Russel, regista e sceneggiatore, si vede rubare il globo allo script (giustamente) da Spike Jonze, per la prima volta candidato ai dialoghi (nel 2003 fu nominato come regista per Il Ladro Di Orchidee) – ma la sorpresa più grande è sicuramente questo Alex Ebert che, prima esperienza come compositore per un film, All Is Lost, tiene banco sul palchetto raccontandoci di una festa stringendo il premio alla colonna sonora, tolto al veteranissimo John Williams e al favorito Steven Price.
Qui il sito ufficiale con i video della serata; di seguito e dopo l'interruzione tutti i candidati e i vincitori.

miglior film
drama
 12 Anni Schiavo  di Steve McQueen
Captain Phillips - Attacco In Mare Aperto di Paul Greengrass
Gravity di Alfonso Cuarón
Philomena di Stephen Frears
Rush di Ron Howard

miglior film
comedy o musical
 American Hustle  di David O. Russell
Her di Spike Jonze
Inside Llewyn Davis di Joel & Ethan Coen
Nebraska di Alexander Payne
The Wolf Of Wall Street di Martin Scorsese

sabato 4 gennaio 2014

il forno scientifico.



American Hustle - L'apparenza Inganna
American Hustle, 2013, USA, 138 minuti
Regia: David O. Russell
Sceneggiatura originale: Eric Singer & David O. Russell
Cast: Christian Bale, Amy Adams, Bradley Cooper, Jeremy Renner,
Jennifer Lawrence, Louis C.K., Jake Huston, Michael Peña,
Alessandro Nivola, Elisabet Röhm, Shea Whigham
Voto: 7.7/ 10
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Squadra che vince non si cambia e dopo il successo di critica di The Fighter e il successo di pubblico de Il Lato Positivo, il regista che si ricordava per I ❤ Huckabees e prima ancora per Three Kings solo per le scazzottate con gli attori (George Clooney) e le liti furenti con le attrici (Lily Tomlin) raccoglie quegli interpreti che l'hanno caldamente ringraziato vincendo (Christian Bale, Jennifer Lawrence) o candidandosi (Bradley Cooper, Amy Adams) a un Oscar e mischia la briosa leggerezza nonsense di uno alla virilità corale dell'altro facendo un salto di quarant'anni indietro ma sempre rimanendo in quella parte di America un po' marginale, un po' privata del suo Sogno. Ci è chiaro dalle prime scene: Irving Rosenfeld, un Christian Bale grasso che sottolinea l'elasticità fisica di questo attore camaleonte, per campare gestisce cinque o sei lavanderie, un traffico illecito di quadri d'arte spesso falsi e un finto servizio di prestiti che permette di avere cinquantamila dollari dandone cinque. È il pezzo di storia vera, come ci dice la scritta in apertura: insieme alla compagna Sydney Prosser, il truffatore Rosenfeld aiutò l'FBI a smascherare i corrotti e i mafiosi all'interno della politica americana per non andare in prigione, scoprendo egli stesso, per primo, che la gente coinvolta era sempre più importante di quella appena incastrata, fino al capo di tutte le mafie (un altro attore riciclato, un Robert De Niro che rispolvera la parlata da padrino). In apertura ci viene in realtà anticipato tutto: gli anni '70 dei titoli di testa ben fatti, il grottesco della prima sequenza, in cui Bale si riporta accuratamente i pochi capelli rimasti da una parte, la presenza di un triangolo nato per affari, tra Bradley Cooper e colei che si sobbarca gran parte della pellicola, Amy Adams, smagliante come poche altre volte, e le voci fuori campo che si alternano per raccontare a volte troppo frettolosamente a volte troppo dettagliatamente i pezzi di storia che ci mancano e che volontariamente mancano, e poi la struttura narrativa a salti, che comincia, torna indietro, e poi va avanti. La regola, però, si accascia a metà film, quando compare anche Jennifer Lawrence tanto elogiata per una parte piccola e non così degna di nota e che si trascina dietro tutti i problemi che verranno, i dettagli spifferati all'uomo sbagliato, la civetteria troppo messa in mostra. Ragazza madre, la Lawrence ha un figlio che è il motivo per cui Bale non si decide a scappare con la Adams e fa un po' qui e un po' là, facendosi usare da Cooper e diventando involontariamente amico e confidente di Jeremy Renner, il sindaco buono che essendo costretto ad accettar mazzette finisce dalla parte del torto. In tutto questo minestrone, le cose si complicano continuamente e lo spettatore attento sa che solo un morto potrebbe mettere fine al lunghissimo film; ma il morto non c'è mai perché nessuna pistola spara e se lo fa è solo al soffitto. Il grottesco infatti non nasce da una violenza esagitata mista allo humor involontario (perché di fatto non ci sono battute; fanno ridere i movimenti di camera, a partire dalla tipica carrellata in avanti troppo veloce), ma dagli accentuati costumi e dalle accentuatissime acconciature, esagerate, appariscenti, unici veri elementi di quegli anni '70 che non sono effettivamente stati ricostruiti perché quasi tutte le scene sono al chiuso, di dialoghi in stanze, e così, si sa, è più facile saltare nel tempo (vedere alla voce Argo). L'imperfezione strutturale, troppo prolissa all'inizio che pare essere un film alla Bonnie & Clyde, troppo spaccata in due, desiderosa di colpi di scena e tensioni non sempre azzeccati, viene perdonata grazie a questo quintetto di attori in stato di grazia, che accettano ruoli che non sempre li fanno splendere ma ubbidienti al loro regista, che ancora una volta si dimostra non tanto bravo sceneggiatore quanto eccelso direttore. Sebbene, come tutte le cose troppo elogiate dagli altri, rimanga l'amaro in bocca.

domenica 29 dicembre 2013

classifiche/ 1.




