Visualizzazione post con etichetta Alejandro González Iñárritu. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Alejandro González Iñárritu. Mostra tutti i post

venerdì 22 gennaio 2016

the new world.



Revenant – Redivivo
The Revenant | 2015 | USA | 2h 36min
Regia: Alejandro González Iñárritu
Sceneggiatura: Alejandro González Iñárritu & Mark L. Smith
Basata in parte sul romanzo di Michael Punke
Cast: Leonardo DiCaprio, Tom Hardy, Domhnall Gleeson,
Will Poulter, Forrest Goodluck, Paul Anderson,
Kristoffer Joner, Joshua Burge, Christopher Rosamond
Voto: 7.7/ 10
__________

In principio fu Guillermo Arriaga: il cui interesse per il caso e il caos si sposava divinamente con un regista messicano, «nato autore», Alejandro González Iñárritu: uno scrisse e l'altro diresse Amores Perros e l'attenzione fu mondiale. Si parlava di Città del Messico, quartieri alti quartieri bassi, e di come il caso potesse unire tre storie lontane di isolati. Poi venne 21 Grammi, poi Babel: che di storie ne univa quattro lontane continenti. Il sodalizio si ruppe e le storie iniziarono a non essere corali; Biutiful tornò alla lingua spagnola e poi a sorpresa Birdman l'anno scorso raccontava del non talento, del mondo dei social, dell'amore mondiale confuso con l'ammirazione, della pretesa e della pretenziosità – il tutto sotto forma di barrocchettismo, un unico fintissimo pianosequenza che volava in una unica strada di New York, Broadway. Quattro Oscar a sorpresa visto che l'altro esperimento durato dodici anni, Boyhood, aveva fatto credere di essere il film dell'anno. Così i Golden Globe, questo mese, dovevano chiedere scusa al regista e dargli i premi che avanzava: film, regia, attore protagonista: Leonardo DiCaprio, finalmente senza concorrenza, che non sa più come imbruttirsi, invecchiare, per sporcarsi il faccino immutabile: grande prova fisica e non interpretativa. Si brucia il collo per disinfettare le ferite, mangia carne umana, sventra un cavallo morto per dormirci dentro mentre infuria la neve, si lascia sbattere dalla corrente di un fiume e poi da un animale giù da un dirupo, ma soprattutto lotta contro un orso che lo lascia vivo per miracolo in una sequenza che fra dieci anni studieremo al cinema e poi viene sepolto vivo da Tom Hardy, forse l'attore più sottovalutato del decennio, che impasta un accento incomprensibile mentre si parla francese o la lingua dei nativi americani – lui devoto al fatturato, al capitale, nei boschi gelidi e sperduti di inizio Ottocento: supervisore di un gruppo di lavoratori di pelli di animali cerca di scappare da un attacco di pawnee incurante dei compagni colpiti o feriti: anzi, il figlio di uno di questi, di Leonardo, lo ammazza con consapevolezza, Leonardo lo abbandona nel nulla e tutte le peripezie prima elencate il nostro eroe le fa per vendicarsi dei due torti subiti: un puro western d'altri tempi, un film che non si incastrerebbe in nessun modo nella carriera di Iñárritu: se non per le pelli sporche, i corpi marci, le carni rancide; e l'esistenzialismo sfiorato, l'esistenza e il rapporto tra il vivere e il sopravvivere. Alla vendetta, che è solo nelle mani di Dio, si affianca ancora una volta la tecnica. La musica abbandona la batteria per un connubio rumori naturali + sintetizzatore + orchestra; la macchina da presa, una nuova camera digitale, la Alexa 65mm, impazzisce e in nuovi, lunghi pianisequenza inquadra, usando lenti grandangolari, alberi dalla base del loro fusto, canne di fucile di scorcio in prospettiva a farle sembrare eterne; e si avvicina ai volti perché ci respirino sopra, annebbino lo schermo, ci sputino sangue. Non ricordo un direttore della fotografia che, come Emmanuel Lubezki, abbia quasi preso il posto del suo regista: e non è un caso che si faccia riferimento (e sarebbe impossibile non farlo) a The New Word, che Malik diresse e Lubezki fotografò. In questo caso però la storia di partenza è vera e veritiera: ma l'intento è nobile quando necessario: chiedere scusa ai nativi americani per il più grande e immotivato genocidio che la Storia possa ricordare.

lunedì 11 gennaio 2016

Golden Globes 2016 – vincitori.



