mercoledì 1 aprile 2015

sasso arancione sente solo odio.



Educazione Affettiva
id., 2015, Italia, 50 minuti
Regia: Federico Bondi & Clemente Bicocchi
Soggetto: Federico Bondi & Clemente Bicocchi
Sceneggiatura: Federico Bondi, Clemente Bicocchi,
Marco Lanza e Saverio Lanza
Voto: 7/ 10
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Firenze, 2011. La quinta elementare della scuola Pestalozzi è speciale su più fronti: in primis, ha tutt'e due i maestri maschi, quando già è raro averne uno; poi, ha due alunni speciali, che fanno ingresso in aula all'inizio dell'anno e ci restano fino all'ultimo giorno, filmando l'ultimo mese, partecipando alla gita conclusiva che sostituisce l'ormai defunto esame scritto e orale – una gita/ prova di sopravvivenza in gruppo e nell'ambiente. Questi due alunni infiltrati, speciali, sono Federico Bondi e Clemente Bicocchi – il primo probabilmente noto a certe orecchie per l'esordio Mar Nero con la straordinaria Ilaria Occhini – autori anche di una sceneggiatura involontaria, intenti a riportare quel delicato passaggio «dalle elementari alle medie» quando i maestri diventano professori «a cui dare del lei», intenti a voler filmare la realtà senza contaminarla, magari causandola, come nella scena in cui il maestro rimprovera il bambino lanciatosi in acqua dopo la colazione, «siamo stati noi a dire: buttati in acqua» confessa Bondi. L'aspetto incredibile è che in questa volontà di trasferire la realtà su grande schermo l'ingombrante mezzo necessario, la telecamera, praticamente scompare, e i registi si fanno invisibili – merito del tempo trascorso insieme a macchinari spenti, probabilmente – e i bambini si dimostrano a proprio agio, sereni, spontanei: confessano i primi vergognosi amori, si chiudono in bagno intenzionati a non uscirne, sempre in bagno si dichiarano «moglie, moglie e moglie», si accarezzano le guance nel letto anche se sono due maschi: l'educazione affettiva del titolo, apparentemente assente in quanto materia insegnata, è proprio in questa condivisione di ogni cosa: di spazio e di affetto, è nella mancanza di schemi, di paletti. «Se tutti i bambini sono uguali, non lo sono i maestri» dice la giornalista Barbara Sorrentini alla prima milanese, alla presenza anche dell'Assessore all'Educazione e Istruzione del Comune di Milano Francesco Cappelli, complimentandosi con un metodo di insegnamento che si dissocia dal demone del “programma”, sono gli insegnanti che «devono andare dietro al flusso dei bambini, e non i bambini a inseguire gli insegnanti». Alle solite lezioni di algebra e alle consegne di temi svolti, allora, si dipanano le ben più interessanti e interessate prove di uso dello spazio, del corpo, gli esercizi nel cortile di camminata all'interno di certi confini, di incontri fintamente occasionali, addirittura un momento-confessione in cui si sputa il rospo ingoiato per cinque anni – dei quali ogni tanto vediamo il secondo, confrontando quei bambini con questi, che oggi hanno addirittura quattro anni in più e le scuole medie le hanno pure finite – per una matassa finale di temi da sbrigliare quali il tempo che passa ma soprattutto l'evanescenza dello stesso e l'abitudine all'abbandono, al cambiamento. Bambini trattati come adulti nei congedi, nelle spontanee e ingenue commozioni, nell'analisi di Nuovo Cinema Paradiso la cui musica accompagna tutta la pellicola insieme a Un Senso di Vasco Rossi, che qualcuna cerca anche di ri-cantare, e poi il momento più alto, quello del racconto dei nonni morti con gli occhi bagnati di chi non sa bene cosa stia dicendo ma vive la narrazione puramente di pancia, trasportando emozione. Girato nel 2011 ma adesso in qualche sala (a Firenze, da oggi al Cinema Mexico di Milano tutti i giorni alle 19:00 escluso il giovedì, qui il sito ufficiale con l'elenco completo delle proiezioni), in occasione del cinquantenario della scuola Pestalozzi fondata da Tristano Codignola nel '45, è un piccolo documentario (di durata e di aspettative) che «in una scuola qualunque non sarebbe stato possibile fare», che «trent'anni fa magari sarebbe stato possibile fare», che si propone come un gioco, un gioco che pretende la libertà che dovrebbero avere tutti i giochi, libertà che poi, in questo preciso momento soprattutto, le scuole soprattutto inferiori non riescono a trovare – a partire dalle barricate di genitori.

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