12 Anni Schiavo continua la sua scalata verso l'ovazione mondiale mentre da noi si scatena il putiferio per i manifesti accusati di razzismo distribuiti (e ritirati) dalla BiM. La terza pellicola di Steve McQueen, dopo il capolavoro elogiato solo dalla critica Hunger e il capolavoro elogiato solo dal pubblico Shame, mette tutti d'accordo (ma sarà in Italia solo il 20 febbraio) e sia Indiwire – grassa rivista originariamente di cinema indipendente americano (qui il sito) nata nel '96 e vincitrice nel 2012 del premio al miglior sito cinematografico – sia la Southeastern Film Critics Association – associazione composta da più di quaranta critici, qui i premi – lo mettono al primo posto nella classifica del meglio dell'anno. Se poi la seconda si mantiene “classica” con i film dei Coen, di Scorsese, di Frears, di Russell, di Jonze e ovviamente di Cuarón, Indiewire, come da titolo, allarga i propri orizzonti (l'elenco conta 25 film) e inserisce Before Midnight di cui è innamorata al terzo posto e al primo per la sceneggiatura; altra freccia al cuore è quella per Frances Ha, forse la più grande sorpresa dell'anno: decimo miglior film, quinta migliore attrice, quinta migliore sceneggiatura. Compaiono poi dei ricordi del Natale passato (Qualcuno Da Amare, To The Wonder, Oltre Le Colline), qualche documentario (imbattibile L'atto Di Uccidere, ma attenzione a Leviathan immediatamente dopo e Stories We Tell) e poi La Grande Bellezza al quattordicesimo posto, che comparirà, nelle classifiche dei prossimi giorni, a piani ancora più alti. Alfonso Cuarón se la deve vedere con l'epopea antirazziale “evento dell'anno” sebbene Gravity ci sia piaciuto molto, moltissimo; avrà strada facile ai prossimi Oscar solo dove il film di McQueen non ha soldati in campo: effetti visivi, fotografia. L'ipotesi che Jennifer Lawrence faccia effettivamente una doppietta non è da scartare, ché l'Academy ama sorprenderci in questo senso; speriamo non ci sorprenda premiando Il Sospetto come miglior film straniero. A piani sempre troppo bassi (se non del tutto ignorati) sono i due film più amari e meglio fatti di quest'anno: A Proposito Di Davis e Nebraska.
Di seguito, dopo l'interruzione, le classifiche per intero.

mercoledì 11 dicembre 2013

Screen Actors Guild Awards - nominations.



Tom Hanks è stato preferito nel ruolo del Captain Phillips e non nella veste di Walt Disney in Saving Mr. Banks (per cui è candidata Emma Thompson, autrice reticente di Mary Poppnis) e a sorpresa con lui, per il film di Paul Greengrass, è stato candidato il pirata Barkhad Adbi, infoiato accaparra-oro disposto a tutto pur di tornare a casa a mani piene; prevedibilmente è però 12 Years A Slave (12 Anni Schiavo) che ha la meglio tra le nominations appena annunciate dei SAG, gli Screen Actors Guild Awards 2014 i cui premiati saranno annunciati il 18 gennaio; nominations all'attore protagonista, ai due attori di supporto e al cast per il film di Steve McQueen che a questo punto non ha paura di essere escluso dai Golden Globes di domani o dagli Oscar di gennaio. Poco meno hanno ottenuto Dallas Buyers Club (altra certezza), The Butler di Lee Daniels, a breve nelle nostre sale e con Oprah Winfrey nelle vesti della moglie del maggiordomo del presidente, e la commedia I Segreti Di Osage County, che non ci fa mancare Meryl Streep dagli schermi neanche quest'anno. Sorprende quindi American Hustle, che si accontenta di Jennifer Lawrence miglior attrice non protagonista e del miglior cast, nonostante il chiacchiericcio di tutti gli attori in splendida forma. Per James Gandolfini, ennesima nomination postuma per Non Dico Altro: un omaggio più che una giustizia. Si daranno battaglia col veleno le attrici: Cate Blanchett rischia sempre di fronte alla Judi Dench di Philomena e adesso che c'è l'amatissima Sandra Bullock di Gravity rischia ancora di più. Mancano contro di loro la Bérénice Bejo de Il Passato e l'Adele Exarchopoulos del film di Kechiche.
Per quanto riguarda le nominations televisive, abbiamo da una parte i due attori di Dietro Ai Candelabri che da noi è arrivato al cinema ma originariamente è un film per TV e dall'altra le attrici di Top Of The Lake, miniserie di Jane Campion presentata in anteprima italiana a Torino31.
Dopo l'interruzione, tutti i candidati.

miglior performance
di un attore protagonista
Bruce Dern in Nebraska
Chiwetel Ejiofor in 12 Years A Slave
Tom Hanks in Captain Phillips - Attacco In Mare Aperto
Matthew McConaughey in Dallas Buyers Club
Forest Whitaker in The Butler - Un Maggiordomo Alla Casa Bianca

miglior performance
di un'attrice protagonista
Cate Blanchett in Blue Jasmine
Sandra Bullock in Gravity
Judi Dench in Philomena
Meryl Streep in I Segreti Di Osage County
Emma Thompson in Saving Mr. Banks

sabato 7 dicembre 2013

NYFCCA - vincitori.