È Kate Winslet (nella foto) ad aprire le danze – più sorpresa di noi che guardiamo la sedia di Jennifer Jason Leigh rimanere piena – migliore attrice non protagonista per Steve Jobs, che vince anche, sempre a sorpresa, il premio alla sceneggiatura; e ringrazia subito Michael Fassbender, attore che ha cambiato il cinema recente, dice, e che per lo stesso film resta a bocca asciutta. Ma è Quentin Tarantino a scuotere le masse ritirando il globo d'oro a Ennio Morricone, il suo compositore preferito, preferito «non nel cinema: ma a partire da Mozart, Schubert…» e aggiunge che a più di ottant'anni Morricone non ha mai ricevuto un premio in America e grazie a lui, che lo adora, riceve il suo primo Golden Globe. Tutti in piedi, anche i tavoli, per Sylvester Stallone attore non protagonista in Creed – Nato Per Combattere, tra poche settimane nei nostri cinema (e siccome questa è la cerimonia delle standing-ovations, nonostante tutti mangino, vince anche Lady Gaga come attrice per American Horror Story, e poi la famiglia Coppola per Mozart In The Jungle e il suo protagonista). Passando ai premi cicci, avendo preferito Boyhood a Birdman, l'anno scorso, la Hollywood Foreign Press Association non poteva non farsi perdonare e così Alejandro G. Iñárritu rivece la statuetta alla migliore regia (!), al miglior film (!) e al migliore attore protagonista drammatico Leonardo DiCaprio, per Revenant – Redivivo (di cui fa capolino grazie a Jonah Hill anche l'orso co-protagonista, in una gag particolarmente non riuscita) (moltissime gag, quest'anno, erano particolarmente non riuscite). Attore comedy è invece Matt Damon, che ricorda di essere salito su quel palco ormai n anni fa: The Martian, blockbuster che «per una volta tutti hanno visto al cinema», è anche la migliore commedia dell'anno. Menomale che non ci sono state sorprese per il film straniero, l'ungherese Figlio Di Saul, introdotto da una felice Helen Mirren e diretto da un giovanissimo László Nemes; e nemmeno per il film animato, l'ovvio Inside Out – e la Joy dell'anno, nonostante il terzo Globe quasi di fila per Jennifer Lawrence (non candidata al SAG ricordiamo), è proprio quella di questo film. Per terzultima in una serata che ha estenuato anche il suo presentatore Ricky Gervais, eppure alla quarta volta, è giunta la statua della categoria più dibattuta, battuta, interessante, interessata della notte: l'attrice drammatica, che è Brie Larson per il potente Room, e che, giustamente, era vestita da Premio Oscar: batte le due attrici di Carol (la pellicola con più nomine e nessun premio) (gli altri big a bocca asciutta: La Grande Scommessa e Spotlight) e Alicia Vikander, che con una mano tra le gambe di Fassbender, aveva due nominations individuali.
Di seguito e dopo l'interruzione tutti i candidati e i vincitori per il cinema.

miglior film
drama
Carol
Mad Max: Fury Road

Revenant – Redivivo
Room
Il Caso Spotlight

miglior film
musical o comedy
La Grande Scommessa
Joy

Sopravvissuto – The Martian
Spy
Un Disastro Di Ragazza


sabato 21 febbraio 2015

Oscar 2015 - i film.



