martedì 21 aprile 2015

400.



Figlio Di Nessuno
Nicije Dete, 2014, Serbia/ Croazia, 95 minuti
Regia: Vuk Rsumovic
Sceneggiatura originale: Vuk Rsumovic
Cast: Denis Muric, Pavle Cemerikic, Isidora Jankovic,
Milos Timotijevic, Zinaida Dedakin, Miodrag Jelic
Voto: 8.9/ 10
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Primavera del 1988, Bosnia: durante una battuta di caccia un gruppo di uomini inframmezzati dai titoli di testa trova e cattura un bambino lercio e selvatico, nudo, che si ribella al loro contatto. Verrà caricato sulla camionetta insieme a un lupo ammazzato, animale da cui esso ha imparato le leggi della sopravvivenza: mordere lo straniero nemico, mangiare da terra ciò che si è cacciato, ringhiare, camminare su tutti gli arti. Lavato e rasato, il selvaggio viene portato in un orfanotrofio, viene dichiarato privo di provenienza, famiglia, e gli viene assegnato il nome (musulmano) di Haris Purica insieme a una stanza – di cui non utilizzerà niente: perennemente rannicchiato negli angoli, ora sotto al letto ora sotto al tavolo, rifiuterà le scarpe, il cibo nel piatto, il vetro alla finestra, il contatto umano. In un momento d'aria nel cortile dell'istituto sarà catturato da una biglia, senza coglierne l'essenza: il ragazzo che ci sta giocando gliela cederà e si instaurerà un rapporto uomo/ animale fatto di rispetto, protezione, insegnamento: Haris “Puciche” è effettivamente un cane a cui va insegnato come alzare la zampa, come stare sulla sedia: è un bambino a cui bisogna insegnare ciò che i bambini naturalmente apprendono, ancora più piccoli, ma che lui non concepisce, non ritrova all'interno della sua formazione felina. Zika, il ragazzino-padrone, riuscirà a istruirlo su come accendere la luce, diventerà faro di questa normalizzazione, di questo inserimento nella società – la vicinanza del bimbo selvatico gli frutterà anche le attenzioni della tanto agognata ragazza dell'orfanotrofio – ma presto verrà raccolto dal padre, sarà troppo grande per restare nel centro e Haris dovrà vedersela da solo, soprattutto all'arrivo di un gruppo di serbi che lo accusano di essere bosniaco, sporco musulmano. Come tutte le recensioni riportano: inevitabile il paragone con Il Ragazzo Selvaggio di François Truffaut, pure storia incredibilmente vera (ma se quella attingeva a un accaduto di fine '700, Figlio Di Nessuno riporta la cronaca di vent'anni fa), eppure dal primo terzo in poi è un altro il film di Truffaut cui si pensa più a lungo: I 400 Colpi: oltre alla somiglianza del protagonista Denis Muric, immenso nella sua trasformazione ed effettivamente in crescita, à la Boyhood possiamo dire oggi, che lentamente smette di ringhiare, di ammansire i cani sotto la pioggia, di stare perennemente steso, accovacciato, nascosto nei pertugi e inizia a vedere altro della gente che lo circonda, non solo le gambe, le scarpe, e si erige verticale nel film – oltre alla somiglianza fisica c'è anche una somiglianza d'ambiente, di bivaccamento fuori dall'orfanotrofio, lontano dalle lezioni di prima elementare: le giostre, la sigaretta, lo zucchero filato. Ma l'intento del regista Vuk Rusmovic, alla sua opera prima e già col Premio FIPRESCI, Premio del Pubblico alla Settimana della Critica e Premio Fedeora alla Sceneggiatura durante Venezia 71, parrebbe utilizzare la storia vera e assurda della civilizzazione in età tarda di uno straniero in patria per poi passare a raccontare, di striscio, gli eventi dei primi anni '90 nei Balcani: le vicende politiche della Jugoslavia, «tradita e disintegrata» (Franco Montini, Vivilcinema): «la vera barbarie il protagonista la vive sulla propria pelle da civilizzato». L'ultimo terzo del film infatti vede Haris – che non viene più chiamato col nome “di battaglia” dell'orfanotrofio, e  lo vede in Bosnia, dove viene spedito a combattere a causa del nome – fucile in mano a vivere il terrore della trincea sparando senza saperne la motivazione, prima di chiudere un cerchio che gli farà vedere il punto di partenza con altri occhi: e si chiederà lui – ma ce lo chiederemo noi – se poi stare dritti e portare le scarpe sia così positivo.

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