Forse non era il film più bello, ma Zero Dark Thirty era sicuramente il film meglio fatto dell'anno scorso; e il New York Critic Circle l'aveva capito e premiato per primo, premiando a sorpresa anche, due anni fa, The Artist quando ancora non era scoppiato il caso. Così, quest'anno ci sorprende dando il massimo riconoscimento ad American Hustle di David O. Russell e solo la regia a Steve McQueen per il quanto-pare-capolavoro 12 Years A Slave. Al film di Russell, anche, l'interpretazione femminile di supporto, quella di Jennifer Lawrence, che a questo punto potrebbe fare la doppietta candidandosi di nuovo all'Oscar. La protagonista è la nevrotica Cate Blanchett che pare stia avendo sempre la meglio su Judi Dench mentre il protagonista è Robert Redford e non Matthew McConaughey – del cui film è però premiato Jared Leto. Non c'è Gravity: né al film né all'attrice né, purtroppo, alla fotografia di Emmanuel Lubezki che era stato dimenticato anche dagli Oscar per The Tree Of Life. Vince però Inside Llewyn Davis, che ci piace molto, insieme a Si Alza Il Vento, ultimo film per Hayao Miyazaki che si ritirerà dopo questa fatica. Forse per questo il premio non va a Frozen – cento milioni di incazzo al primo weekend e elogi della critica che lo mettono tra i dieci migliori film dell'anno. È chiaro, infine, che il film indipendente degli Oscar sarà Fruitvale Station mentre Sarah Polley, attrice ne La Vita Segreta Delle Parole, sceneggiatrice di Lontano Da Lei e regista, porta avanti il suo documentario Stories We Tell che a sorpresa ha la meglio contro The Act Of Killing.
Di seguito e dopo l'interruzione, tutti i vincitori.

Miglior film: American Hustle di David O. Russell
Miglior regia: Steve McQueen per 12 Anni Schiavo
Miglior sceneggiatura: Eric Singer & David O. Russell per American Hustle

lunedì 2 dicembre 2013

il canto della rivolta.



Hunger Games:
La Ragazza Di Fuoco
The Hunger Games: Catching Fire, 2013, USA, 146 minuti
Regia: Francis Lawrence
Sceneggiatura non originale: Simon Beaufoy & Michael Arndt
Basata sul romanzo omonimo di Suzanne Collins (Mondadori)
Cast: Jennifer Lawrence, Josh Hutcherson, Liam Hemsworth,
Woody Harrelson, Stanley Tucci, Lenny Kravitz, Elizabeth Banks,
Philip Seymour Hoffman, Donald Sutherland
Voto: 7.7/ 10
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Conclusisi i 74esimi Hunger Games, i vincitori – che per la prima volta sono due, i rappresentanti di un distretto (il 12, quello dei minatori, l'infimo da quando è stato raso al suolo il 13esimo), hanno il compito, viaggiando in treno dalla loro casa al Capitol sovrano, di fermarsi in tutte le undici piazze e ricordare i ragazzi e le ragazze (i “tributi”) caduti durante i giochi. Katniss e Peeta, i ragazzi vittoriosi, sono costretti poi a fingere, davanti alle masse e alle telecamere, una storia d'amore che nemmeno esiste da lontano. Il film non ricorda né accenna né riassume niente di ciò che è stato due anni fa: i riferimenti alle bacche, le regole del gioco, tutto è sottointeso, come a voler continuare il film precedente, e non volerne fare un nuovo capitolo. Ripartiamo lì da dove avevamo lasciato tutti, inclusa la televisione onnipresente e sovrana, le leggi dello spettacolo, il prodotto da dare in pasto al pubblico, approfondendo ancora di più quello che è il mestiere dello stratega, la capacità di avere la folla, spaventandola, senza mai farla arrivare alla rivolta. Per questo Katniss è una minaccia: con la sua proposta di morire entrambi piuttosto che vincere avendo tradito il proprio alleato, quando era nell'arena con Peeta, incarna la ribelle vincitrice, figura da imitare per sconfiggere il sistema. Così, le regole del gioco cambiano, e dopo un anno, alla vigilia dei 75esimi Hunger Games, in occasione del terzo anniversario delle 25 edizioni, le regole cambiano: i due tributi, un maschio e una femmina, saranno presi tra i vincitori ancora in vita degli anni passati. Essendo l'unica donna ad aver vinto nel suo distretto, Katniss è spacciata. Si ritroverà, ancora con Peeta, nella ricostruita arena di gioco...
Qui l'azione arriva molto tardi, quasi a metà film. Per tutto il primo tempo si analizza soltanto l'aspetto politico della trilogia, quello estetico, spettacolare, quello che ha reso la serie interessante insomma. Le scenografie migliorano rispetto all'episodio precedente e così i costumi, più frequentemente appariscenti e felliniani in certe feste (mi ricordo di Giulietta Degli Spiriti...), dove si mangia e si vomita per mangiare ancora mentre certi altri distretti muoiono di fame. La satira in questo senso è molto alta, più accuratamente descritta: il cattivo è veramente cattivo, scende a minacce, vuole dimostrare il suo potere e non avere problemi di nessun tipo. Ogni sgarro è punito con le frustate pubbliche, ogni rivoltoso con la pistola alla testa. Tutto questo serve a ciò che accadrà nei prossimi due anni, quando il terzo episodio, diviso in due, arriverà nelle sale. E adesso che la trilogia è un franchise, ecco gli elogi da ogni parte perché «il secondo film non delude rispetto al primo come succede in ogni serie», perché «dove il primo era goffo, questo migliora», perché «effetti speciali e scene sono più accurate e spettacolari». In realtà, la dipartita di Gary Ross, regista di quell'altro film, e la venuta di Francis Lawrence, regista dei fantasiosi Io Sono Leggenda e Constantine e del tremendo Come L'acqua Per Gli Elefanti, si nota proprio in questo: nel passaggio dalla telecamera a spalla al franchise. Eppure, Lawrence cerca di essergli fedelissimo, soprattutto quando sul palco con Stanley Tucci noi spettatori siamo al di qua dei personaggi e non là, in mezzo alla folla. Le scene di zuffe confusissime che avevano caratterizzato quello – trovata per limitare il sangue dei molti morti ammazzati – si perde, e tutti i crepati sono fuori scena, suoni di cannone anonimi. L'azione, che dovrebbe raddoppiare, si dimezza, per scavare un po' di più nei personaggi: Jennifer Lawrence è bravissima a non (farci) capire quanto sia realmente coinvolta e con chi, ma soprattutto Elizabeth Banks cambia continue espressioni e mostra un lato umano che il libro non ha. Però il film annoia, fino alla rinnovata scena conclusiva frettolosa che «lascia l'acquolina», scritta dai premi Oscar Simon Beaufoy (Full Monty, The Millionaire) e Michael Arndt (Little Miss Sunshine, Toy Story 3) che non sono autori di action né di fantasy.
La confezione si chiude con una colonna sonora che include canzoni di Patti Smith, Sia, Christina Aguilera, Santigold, Ellie Goulding, Lorde, ma sui titoli di coda sentiamo solo Atlas dei Coldplay, unica candidabile all'Oscar.