Le mie previsioni per gli Oscar, quest'anno, hanno visto la luce su un altro sito (QUESTO) – e io ho anche dimenticato di dichiarare il trasferimento di indirizzo; lo faccio adesso, ad articoli tutti usciti, il giorno prima della cerimonia finale della stagione di premi cinematografici, la notte degli Independent Spirits e dei Razzie, e lo faccio allegando una cosa che mi è sempre piaciuta: l'elenco di tutti i film candidati, dai documentari ai front-runner Grand Budapest Hotel e Birdman. Proprio quest'ultimo è il film dei dubbi: se Wes Anderson ha dalla sua scene, costumi, sicuramente la colonna sonora e il trucco, Alejandro G. Iñárritu potrebbe non vincere come sceneggiatore quando il suo fotografo Emmanuel Lubezki dovrebbe ritirare l'unica statuetta sicura. Ma può il film che ha preso il PGA, il DGA e l'Actor, vincere un solo Oscar, alla fotografia? Seconda possibilità sarebbe il mixaggio sonoro – ma io azzardo: se non vince la sceneggiatura, sorpresa delle sorprese, vince il film, mentre a Boyhood andranno la solita regia, l'attrice non protagonista e il montaggio. Azzardo ancora: la scatola di latta di Anderson non vince il trucco che se lo becca Guardiani Della Galassia, insieme agli effetti speciali. È stato troppo celebrato dalla critica e ha incassato troppo al botteghino: o li vince entrambi o non ne vince nessuno. Altri dubbi sugli effetti speciali, come ogni anno, si parte dicendo «ah no sicuro Le Scimmie» e ogni volta – e siamo al settimo film – le scimmie non vincono. Fa capolino Interstellar che, stroncato dalla critica, potrebbe effettivamente accaparrarsi questa categoria. Ricordiamo in silenzio Zero Dark Thirty, il miglior film degli ultimi dieci anni, che prese un solo Oscar, parimerito con Skyfall, al sonoro, che ci insegna che la meritocrazia non esiste e che tutto può succedere. L'altra coppietta che sgomita è nel film straniero: Ida da una parte e Leviathan dall'altra, premi da tutta Europa per il primo, critica e Golden Globe per il secondo. Seguono le coppie sgomitanti Eddie Redmayne/ Michael Keaton (attori), Alexandre Desplat/ Jóhann Jóhannsonn (compositori), Graham Moore/ Damien Chazelle (sceneggiatori). L'unica preghiera è proprio questa: che The Imitation Game rimanga senza niente, visto che per Song Of The Sea e Marion Cotillard è inutile tifare. E i film candidati agli 87esimi Academy Awards, con rispettive recensioni, sono:

martedì 3 febbraio 2015

il fantasma dell'opera.



Birdman
O (L'imprevedibile Virtù Dell'ignoranza)
Birdman Or (The Unexpected Virtues Of Ignorance),
2014, USA/ Canada, 119 minuti
Regia: Alejandro González Iñárritu
Sceneggiatura originale: Alejandro González Iñárritu,
Nicolás Giacobone, Alexander Dinelaris e Armando Bo
Cast: Michael Keaton, Zach Galifianakis, Edward Norton, Amy Ryan,
Andrea Risebourgh, Emma Stone, Naomi Watts, Merritt Wever, Kenny Chin
Voto: 9.7/ 10
_______________

Candidato a 9 Premi Oscar:
film, regia, sceneggiatura originale, attore,
attrice non protagonista, attore non protagonista,
fotografia, montaggio sonoro, mixaggio sonoro
_______________

