martedì 14 aprile 2015
Tommaso e Pietro.
Se Dio Vuole
id., 2015, Italia, 87 minuti
Regia: Edoardo Falcone
Sceneggiatura originale: Edoardo Falcone & Marco Martani
Cast: Marco Giallini, Alessandro Gassmann, Laura Morante,
Ilaria Spada, Edoardo Pesce, Enrico Oetiker, Carlo De Ruggeri
Voto: 7.4/ 10
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Scena uno: presentazione del protagonista, che si chiama (guarda il caso) Tommaso – che se non vede non crede e ciò che vede è il corpo umano, gli organi interni, le radiografie, le tac: e interviene su quelli – non ci vuole «un miracolo», ci vuole bravura, che lui a differenza dell'amorevolezza verso il prossimo ha. Scena due: presentazione della famiglia del protagonista – agiata, ricca casa con balcone che affaccia sul miglior panorama romano, dove si cena serviti dalla cameriera che si chiama (guarda il caso) Xenia, due figli: un maschio che a singhiozzi pure studia Medicina, una femmina la cui vita è «meno impegnata di quella di un'ameba», sposata a un agente immobiliare un po' dirimpettaio, in entrambi i sensi del termine, e una moglie, Laura Morante, nel ruolo che Laura Morante occupa in tutti i film (drammatici, comici, opere liriche, da regista, da sola interprete): moglie prossima alla crisi esistenziale o al baratro depressivo che, dopo un principio di stabilità, comprenderà il vuoto della sua vita e con isterismo nel gesticolare affronterà la situazione. A farle aprire gli occhi sui quindici anni in cui è diventata «ciò contro cui protestava quand'era giovane» è l'annuncio che un giorno, il figlio, fa alla casa: il cammino, in seminario, per il sacerdozio. E i genitori pensavano che stesse per dichiararsi gay. Immagini di eresie, codici miniati, persecuzioni di streghe e infine don Matteo nella testa di Tommaso e poi la silenziosa accettazione del percorso e il nascosto sotterfugio per scoprire quale sia la causa di questa follia, quale lavaggio del cervello abbia subìto – soprattutto da parte di chi: al figlio del più ateo, pragmatico, concreto, materialista degli uomini, che detiene la certezza. A inseguimento risposta: Alessandro Gassmann, nella sua rinascita cinematografica già avviata col Nome Del Figlio, sacerdote à la Fiorello che si chiama (guarda il caso) Pietro: parla alle masse, di giovani, che si radunano alla sera per ascoltare parafrasi delle Sacre Scritture, dei Vangeli («perché i Vangeli?, il Vangelo, uno è»). Bisognerà aspettare la partenza di quindici giorni del figlio per indagare il passato (da carcerato) del prete, il suo segreto, il suo traffico di denaro e quindi incastrarlo, farlo cadere agli occhi del proto-seminarista come pera matura cade dal ramo. Ma: lo charme di don Pietro non è facilmente sterminabile e i problemi in casa triplicano, tra una che scopre la Passione e l'altra che vive la Resistenza. Lo sceneggiatore di Nessuno Mi Può Giudicare, Viva L'Italia e Confusi E Felici Edoardo Falcone si supera e firma un copione che pare una boccata d'aria nuova nella commedia italiana: per temi, che non attingono alle storielle d'amore, agli scontri generazionali, alle crisi dei trent'anni né a quelle dei cinquanta – e per modalità di racconto, soprattutto nel primo terzo: figlia della comedy americana, la sceneggiatura viaggia di pari passo con la regia, sotto le stesse mani, sbalordendo per trovate e che poi purtroppo, a storia avviata, deve piegarsi ai dettami del sentimentalismo e che si salva in un epilogo «drammatico e un po' ricattatorio, solo apparentemente aperto, in realtà autoillusionistico ma decisamente efficace» (Franco Montini su Vivilcinema), che era difficilissimo sviare dall'aspettativa del pubblico. Se è già audace affrontare il tema della religiosità, nella sede del Vaticano, con un protagonista agnostico che punge senza far sanguinare, riuscendo in generale a non insultare mai le parti, non essere offensivo – è ancora più audace, data la tradizione che ci portiamo appresso e al terrore delle multisala di aprire la biglietteria, raccontare per vie traverse l'autorealizzazione: che per certuni è salvare le vite spiritualmente, per altri chirurgicamente, per molti politicamente – e poi ci sono le amebe. Marco Giallini è mirabile, e se già funziona da solo in un personaggio che gli pare cucito addosso funziona ancora meglio con Gassmann di fianco – con affianco poi il caratterista Carlo De Ruggeri e soprattutto l'autoironica rivelazione di Ilaria Spada.
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