domenica 3 febbraio 2013

go Eagles!



Il Lato Positivo
Silver Linings Playbook, 2012, USA, 122 minuti
Regia: David O. Russell
Sceneggiatura non originale: David O. Russell
Basata sul romanzo L'orlo Argenteo Delle Nuvole di Matthew Quick (Salani)
Cast: Bradley Cooper, Jennifer Lawrence, Robert De Niro
Jacki Weaver, Chris Tucker, Julia Stiles, Anupam Kher
Voto: 7.8/ 10
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Candidato a 8 Premi Oscar:
film, regia, sceneggiatura non originale, attore, attrice,
attore non protagonista, attrice non protagonista, montaggio
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Il problema dei premi e dei film americani e dei film americani che vengono distribuiti tardi in Italia (questo esce a marzo) e delle distribuzioni internazionali è il seguente: si arriva davanti al film dopo che questo ha vinto un Golden Globe, cinque Satellite, un SAG, tre Critics' Choice, è stato candidato a cinque Spirit, tre BAFTA e otto Oscar ed è la prima commedia (se la vogliamo effettivamente definire commedia) dopo decenni ad ottenere così tante nominations (ci hanno provato Le Amiche Della Sposa, Midnight In Paris, Juno e Little Miss Sunshine ultimamente) e soprattutto è il primo film dopo 31 anni ad ottenere le candidature di tutti e quattro gli attori nelle quattro rispettive categorie, raggiungendo i traguardi di Un Tram Che Si Chiama Desiderio e Viale Del Tramonto.
Bene dunque, consapevoli di tutte queste cose arriviamo al film con quella cosa tremenda che si chiama aspettativa – e siccome non abbiamo letto il libro di Matthew Quick che in Italia non ha letto nessuno, non abbiamo neanche idea di quale sia la trama. E il film comincia, con Jacki Weaver (la sconosciuta di cui tutti mormorarono che ebbe una nomination all'Oscar nella stessa categoria un paio di anni fa per l'australiano Animal Kingdom, e che con questo film non è stata nominata a niente, solo all'Oscar) con Jacki Weaver dunque che va in clinica a recuperare il figlio Bradley Cooper (che sta mille volte meglio coi capelli corti) ricoverato per disturbi mentali di bipolarismo e aggressività improvvisa e se lo porta a casa dove il padre Robert De Niro non lo sta ad aspettare perché non ne sa nulla. Bene dunque: non ci ricorda niente, questo incipit? E se non è l'incipit a ricordarcelo ci penserà lo sviluppo della trama poi: siamo di fronte alla stessa identica struttura narrativa di Little Miss Sunshine solo che non c'è un tentato suicidio né un nipote volontariamente muto. Ci sono, però, bizzarre dinamiche familiari fatte di superstizioni per la posizione dei telecomandi e la maglia indossata in casa che portano gli Eagles a vincere o meno e quindi De Niro a guadagnare i soldi scommessi o a perderli; ci sono dei risvegli notturni alla ricerca spasmodica del filmino del matrimonio dal ripostiglio perché Cooper – che qui si chiama Pat, diminutivo di Patrizio, nome così splendido che l'omonimo padre l'ha dato pure al figlio – è sposato e anche se ha il divieto legale di avvicinarsi alla (ex?) moglie che lo tradì con un collega insegnante in tempi andati, lui non fa che pensare a lei, parlare di lei, desiderare lei ed essere certo che finiranno tra le rose.
Proprio per questa fissazione gli amici-più-o-meno-vicini di casa lo invitano a cena e gli presentano colei che, «abbastanza grande da essere sposata ma non abbastanza da andare in manicomio», ha appena perso il marito e diciamo che non l'ha presa proprio bene, e non ci sta proprio con la testa. Il pazzo cerca il pazzo e il pazzo trova, e le loro conversazioni non rendono il film una commedia (lo fanno, molto di più, le scene in casa) ma un dramma romantico perché sappiamo, noi lo sappiamo, che lui è sposato e ama la moglie ma.
Il parallelismo con Little Miss Sunshine si completa con una performance finale di ballo alla quale partecipa emotivamente tutta la famiglia che finirà poi con l'accontentarsi del risultato che viene, dilettanti tra i professionisti che cercano altro.
In tutto questo, Bradley Cooper brilla più di Jennifer Lawrence anche se è lei che potrebbe vincere l'Oscar (lui non ha speranze) perché il suo personaggio è schizzato in un modo credibile, dice ciò che pensa sempre e comunque, urla se sente una canzone, mentre lei racconta esperienze passate che sfiorano il demenziale, è sola in un modo tenero e detesta ciò che poi, scopriremo, conosce a menadito.
Una non-commedia da andare a vedere, quindi, senza pretese, senza aver visto Little Miss Sunshine, per scoprire un meraviglioso e inaspettato Robert De Niro, una Jacki Weaver tutta cucina e compostezza nel quartiere e una coppia che sullo schermo, chi l'avrebbe mai detto, funziona, e funziona, chi l'avrebbe mai detto, grazie al David O. Russell che ci ha fatto sputare sangue col truce e trucido The Fighter due anni fa.