La ormai centenaria tradizione cinematografica si staccò dall'eredità teatrale per poi tornarci, e imbastire opere di meta-cinema o anche meta-teatro a partire, mi viene in mente, da Eva Contro Eva e dal suo più recente pronipote Sils Maria, passando per, mi viene in mente, Tutto Su Mia Madre che pure gli era parente o anche La Sera Della Prima di Cassavetes. Il lavoro dell'attore, che è interpretato da un attore cinematografico che si cala nei panni di un attore teatrale, vive così su un binario doppio, sempre sull'orlo del biografismo, della confusione tra personaggio e interprete, e in questo senso il meta-cinema qui tocca le vette del dubbio perché il protagonista Riggan Thompson è reduce da anni di silenzio post-successo della trilogia di un supereroe, il Birdman del titolo, mascherato e alato e con poteri speciali di cui Riggan si porta dietro uno strascico, insieme a uno strascico di voce di coscienza. Il suo interprete Michael Keaton, Golden Globe come miglior attore ma non Actor Award, e con un Oscar in dubbio, fu Batman quando i supereroi al cinema non erano pane quotidiano e quel ruolo gli diede fama e successo e lo costrinse pure a un isolamento, interrotto adesso dalla volontà di dimostrare di saper recitare in un'opera autoriale, e così Riggan scrive l'adattamento per il palcoscenico di Di Cosa Parliamo Quando Parliamo D'amore di Carver, e se lo dirige e se lo interpreta chiamando a produrre un caro amico e a interpretare una calda amante e a sovraintendere una difficile figlia; succede che alla sera dell'anteprima viene meno un attore, bisogna sostituirlo in fretta, e qui entra in scena Edward Norton: quell'Edward Norton che fu Hulk con grossi disagi e si tirò fuori dalle produzioni Marvel dei Fantastici 4: qui fa lo stesso, semina tempesta, palesa il suo talento ma lo annaffia con spasmi erotici, erezioni in scena, botte nei camerini, vanità nei bar frequentati dai più rinomati critici teatrali. Addirittura inizierà una tresca con big-eyes Emma Stone, la “figlia d'arte”, uscita fresca dalla riabilitazione e con trattini sulla carta igienica come passatempo, figlia dei fenomeni virali che si spostano da YouTube a Twitter tra like e followers. Questo film non poteva uscire in un periodo migliore, in una condizione e in un contesto migliori: i mostri di ferro che minacciano le strade americane e i personaggi in tuta che volando salvano il mondo, gli attori meteora che sopravvivono con ridicoli video in mutande tra la folla, la decadenza del teatro relegato alla borghesia adulta snob a priori, l'importanza della stampa, di Broadway, dove chiunque sogna di mettere piede sapendo che il suo nome verrà dimenticato ma quello del Fantasma Dell'opera, in cartellone da lustri, e ovunque in queste strade, no. Perché il film è tutto in queste strade: nei camerini, sul palco, nella piazzetta retrostante, sul tetto. Perché il film si consuma in due, tre giorni e si costruisce su un unico pianosequenza sempre facendo riferimento a quella centenaria tradizione cinematografica che ha visto tentativi hitchcockiani (mi viene in mente, Nodo Alla Gola) non portati a termine per problemi tecnici o più recentemente esotici (L'arca Russa) quando forse l'esempio più calzante è, mi viene in mente, nelle Nove Vite Da Donna di Rodrigo Garcìa che sapientemente analizzava le giornate umane in riprese uniche che se la sbrigavano, ad esempio, con molti specchi. Tutto quindi è un contrasto: il cinema e il teatro, il teatro e i supereroi, l'essere e l'apparire e il farsi amare o farsi apprezzare che si confondono, in questa sete infinita di attenzioni che tutti in questo film hanno, perfino Naomi Watts, piccola parte ma brillante, desiderosa di dimostrare al pubblico che merita quel posto ma disgustata dall'essere adulata fisicamente. Il pianosequenza non è ovviamente reale, ma attraverso una meticolosa regia studiata a tavolino durante la scrittura a otto mani da Alejandro G. Iñárritu & Co., regia che ricorda quella a puzzle di Gravity dell'anno scorso, unisce lunghe riprese che hanno costretto gli interpreti a imparare pagine e pagine di copione e riporta quella condizione effettivamente teatrale dell'interruzione che non c'è, dell'assente montaggio – montaggio che invece c'è ma non si vede, aiutato da qualche effetto speciale. Finalmente un film originale – originale nel senso di diverso dal solito e originale nel senso di non scritto su un personaggio reale, un evento storico, un fumetto – finalmente un film americano ma non americanocentrico, un film sul film non come  che pure aveva un dilemma di protagonista ma un film sulla messa in scena che è universale, universalmente riconosciuta e comprensibile, con una serie di epiloghi, come , che sottolineano il dubbio e il grado di finzione dell'opera.

venerdì 12 dicembre 2014

Golden Globes 2015 - nominations.