lunedì 28 gennaio 2013

Screen Actors Guild - vincitori.



Qualche sorpresa ha segnato la consegna dei 19esimi Screen Actors Guild Awards, i così detti SAG che premiano le performance di attori e attrici e stunt nel cinema e nella televisione, qualche sorpresa per il piccolo schermo (30 Rock vince l'attrice Tina Fey e l'attore Alec Baldwin rubando le statuette a Modern Family, e per le serie drammatiche Breaking Bad batte Homeland) ma niente di nuovo, o quasi, sul piano cinematografico.
L'unica sorpresa potrebbe essere il premio non dato a Philip Seymour Hoffman per The Master, Oscar ormai quasi certo (per un film totalmente ignorato) per una performance che qui è stata messa in secondo piano dal navigato Tommy Lee Jones che, oltre all'altra certezza, il Daniel Day-Lewis di Lincoln, porta un secondo premio in casa Spielberg. Sul versante femminile, di certo c'è la Anne Hathaway de Les Misérables, tanto amata nel suo ruolo canterina e generalmente poco frequentatrice di queste premiazioni (se non per la parentesi Rachel Sta Per Sposarsi) mentre il ruolo da protagonista se lo contendono le due attrici dell'anno, la Jennifer Lawrence de Il Lato Positivo e la Jessica Chastain di Zero Dark Thirty, e in questo caso vince la prima, super-favorita agli Oscar perché unica possibilità di dare un premio al film di David O. Russel (su otto nominations). Ma comunque, la sua figura la fa Argo: il film dell'anno, che nonostante non abbia nessun attore candidato singolarmente se non Alan Arkin, vince il premio più ambito, quello per il cast.
Mentre scrivo, viene aggiornata la pagina del sito ufficiale con i video dei discorsi ai microfoni tenuti dai vincitori nella serata di ieri sera. Lì troverete anche i premi dati alla televisione e, di seguito, tutti quelli per il cinema.


Miglior Cast in un Film
 Argo 
Ben Affleck, Alan Arkin, Kerry Biche, Kyle Chandler,
Rory Cochrane, Brian Cranston, Christopher Denham,
Tate Donova, Clea Duvall, Victor Garber, John Goodman,
Scoot McNairy, Chris Messina

Marigold Hotel
Judi Dench, Celia Imrie, Bill Nighy, Dev Patel, Ronald Pickup,
Maggie Smith, Tom Wilkinson, Penelope Wintoln

Les Misérables
Isabelle Allen, Samantha Barks, Sacha Baron Cohen,
Helena Bonham Carter, Russel Crowe, Anne Hathaway,
Daniel Huttlestone, Hugh Jackman, Eddie Redmayne,
Amanda Seyfried, Aaron Tveit, Colm Wilkinson

Lincoln
Daniel Day-Lewis, Sally Field, Joseph Gordon Levitt,
Hal Hollbrook, Tommy Lee Jones, James Spader, David Strathairn

L'orlo Argenteo Delle Nuvole
Bradley Cooper, Robert De Niro, Anupam Kher,
Jennifer Lawrence, Chris Tucker, Jaki Weaver

lunedì 14 gennaio 2013

Golden Globes 2013 - vincitori



Non era neanche finita la cerimonia di premiazione che subito i TG flash americani hanno cominciato a parlarne, lei è diventata trend topic sia col cognome che senza su Twitter e comparivano video appena registrati su YouTube: il discorso di Jodie Foster, premiata col Cecil B. DeMille Award alla carriera, che oltre ad aver orgogliosamente dichiarato di avere cinquant'anni (e da trentasei è sullo schermo) ha anche preparato la platea al suo «discorso di coming-out» in cui avrebbe rivelato qualcosa che non ha mai rivelato nella sua vita e che è giunta l'ora di dire: è single. Poi, scherzando, ha colto l'occasione per interrogarsi (e interrogarci) sul motivo per cui i personaggi dello spettacolo diventano protagonisti di reality show, sull'importanza e il senso della privacy, sottolineando la difficoltà con cui si conduce una vita privata. A questo punto il discorso prende una svolta che fa commuovere il pubblico perché si affronta il tema del cinema indipendente, quello che si fa per emozionare, non per far soldi, i ruoli che si interpretano per la loro bellezza che sono sempre meno, motivo per il quale potrebbe lasciare le scene (insieme alla malattia della madre).
Il secondo grande avvenimento di questi 70esimi Golden Globes è stata la presenza quasi nulla di Bill Clinton che è stato poi chiamato da una delle due conduttrici, Tina Fey, «il marito di Hillary», e proprio le due conduttrici (la Fey e Amy Poheler) hanno mantenuto la promessa di rendere la cerimonia una sorta di Saturday Night Live di satira cinematografica («Taylor Swift sta' lontana dal figlio di Jamie Foxx»). La Swift, candidata per la Canzone Originale, ha dovuto vedere quel premio andare ad Adele, senza nascondere il disappunto durante il discorso di ringraziamento della più celebre cantante inglese, mentre Michael Danna, il compositore di Little Miss Sunshine, vince la Colonna Sonora alla sua prima nomination, unico premio per Vita Di Pi.
Nessuna sorpresa ai piani alti: Argo è il Miglior Film Drammatico con un gioioso Ben Affleck che vince anche la Migliore Regia (foto) riscattando la non-nomination di tre giorni fa agli Oscar, dall'altra parte è stato Les Misérables a vincere come Film Comedy o Musical – premio che forse sarebbe dovuto andare a Il Lato Positivo, che si accontenta della Migliore Attrice. Il musical di Tom Hooper basato sul romanzone di Victor Hugo fa vincere anche Hugh Jackman come Miglior Attore e Anne Hathaway come Miglior Attrice Non Protagonista aumentando la probabilità di quest'ultima di raggiungere il suo primo Oscar, mentre è chiaro che il Miglior Attore sarà, come qui, Daniel Day-Lewis per la sua metamorfosi in Lincoln. Curioso il successo di Quentin Tarantino: Miglior Sceneggiatura (l'unica completamente originale candidata) e Miglior Attore Non Protagonista, di nuovo, per Christoph Waltz. Mentre torna a casa a bocca asciutta Kathryn Bigelow se non per la sua protagonista Jessica Chastain. La Poheler, all'inizio della cerimonia, ha detto di capire bene perché la Bigelow fa film sulle torture dato che è stata sposata per tre anni con James Cameron. Eppure quattro anni fa i Globes premiarono Avatar e neanche candidarono The Hurt Locker.
Un altro premio dovuto e uno regalato: il primo è per il nostro Film Straniero, Amour, il secondo per Ribelle - The Brave, che batte indicibilmente Ralph Spaccatutto e regala l'ennesimo premio alla Pixar.
Tutti i vincitori, evidenziati in blu, di seguito e dopo il salto, e per la lista dei premi televisivi (in cui di routine vince Homeland per il drama e a sorpresa il bel Girls per la comedy) rimando al sito ufficiale.


Miglior Regia
 Ben Affleck  per Argo
Kathryn Bigelow per Operazione Zero Dark Thirty
Ang Lee per Vita Di Pi
Steven Spielberg per Lincoln
Quentin Tarantino per Django Unchained

Miglior Sceneggiatura
Mark Boal per Operazione Zero Dark Thirty
Tony Kushner per Lincoln
David O. Russell per Il Lato Positivo
 Quentin Tarantino  per Django
Chris Terrio per Argo

sabato 12 gennaio 2013

Critics' Choice - vincitori.