Birdman (O L'imprevedibile Virtù Dell'ignoranza) conduce le aspettative di questi 72esimi Golden Globes con 7 nominations in tutte le più importanti categorie, per una doppietta del regista Alejandro González Iñárritu, celebratissimo col potente esordio Amores Perros, volato poi a Hollywood per 21 Grammi e Babel e tornato alla lingua madre per Biutiful – sempre candidandosi a qualche Oscar e ora autore della commedia dell'anno (da noi il 5 febbraio 2015); buon per lui che non è contro Boyhood, l'altro film dell'anno, 5 nominations in categorie drammatiche e il Miglior Film e l'Attrice Non Protagonista praticamente certi. In dubbio è invece la Regia: per la prima volta nella storia la Foreign Press Association che stila le candidature ha nominato una regista afroamericana, Ava DuVernay, per il mediocre Selma su Martin Luther King e la marcia verso i diritti civili: a sorpresa tra i migliori film, gli attori e la canzone. Con 5 candidature anche L'enigma Di Un Genio, che risponde al nome di Alan Turing, contro le 4 de La Teoria Del Tutto, leggi Stephen Hawking: due delle menti più brillanti del secolo si sfidano per la musica e tutti gli attori – a noi piacciono un sacco Eddie Redmayne e soprattutto Felicity Jones ma questo è l'anno di Benedict Cumberbatch: la categoria è tutta aperta però, perché il super-favorito Michael Keaton è dall'altra parte contro il Joaquin Phoenix di Vizio Di Forma, il film super-assente in questa lista. Chi altro manca: sicuramente Mommy tra i Film Stranieri (e il Canada ne aveva mandati tre!), manca la Francia nella stessa categoria (che ne aveva mandati sei!) e manca la Palma d'Oro Il Regno D'inverno. E manchiamo noi, ma la cosa non ci sorprende. Manca giustamente Interstellar, che si accontenta della Migliore Musica di Hans Zimmer, dove manca la straordinaria Mica Levi. Torniamo a chi c'è: L'amore Bugiardo, assente da tutti i premi della critica, colleziona tre nomine, ma non quella al Film; Julianne Moore prontissima a tornare sul palco dopo il premio televisivo per Game Change, quest'anno doppiamente candidata per Still Alice e il tremendo Maps To The Stars, dove è magnifica (ma qualcuno si spiega perché è nelle commedie?); Pride, inspiegabilmente Miglior Film e nient'altro; Helen Mirren tanto per cambiare (nel 2007 vinse due Globes per due regine); Annie, remake del musical degli anni '80, stroncato dalla critica e con una candidatura alla undicenne Quvenzhané Wallis per scusarsi di quella mancata de Le Terre Selvagge; e infine, immancabile, per la ventinovesima volta, l'onnipresente Meryl Streep che si trascina Emily Blunt con Into The Woods.
Presentati per la terza volta consecutiva da Tina Fey e Amy Poehler campionesse d'ascolti, i Golden Globes 2015 si svolgeranno l'11 gennaio in diretta televisiva dal Beverly Hilton Hotel, dove saranno dati i premi anche alla televisione (grandi assenti lì: The Big Bang Theory, Modern Family, Mad Men) di cui potete vedere i candidati qui. Di seguito e dopo il salto, le nominations cinematografiche.

miglior film
drama
Boyhood
Foxcatcher
The Imitation Game - L'enigma Di Un Genio
Selma
La Teoria Del Tutto

miglior film
comedy o musical
Birdman (O L'imprevedibile Virtù Dell'ignoranza)
Grand Budapest Hotel
Into The Woods
Pride
St. Vincent