I primi premi ad essere consegnati seguono le nominations agli Oscar di un giorno e aprono la stagione dei pronostici, e fanno sorridere, soprattutto perché il Miglior Film e la Migliore Regia vanno a colui che come regista non è stato candidato, e cioè Ben Affleck, per il suo Argo che ha messo d'accordo critica e pubblico – e che avevo già previsto potesse avere successo.
Assegnati dalla Broadcast Film Critics Association, i 18esimi Critics' Choice Movie Awards premiano, oltre alle categorie “classiche” anche i film a tema, d'azione o di fantascienza o horror, per cui Jennifer Lawrence si porta a casa due trofei come Migliore Attrice (in un action-movie, The Hunger Games e in una commedia, Il Lato Positivo, nuovo titolo nazionale per L'orlo Argenteo Delle Nuvole) e la saga di Twilight vince come miglior franchise. Ma, fatta eccezione per questo triste dettaglio, si vedono già i germi di ciò che si preannuncerà: Anne Hathaway ancora una volta miglior Non Protagonista per Les Misérables, Philip Seymour Hoffman per The Master, Daniel Day-Lewis Miglior Attore per un Lincoln che vince anche la Colonna Sonora e la Sceneggiatura Adattata e Jessica Chastain Miglior Attrice nella categoria più difficile dell'anno (anche lì, come agli Oscar, ci sono l'Emmanuelle Riva di Amour, Quvenzhané Wallis di Beasts Of The Southern Wild, Naomi Watts per The Impossible e la Lawrence). Palesi i premi tecnici a Vita Di Pi (Fotografia e Effetti) e quelli artistici per Anna Karenina (Scenografia, Costumi). Vince Skyfall per il Film d'azione, l'Attore d'Azione e soprattutto la Canzone Originale spianando la strada all'inglese Adele, 24 anni appena, che dopo 8 Grammy, 3 Brit Awards, una nomination ai Golden Globe e una agli Oscar, si appresta a diventare una delle grandi “entertainer” al pari di Barbra Streisand e Frank Sinatra.
Per la lista completa dei vincitori, in tutte le categorie (che vedono anche Cloud Atlas, Django e Looper) rimando al sito ufficiale mentre di seguito, e dopo il salto, candidati e vincitori dei premi più importanti.


Miglior Film
 Argo 
Beasts Of The Southern Wild
Django Unchained
Vita Di Pi
Lincoln
The Master
Les Misérables
Moonrise Kingdom
Il Lato Positivo
Operazione Zero Dark Thirty

giovedì 6 dicembre 2012

Film Independent Spirit Awards - nominations.



Martedì scorso Anna Kendrick, Zoe Saldana e Common hanno dato le nominations, nel W Hotel di Hollywood, ai 28esimi Film Independent Spirit Awards, i premi del cinema indipendente statunitense che un tempo avevano la statuetta a forma di piramide con dentro delle stringe di scarpe e che adesso è banalmente un'aquilotto ad ali spiegate, che come ogni anno saranno consegnati nella cerimonia di premiazione un giorno prima degli Oscar (quest'anno il 23 febbraio).
A quanto pare, questo L'orlo Argenteo Delle Nuvole, nelle nostre sale addirittura il 7 marzo e in America già uscito, pare sia un capolavoro. Dietro ad esso, c'è il candidato all'Oscar (per The Fighter) David O. Russell che dopo quel film tutto botte e muscoletti s'è dato alla commedia riscuotendo immenso successo di critica, grazie anche all'attrice del momento, Jennifer Lawrence, e all'attore che le fa spalla, Bradley Cooper, entrambi candidati. Per Russel è la terza volta agli Spirit dopo l'esordio Spanking The Monkey del 1994 e Amori E Disastri del '96, e ci torna dopo aver avuto il Premio Speciale ai Gotham l'altra sera.
L'appena recensito Beasts Of The Southern Wild gli corre appresso per numero di nominations, insieme ai due compagni dei Gotham: Bernie e Moonrise Kingdom e ai minori Sound Of My Voice, The Loneliest Planet e soprattutto Middle Of Nowhere. Sono, nelle categorie principali, praticamente quasi tutte commedie, cosa che agli Oscar non succederebbe mai, fatta eccezione per il “dramma gay” (definizione che un regista non vorrebbe mai sentire) Keep The Lights On che da noi non uscirà mai - come il Weekend dell'anno scorso tanto tenero.
Ruby Sparks compare solo per la sceneggiatura della sua protagonista Zoe Kazan insieme all'appena uscito in Italia 7 Psicopatici - uscito in pochissime copie e città. L'israeliano La Sposa Promessa, Coppa Volpi a Venezia per il pesce lesso protagonista, stranamente compare come miglior esordio (sia alla regia che alla sceneggiatura) ma non tra i film stranieri, dove brilla l'Amour di Haneke, il Sister della Meier che è tanto piaciuto alla critica, Ruggine E Ossa che la Francia non ha mandato agli Oscar e C'era Una Volta In Anatolia, ormai roba vecchia, che ruba il posto al nostro Cesare Deve Morire.
Felicitazioni a Matthew McConaughey nel suo anno di grazia che, co-protagonista in Bernie, fa doppietta di nominations con Magic Mike e soprattutto col nostro amato Killer Joe.
Non lasciamoci ingannare dai nomi italiani di Laura Colella e Aurora Guerrero: sono la prima americana e la seconda ispanica. Candidate per i film fatti in povertà. Tutte le candidature dopo l'interruzione:

Miglior Film:
Beasts Of The Southern Wild
Bernie
Keep The Lights On
Moonrise Kingdom
L'orlo Argenteo Delle Nuvole

Miglior Regia:
Wes Anderson per Moonrise Kingdom
Julia Loktev per The Loneliest Planet
David O. Russell per L'orlo Argenteo Delle Nuvole
Ira Sachs per Keep The Lights On
Behn Zeitling per Beasts Of The Southern Wild

lunedì 4 giugno 2012

MTV Movie Awards - vincitori





Quarto “miglior bacio” di fila per Robert Pattinson e Kristen Stewart che però questa volta non ci regalano nessun momento memorabile di show dato che lui proprio non c'è e lei è altamente impedita, sforzandosi di fare la simpatica senza riuscirci, sia in questo discorso di ringraziamento che in quello finale, per il miglior film dell'anno, andato a Breaking Dawn (parliamone) diretto da Bill Condon che, per chi non lo sapesse, ha un Oscar per la sceneggiatura di Demoni E Dei, ha scritto Chicago e diretto Dreamgirls e ora si è ridotto a questo. Grazie a Dio c'è stata della giustizia con l'interpretazione femminile, quella di Jennifer Lawrence, che non era presente ma ha ringraziato tramite video, seguita dall'interpretazione maschile vinta dal suo collega Josh Hutcherson contento come se fosse Pasqua, sempre per The Hunger Games, illuso di essere migliore di Ryan Gosling in Drive.
Tre momenti simpatici: quello di Elizabeth Banks migliore trasformista (sempre per The Hunger Games) che ringrazia MTV per essere sul palco con mezzo cast di Magic Mike (film attesissimo in America, su un gruppo di spogliarellisti), nella foto qui sopra tra le braccia del licantropo Joe Manganiello, protagonista anche di True Blood (dal 10 giugno la quinta serie); il video-tributo ad Emma Stone in cui Octavia Spencer, Steve Carrell e altri suoi colleghi iniziano a parlarne bene e poi ne elencano i difetti («io amo Sharon Stone»); i calci che Charlize Theron dà a Michael Fassbender prima di premiare per la quarta e ultima volta The Hunger Games per il miglior combattimento.
Un po' imbarazzante quanto inatteso Johnny Depp alla chitarra insieme ai Black Keys che suona dopo aver ricevuto il premio alla carriera; inatteso anche il premio al miglior cast, che va a Harry Potter, ritirato da una solitaria ed elegantissima Emma Watson che ringrazia i più di duecento attori che l'hanno accompagnata negli anni. Due premi anche per Le Amiche Della Sposa, ma scontati: quello a Melissa McCarthy come miglior attrice comica e quello all'intero cast “da-torcere-le-budella”. Scontata pure la vittoria degli LMFAO per la hit “Party Rock Anthem” a discapito del mio Like Crazy.
Restano a bocca asciutta i bei film candidati per gentilezza: Drive, The Help, Uomini Che Odiano Le Donne.
Alcuni sporadici video della cerimonia sono visibili in questa pagina del sito ufficiale.

Film Dell'anno: The Twilight Saga: Breaking Dawn, Pt. 1
Le Amiche Della Sposa Harry Potter E I Doni Della Morte, Pt. 2 The Help The Hunger Games

Miglior Eroe: Harry Potter da Harry Potter E I Doni Della Morte, Pt. 2
Capitan America, Il Primo Vendicatore 21 Jump Street The Hunger Games Thor

Miglior Bacio: Kristen Stewart & Robert Pattinson in The Twilight Saga: Breaking Dawn, Pt. 1
Emma Stone & Ryan Gosling | Emma Watson & Rupert Grint | Jennifer Lawrence & Josh Hutcherson | 
Rachel McAdams & Channing Tatum

Miglior Performance Femminile: Jennifer Lawrence in The Hunger Games
Emma Stone | Emma Watson | Kristen Wiig | Rooney Mara

Miglior Performance Maschile: Josh Hutcherson in The Hunger Games
Channing Tatum | Daniel Radcliffe | Joseph Gordon-Levitt | Ryan Gosling

Miglior Performance Comedy: Melissa McCarthy in Le Amiche Della Sposa
Jonah Hill | Kristen Wiig | Oliver Cooper | Zach Galiflanakis

Miglior Musica: LMFAO per “Party Rock Anthem” - 21 Jump Street
Drive | Like Crazy | Project X Hanna

Miglior Metamorfosi Sullo Schermo: Elizabeth Banks in The Hunger Games
Colin Farrell | Johnny Depp | Michelle Williams | Rooney Mara

Miglior Performance Da-Torcere-Le-Budella: Kristen Wiig, Maya Rudolph, Rose Byrne, Melissa McCarthy, Wendi McLendon-Covey & Ellie Kemper in Le Amiche Della Sposa
Bryce Dalls Howard | Jonah Hill & Rob Riggle | Ryan Gosling | Tom Cruise

Miglior Combattimento: Jennifer Lawrence & Josh Hutcherson vs. Alexander Ludwig in The Hunger Games
21 Jump Street Harry Potter E I Doni Della Morte, Pt. 2 Mission Impossible: Protocollo Fantasma Warrior

Miglior Cast: Harry Potter E I Doni Della Morte, Pt. 2
21 Jump Street Le Amiche Della Sposa The Help The Hunger Games

Miglior Stronzo Sullo Schermo: Jennifer Aniston in Come Ammazzare Il Capo E... Vivere Felici
Bryce Dallas Howard | Colin Farrel | Jon Hamm | Oliver Cooper

Miglior Performance Emergente: Shailene Woodlei in Paradiso Amaro
Elle Fanning | Liam Hemsworth | Melissa McCarthy | Rooney Mara

MTV Trailblazer Award:
Emma Stone

MTV Generation Award:
Johnny Depp